Vedi MEMFI dell'anno: 1961 - 1995
MEMFI (Μέμϕις, Memphis)
Città al punto di innesto della Valle del Nilo con il Delta, la cui fondazione si fa tradizionalmente risalire a Menes (il primo re dell'Egitto unito) che là avrebbe elevato una fortezza, il "Muro bianco", che mantenne questo nome fino all'epoca greca (λευκὸν τεῖχος di Erodoto). Il carattere militare si mutò in uno più largamente politico quando con la III dinastia prima, e poi con la VI si stabilì a M. la residenza regale, che invece nella IV e nella V fu un poco più a N. La posizione importante e la tradizione contribuirono a mantenere viva la città, anche quando la residenza fu spostata altrove; e la funzione di seconda capitale dell'Egitto non fu mai irrimediabilmente compromessa. Con il tardo Nuovo Regno essa ebbe un nuovo periodo fiorente, contrapponendosi esplicitamente a Tebe, che aveva assorbito l'interesse regio durante la XVIII dinastia, e da allora riassunse il valore di città universale che le restò proprio per tutta la tarda storia egiziana, finché la fondazione e lo sviluppo di Alessandria ne scalzò il significato commerciale, e lentamente ne limitò l'importanza.
La città, che fu una delle più famose metropoli dell'antichità, raggiunse una estensione enorme per i tempi: è ancora possibile identificarne in certo modo le proporzioni per i resti archeologici che qua e là affiorano nella zona che essa occupava. Ma, meno fortunata di Tebe le cui rovine sono in massima parte ancora in vista, M. è stata verso l'inizio della dominazione araba invasa da una foresta. di palme nota già agli scrittori più antichi; e la costruzione di Fostat e del Cairo a breve distanza più a N, ha spopolato la città dei suoi abitatori, che là si sono trasferiti, e soprattutto ha fatto sì che essa fosse considerata come una economica cava di pietrame già squadrato, prezioso materiale da costruzione per la metropoli islamica che andava rapidamente sviluppandosi nelle sue vicinanze. Due diverse ragioni impediscono così che noi abbiamo di M. una conoscenza paragonabile a quella che abbiamo di Tebe: lo smantellamento antico delle sue rovine, e l'importanza agricola attuale della zona in cui essa sorgeva. Quel che noi sappiamo è perciò in parte trasmesso dalle fonti antiche, in parte dovuto puramente al caso: è evidente che i due tipi di informazione sono in realtà assai miseri.
Dagli autori e dai documenti sappiamo di un certo numero di templi: il più importante era quello di Ptah, l'Efesto dei Greci, davanti al quale si levavano due statue colossali di Ramesses II, alte rispettivamente più di 10 e più di 20 m, che sono state trovate nell'odierno borgo di Mit Rainah. Altri templi sono noti: di Iside, di Ḥatḥōr - che sarà l'Afrodite degli autori classici. E oltre a questi sono ricordati templi a divimta siriache, che debbono in gran parte risalire al tardo Nuovo Regno, dalla XIX dinastia in poi (Astarte, ‛Anat, Ba‛al Ṣapun). Questi sono connessi con il largo numero di stranieri domiciliati nella città e che dànno nome a molti dei suoi quartieri (dei Cari, dei Fenici, dei Greci; altri quartieri hanno invece denominazioni da monumenti che vi sorgevano). Queste poche notizie bastano per farci se non altro immaginare quale fosse la sistemazione urbanistica della città - probabilmente agglomerato di diverse borgate venute a congiungersi in una unità in cui ognuna di quelle doveva in certo modo avere ancora la sua autonomia: i diciotto km lungo i quali si susseguono i resti dell'antica M. non potevano essere una ininterrotta residenza urbana.
M. resterebbe poco più che un nome, indefinito anche se illustre, se non ce ne restasse come concreta testimonianza archeologica la vastissima necropoli che da Saqqārah a S (e in un certo senso si potrebbe dire da Medum), si spinge a N fino ad Abu Roash, passando per Abu Sir e per Gīzah (v. le voci relative). I monumenti di questa maestosa corona di cimiteri regali sono quelli che permettono di dare un senso alla espressione "cultura figurativa memfita". In architettura sono le piramidi (v.) e le mastabe (v.): che sono in certo modo la chiave di questa civiltà. Il tumulo primitivo si regolarizza in due forme geometricamente perfette e legate con una tecnica strutturale a blocchi squadrati: razionale, in una parola, per quanto possibile. E questa trasfigurazione di una solida esperienza pratica è presente anche nella statuaria memfita dell'Antico Regno (l'epoca in cui M. appunto fu la capitale): una esigenza naturalistica è alla base delle raffigurazioni plastiche e dei rilievi che decorano mastabe e templi, ma immediatamente idealizzata in una ferma volontà di stile, che insiste su una chiarezza di rapporti fra gli elementi dell'opera d'arte; rapporti - e chiarezza di rapporti - che tendono a una formulazione si potrebbe dir matematica. Questa limpidezza di formulazione, che cerca di evitare il particolare romantico per tener fede a un universale sempre immediatamente valido, ha costituito un solido punto di partenza per tutto il successivo sviluppo dell'arte egiziana. Che ha potuto naturalmente tener volta a volta conto di diverse tradizioni, ma senza più dimenticare la lezione memfita. A M. stessa e nella sua zona diretta di influenza culturale, tali caratteri restano però assai più vivi che altrove in Egitto: la cosa è particolarmente sensibile nel Medio Regno, quando la scultura alto-egiziana si oppone assai chiaramente a quella basso-egiziana (v. lisht), e in Bassa Epoca, quando la cultura figurativa saita imposta tutta la sua reazione all'arte di origine alto e medio-egiziana nata con la tarda XVIII dinastia con un franco ed evidente ritorno alla esperienza della scultura e del rilievo memfita (per il Serapeion di M. v. saqqārah).
Bibl.: La bibliografia dei singoli trovamenti di M. e necropoli è raccolta da H. Porter-R. Moss, Topographical Bibliography of Ancient Eg. Hieroglyphic Texts, Reliefs and Paintings, vol. III (Memphis), Oxford 1931; un'opera di divulgazione utile e ben corredata è J. Capart-N. Werbrouck, Memphis, à l'ombre des Pyramides, Bruxelles 1930; Kees, in Pauly-Wissowa, XV, 1931, cc. 660-688.