MENAROLA
– Famiglia di pittori e incisori operanti a Bassano, Venezia e Vicenza fra il XVII e la prima metà del XVIII secolo. Risulta difficile riuscire a fare chiarezza fra i diversi personaggi per la scarsità delle notizie documentarie e per la ricorrenza di determinati nomi di battesimo. Tuttavia, grazie alle notizie d’archivio rintracciate da Saccardo (1981) e relative prevalentemente a Cristoforo, è oggi possibile ricostruire alcuni profili biografici.
Il primo a fornire informazioni sulla famiglia fu Verci che sosteneva l’ipotesi, oggi respinta su base documentaria, dell’appartenenza dei pittori Crestano e Cristoforo a due famiglie distinte.
Capostipite deve essere considerato Crestano. Di lui non si conosce la data di nascita, avvenuta probabilmente ad Asiago. La cittadina compare, infatti, associata al suo nome nell’atto di battesimo, datato 20 genn. 1660, della nipote Cecilia, figlia di Marco e sorella di Cristoforo. Secondo Verci morì a Bassano nel 1640; ma la data appare infondata se nell’atto di battesimo sopra citato egli risulta ancora in vita. Si formò a Vicenza presso la bottega di Alessandro Maganza. Si trasferì poi a Bassano dove iniziò a lavorare ispirandosi alle opere dei Dal Ponte, riuscendo a combinare gli elementi più tipici della loro pittura con accenti veronesiani e suggestioni michelangiolesche. Dalle opere di Iacopo Dal Ponte detto Bassano trasse numerose incisioni tanto che, insieme con Giovanni Battista Volpato, viene considerato nella storiografia uno degli iniziatori dell’arte calcografica a Bassano.
Fra le opere, disperse e tutte realizzate a Bassano, si ricordano per il duomo un Transito di Maria, la Probatica piscina e una serie di allegorie (la Fede, la Speranza, la Carità e la Giustizia); per la chiesa di S. Francesco un Battesimo di Cristo; per l’oratorio della chiesa di S. Filippo Neri 15 dipinti raffiguranti i Misteri del rosario; per la sala dell’udienza del palazzo pretorio Il podestà Federico dal Molin distribuisce il pane ai poveri (opera firmata). A Chiari nella Pinacoteca Repossi è conservata un’acquaforte raffigurante la Pentecoste.
Crestano ebbe un figlio di nome Marco, indicato da Verci come pittore; di lui non è possibile fornire dati certi se non relativamente alla morte, avvenuta a Vicenza il 5 genn. 1693, e al luogo di sepoltura, la chiesa dei padri riformati dove risultano sepolti anche due suoi nipoti, figli di Cristoforo, morti prematuramente. Fra i figli di Marco si ricordano Cristoforo e Pietro.
La ricostruzione della biografia di Cristoforo si deve alle citate ricerche archivistiche di Saccardo (1981). Inizialmente nei documenti, e anche nel certificato di battesimo, egli è ricordato come Crestano, con il nome del nonno: solo successivamente compare il nome di Cristoforo, che finì poi con il prevalere. Nacque a Bassano l’11 ag. 1657 da Marco e da tale Perina, come si evince dall’atto di battesimo conservato nell’archivio parrocchiale di S. Maria in Colle e datato 17 agosto. Nella stessa cittadina il 9 genn. 1679 prese in moglie la concittadina Giulia Bosa. Fra il 18 ott. 1688, data in cui fu battezzato a Bassano il figlio Gerolamo, e il 3 luglio 1690, quando nacque a Vicenza il figlio Marcantonio, si colloca il trasferimento del pittore in questa città. A Vicenza nacque anche Marco, il 13 marzo 1697, come risulta dall’atto di battesimo datato 19 marzo. Secondo alcuni storiografi fu anch’egli pittore.
A Vicenza Cristoforo ricevette un cospicuo numero di incarichi da una committenza sia laica sia ecclesiastica; e le commissioni erano probabilmente dovute alla predilezione per la sua pittura chiara e semplice nelle composizioni e nel disegno.
