MELQART (fenicio mlqrt, da mlk-qrt "re della città")
Dio fenicio, venerato nella città di Tiro, il cui culto si diffuse in seguito in Siria e nelle colonie fenicie d'Occidente, in particolar modo a Cartagine.
Il nome di M., in realtà un appellativo, come Adone lo è per Eshmun, è ignoto al pantheon fenicio del II millennio a. C.; la divinità, che Filone di Biblo pone alla fine delle sue genealogie divine facendone il figlio di un ignoto Demaroùs, appare per la prima volta menzionata in una iscrizione aramaica di Bar-Hadad I, re di Damasco (prima metà del IX sec. a. C.), rinvenuta presso Aleppo. L'appellativo di bcl ṣr "signore di Tiro", che appare nelle iscrizioni, ricorda quello bclt gbl "signora di Biblo" dato ad Astarte, e mostra in atto il medesimo processo evolutivo che portò una divinità cosmica ad assumere caratteri di divinità poliade. Ma a differenza di Astarte, la natura e il nome originario di M. restano sconosciuti, nonostante le varie ipotesi emesse al riguardo; quella di R. Dussaud, che voleva M. sorto dalla fusione di Ba‛al e del dio marino Yam è priva di qualsiasi fondamento (per di più nei testi poetici di Ugarit, della metà del Il millennio a. C., Yam appare come rivale di Ba‛al); ipotetica e contraddittoria nella sua stessa formulazione è la tesi di W. F. Albright che identifica M., inteso come dio dell'Oltretomba (la "città" sarebbe non Tiro, bensì la città dei morti), col dio siriano Haurōn: la presenza in una stessa iscrizione greca di quest'ultimo (Ορωνας) e di Eracle, cioè M., rende evidentemente impossibile l'identificazione tra le due divinità. Insufficiente nella documentazione e con scarsa base storica resta infine anche l'affermazione di H. Seyrig (respinta del resto già da R. Dussaud) il quale, sulla base della comune assimilazione ad Eracle, ha voluto identificare, su alcuni monumenti palmireni, M. col dio sumerico Nergal, venerato in effetti anche in ambiente fenicio. Né aiuta a scoprire la natura di M. l'interpretatio graeca di M. quale Eracle (῾Ηρακλῆς ἀρχηγέτης appare m; una bilingue da Malta: C.I.S., i, 122) che si sviluppò specialmente a Cipro, donde ripassò nello stesso territorio fenicio (si pensi alle numerose statue votive di Marathos [v.] avvolte in pelle di leone).
L'iconografia di M. non resta meno incerta degli altri aspetti del dio: se abbastanza sicura appare l'identificazione con M. di una figura di Eracle che appare su un rasoio cartaginese, per un'epoca più antica non vi sono elementi probanti per vedere M. nella figura egittizzante di una stele da Marathos della metà del I millennio a. C. (Seyrig) o su quelle monete di Tiro che dalla fine del V all'inizio del III sec. a. C. recano l'immagine di un dio barbato, con frecce nella destra, in atto di cavalcare un cavallo marino (Dussaud). La sola raffigurazione sicura è quella che compare nella già ricordata stele di Bar-Hadad: qui M. è raffigurato in atto di incedere, barbato, con berretto conico e un corto gonnellino di tipo egiziano; nella sinistra regge un'ascia appoggiata sulla spalla, nella destra distesa è un oggetto di incerta identificazione, probabilmente il simbolo egiziano della vita (ankh). Nonostante gli elementi egiziani che si sono rilevati, l'insieme del tipo mostra una strettissima affinità con le raffigurazioni siro-hittite del dio della tempesta Teshup-Hadad. Il che se da un lato conferma ancora una volta il sincretismo dell'iconografia fenicia, dall'altro suggerisce la possibilità che M. non rappresenti altro che una più recente personificazione del grande dio siro-anatolico che i Fenici chiamarono Ba‛al fin dal II millennio a. C.
Bibl.: H. Seyrig, Héraclés-Nergal, in Syria, XXIV, 1944-45, pp. 62-80; R. Dussaud, Melqart, in Syria, XXV, 1946, pp. 205-230; W. F. Albright, Archaeology and the Religion of Israel2, Baltimora 1946, p. 81; R. Dussaud, Melqart, d'aprés de récents travaux, in Revue de l'Histoire des Religions, CLI, 1957, pp. 1-21.