MENANDRO di Laodicea (Μένανδρος Λαοδικεύς)
Del sec. III d. C., fu autore, secondo Suida, di commentarî a Ermogene e a Minuciano, non giunti a noi. Perduti sono anche i suoi scolî alle orazioni di Demostene e al Panatenaico di Elio Aristide.
Sotto il nome di M. ci sono pervenute due opere Περὶ ἐπιδεικτικῶν, sugli encomî. Nella prima si fa anzitutto distinzione fra encomî a persone (εἰς ἔμψυχα) e a cose (εἰς ἅψυχα); segue poi la trattazione specifica dei discorsi rivolti a divinità (ὕμνοι) e degli elogi di città e paesi. La seconda è dedicata prima al λόγος βασιλικός, cioè all'elogio d'un re o principe (questa parte fu riprodotta dal filosofo Giuseppe nella sua Retorica, ed. Walz, Rhet. Gr., III, pp. 547-558 e da un Anonimo nella cosiddetta Rhetorica Marciana, ed. a cura di V. De Falco, in Atti Soc. ligustica, IX, 2, Genova 1930), poi alle altre specie di panegirici.
Per profonde differenze di stile e di lingua le due opere non possono essere dello stesso autore. Il Nitsche attribuì la prima a Genetlio di Petra, scolaro di Minuciano, e la seconda a M. Il Bursian, invece, sostiene che non il secondo, ma il primo trattato è di M. Del quale fanno menzione anche alcuni retori posteriori (v. l'indice in Walz, op. cit., IX, 644).
Ediz.: Le due opere furono pubblicate dal Walz, in Rhet. graeci, IX, pp. 127-212, 213-330; poi dallo Spengel, Rhet. Gr., III, pp. 331-367, 368-446; e infine dal Bursian, in Abhandlungen der bayer. Akad. d. Wiss., XVI, 3 (1882). Notevoli emendamenti al testo apporta il Kroll, in Rh. Mus., LXVI (1911), p. 169 segg. Un fr. degli scolî a Demostene, citato da Giovanni Diacono, fu pubblicato dal Rabe, in Rh. Mus., LXIII (1908), p. 143 (cfr. p. 131).
Bibl.: Walz, Rhet. graeci, IX, p. xiv seg.; Bursian, Abhandl. d. bayer. Ak. d. Wiss., XVI, 3 (1882); W. Nitsche, Der Rhetor Menandros und die Demosthenesscholien, Berlino 1883.