La maggior parte delle opere realizzate per gli edifici sacri di Vicenza e ricordate dalle fonti è andata purtroppo perduta: fra l’altro, i due quadri con S. Francesco e la Vergine del convento di S. Francesco, scomparsi con la distruzione dello stesso convento, o il Giudizio universale del duomo. Sono inoltre ricordate sue opere nelle chiese di S. Corona e di S. Paolo, secolarizzata nel 1807 e successivamente abbattuta.
Tuttavia l’uso di Cristoforo di firmare e datare le proprie opere ha permesso di ricostruire parte della sua produzione pittorica. Si formò presso la bottega di Volpato. Della sua pittura egli ripropose durante tutto l’arco della carriera specifiche caratteristiche quali i volti paffuti, gli occhi allungati, i nasi affilati. Soprattutto all’inizio, risentì sicuramente anche dell’influsso della pittura di Giulio Carpioni, da cui trasse numerosi spunti e, su tutti, la cura attenta dell’impianto compositivo che contraddistingue molte sue opere. Questi elementi si ritrovano già nel dipinto con La Vergine di Monte Berico che protegge la città dal terremoto del 25 febbr. 1695, opera firmata e realizzata nella seconda metà degli anni Novanta del Seicento per la crociera orientale della basilica di Monte Berico.
Su commissione di Giovanni Leoni Montanari partecipò alla decorazione con scene storiche e mitologiche del palazzo di S. Corona, eseguite dopo il 1692, realizzando una Giunone.
La dea volge lo sguardo verso Mercurio che reca la testa di Argo, il quale allude alla tragica vicenda di Io; presenta uno scettro nella mano sinistra e il canonico attributo del pavone posto in primo piano. In questo caso il disegno accuratamente delineato e l’uso di tonalità chiare, come anche la contrapposizione fra il drappo rosato e il verde dello sfondo, ripropongono la lezione carpionesca più che in qualsiasi altra opera di Cristoforo.
Nel 1713 G. Leoni Montanari richiese la stesura di un inventario delle opere mobili conservate nel palazzo di S. Corona. Cristoforo partecipò in qualità di esperto e di artista di fiducia dei Leoni Montanari alla redazione del documento. Da questo inventario si evince che Cristoforo aveva anche realizzato tre sovrapporte del secondo piano del palazzo, probabilmente riconoscibili nei riquadri con putti raffiguranti gli Elementi posti a decorare la cosiddetta anticamera dei Quattro elementi.
Allo stesso 1713 è datata la pala d’altare realizzata per l’0ratorio di S. Antonio da Padova di Nanto, purtroppo completamente ridipinta. I legami con Volpato emergono con chiarezza anche nell’Adorazione dei pastori e nella Presentazione al tempio, conservate nella parrocchiale di Santorso e realizzate nel 1700.
L’Adorazione dei pastori, opera compositivamente semplice con le figure dei protagonisti che cadenzano lo spazio, presenta una tonalità piuttosto cupa. In basso a destra, in un medaglione, vi è la dedicazione del donatore; più al centro, su di una pietra, è la firma dell’artista con la data d’esecuzione.
Al 1706 si datano gli affreschi scomparsi della tribuna dell’arcipresbiteriale di Asiago. Per la parrocchiale di Montebello realizzò nel 1714 la pala per l’altare della Concezione, commissionata dalla confraternita omonima. Nel 1720 ricevette un pagamento dalla Confraternita del Santissimo di Longare, presso Vicenza, per un gonfalone. Il suo nome è legato poi all’esecuzione delle lunette con le Storie dei miracoli di s. Francesco di Paola, oggi molto rovinate e praticamente illeggibili, per la sacrestia della chiesa di S. Giuliano a Vicenza, realizzate nel 1724. Nella tela centrale del soffitto, raffigurante la Trinità che incorona il santo, si legge «Christoforo Menarola fecce per sua divotione». Successivamente, nel 1726, realizzò la Pala di s. Rocco per la chiesa del santuario di S. Maria del Cengio a Isola Vicentina e, per la parrocchiale della stessa cittadina, una Natività di Cristo.
La Pala di s. Rocco, firmata e datata su una pietra in basso a destra, presenta sulla destra il santo che volge il volto verso il cielo in cui si staglia la Vergine con il Bambino e s. Antonio. Lo sfondo ha colori cupi ed è in buona sostanza poco curato. Notevole la solidità dei personaggi, ma l’insieme si risolve in una composizione piuttosto semplice.
Per la parrocchiale di S. Giorgio a Castegnero Cristoforo nel 1729 eseguì la pala per l’altare maggiore, firmata e datata, raffigurante in basso l’episodio di S. Giorgio e il drago e nella parte superiore la Vergine con s. Pietro. Tratti che rimandano allo stile di Volpato sono inoltre rintracciabili nelle tele, realizzate per il soffitto di una sala posta nell’ala seicentesca di palazzo Chiericati a Vicenza, con l’Apoteosi della famiglia Chiericati e le allegorie della Temperanza e della Fortezza. Anche qui le scene (già attribuite a diverse mani, ma che oggi molti critici sono propensi ad assegnare a Cristoforo) si distinguono per lo studiato impianto compositivo e per l’elegante impostazione delle figure. Cristoforo morì a Vicenza il 25 marzo 1731 e fu seppellito nel duomo.
Figlio di Marco e fratello di Cristoforo, Pietro nacque a Bassano nel 1665. Formatosi anch’egli, come il fratello, nella bottega di Volpato, operò prevalentemente a Venezia dove eseguì numerosi ritratti. Secondo quanto riportato da Melchiori, dipinse «sopra tabelle d’avorio così bene, che nel 1695 ebbe l’onor d’esser ricevuto nella Polonia al servizio de’ Pri(nci)pi Fran(ces)co, e Gius(epp)e fratelli Lubomischi di Cracovia per due anni». Tramite l’insegnamento di Volpato si inserì stilisticamente nella scia di Iacopo Bassano, di cui riprodusse in incisione alcuni famosi dipinti. La sua opera più importante risulta essere una Natività eseguita nel 1685, ma non ci sono ulteriori notizie in merito. Morì a Bassano nel 1700.
Fonti e Bibl.: Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, cl. IV, 167 (=5110): N. Melchiori, Vite dei pittori veneti e dello Stato veneto (1720), copia del 1790, c. 421 (Pietro); G.B. Verci Notizie intorno alla vita e alle opere de’ pittori, scultori ed intagliatori della città di Bassano, Venezia 1775, pp. 236-239 (Crestano, Cristoforo); G. Maccà, Storia del territorio vicentino, Caldogno 1813, III, p. 97; IV, p. 311 (Cristoforo); Id., Storia dei Sette Comuni e delle ville annesse, Caldogno 1816, pp. 72, 83 (Crestano, Cristoforo); L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, III, Milano 1825, pp. 196 (Cristoforo), 254 (Pietro); Guida di Vicenza, Vicenza 1956, pp. 136, 156, 190, 234, 308, 358 (Cristoforo); W. Arslan, Le chiese di Vicenza, Roma 1956, p. 112 (Cristoforo); C. Donzelli, I pittori veneti del Settecento, Firenze 1957, pp. 142 s. (Cristoforo); C. Donzelli - G.M. Pilo, I pittori del Seicento veneto, Firenze 1967, pp. 284 s. (Crestano); G.M. Zilio, in Storia di Bassano, Bassano del Grappa 1980, pp. 274 s. (Crestano); L. Alberton, ibid., p. 509 (Crestano); M. Binotto, Bartolomeo Cittadella ed alcune precisazioni sulla pittura vicentina del tardo Seicento (G. Cozza, G. Tommasini, Cristoforo M.), in Arte veneta, XXXV (1981), pp. 102 s.; R. Pallucchini, La pittura veneziana del Seicento, Milano 1981, p. 359 (Cristoforo); F. Rigon, Pittori vicentini minori del Settecento, Vicenza 1981, pp. 82-88 (Cristoforo); M. Saccardo, Notizie d’arte e di artisti vicentini, Vicenza 1981, pp. 451-456; G. Bellavitis - L. Olivato, Il palazzo Leoni Montanari di Vicenza, Vicenza 1983, pp. 81-85, 272-284, doc. 7 (Cristoforo); C. Rigoni, La galleria di palazzo Leoni Montanari, in Verona illustrata, VI (1993), p. 79 (Cristoforo); La pittura nel Veneto. Il Seicento, Milano 2001, pp. 851 s. (Cristoforo); M. Saccardo, Notizie d’arte e di artisti vicentini, Udine 2007, pp. 319-323; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 382.
N. Mandarano