MENELAO (Μενέλαος, Μενέλας, Μενέλεως, Menelaus)
Mitico eroe ellenico, re di Sparta, fratello di Agamennone e sposo di Elena. Generalmente è detto figlio di Atreo, più di rado nipote di quest'ultimo e figlio di Pleisthenes: rientra tuttavia nella fatale dinastia argolica degli Atridi e non rimane estraneo alla lunga storia di glorie e di orrendi fatti di sangue che la distinguono.
Se Agamennone appare per certi aspetti come una ipostasi di Zeus, M. stesso è oggetto di quel peculiare culto eroico quasi divino che s'incontra nel paese spartano, e ha un suo proprio santuario alla periferia della città, il Menelaion. Il ritrovamento in questo luogo di una massa di piccoli ex voto plumbei raffiguranti dei guerrieri fa ritenere che questo appunto fosse l'aspetto con cui era tradizionalmente visto l'antico eroe. D'altra parte M. rientra nel novero dei più gloriosi eroi dell'epica greca e la sua figura appare in primo piano tra le più antiche figurazioni mitiche ben al di là del suo paese d'origine.
Il più antico documento sicuro per l'iconografia dell'eroe è un supporto protoattico (secondo A. Rumpf peraltro eseguito ad Egina) ora nel museo di Berlino, in cui M. figura distinto dal nome in un solenne corteggio di personaggi regali tutti sostanzialmente identici, barbati e vestiti da cerimonia e appoggiati a uno scettro. Poiché almeno per la parte conservata il solo M. ha il nome iscritto accanto, come a conferirgli una certa supremazia, G. Karo ha inteso la scena come la presentazione da parte di M. al fratello, re dei re, dei principi greci pronti a partire per Troia. Ma in realtà potrebbe trattarsi di una evocazione generica che può rifarsi a uno di quei cataloghi di antichi re e di eroi famosi delle varie stirpi elleniche.
Forse ancora alla fine. del VII sec. a. C. è da porre la singolare stele o pilastro di Sparta che secondo le opinioni più accreditate darebbe la versione laconica più autorevole del dramma di Menelao. I due lati della stele ci danno in forme quasi identiche un incontro tra due figure, un uomo e una donna, una volta riuniti in un amplesso, una volta separati da una spada puntata. Oltre al riferimento locale, la presenza dei due serpenti sui lati del pilastro, intesi come una figurazione dei Dioscuri, conferma che si tratta appunto del dramma di M. e di Elena, riassunto nei termini essenziali dell'amore e della vendetta con la solenne scabra efficacia di un tema di ierogamia rituale.
Ancora sullo scorcio del VII secolo in ambiente orientale il piatto di Euphorbos ci propone invece un M. guerriero che affronta Ettore sul corpo del caduto Euphorbos secondo il noto episodio omerico. È questo il più antico e forse anche l'unico documento iconografico sicuro per l'eroe in territorio ionico; assai discussa è infatti la sua presenza in un sarcofago clazomenio.
Nella ceramica corinzia M. appare in un pìnax nell'episodio del suo ferimento ad opera dell'arciere Pandaros; mentre eccezionale è per interesse narrativo e contenuta drammaticità la figurazione dell'ambasceria a Troia per la restituzione di Elena quale si presenta sul cratere mesocorinzio della Collezione Astarita. Seguendo con ogni probabilità una tradizione risalente a un ditirambo di Bacchilide, l'eroe è figurato accanto ad Odisseo nel momentaneo avvilimento degli ospiti non bene accetti, seduto presso le mura mentre si avvicina Theanò, con una scorta dei figli di Antenore a cavallo come a portare l'appoggio di tutto il partito di opposizione a Paride e ai figli di Priamo.
Nell'Arca di Kypselos M. appariva in atto di minacciare Elena con la spada come nella stele di Sparta. E questo tema non omerico dovette rimanere quello fondamentale per l'iconografia dell'eroe in territorio peloponnesiaco. Questo è l'aspetto in cui ci appare nella serie dei rilievi bronzei argivo-corinzî, in uno schema che E. Kunze intende come quello della "sposa conquistata" con la spada e poi in un secondo tempo assegnato a Menelao. Purtroppo l'unico esemplare di questi rilievi in Olimpia che portava iscrizioni è illeggibile: ma comunque è da ritenere che, sin dall'inizio, il cosi detto schema della sposa conquistata con la spada, almeno in territorio peloponnesiaco, non possa applicarsi con maggiore appropriatezza che a M. e ad Elena.
Questo motivo ha poi una vita lunghissima nella ceramica attica a figure nere poi rosse sino alla fine del V sec. in un'infinità di varianti che sono state riferite alla tradizione dipendente dalla Ilias Mikrà di Lesche o dalla Ilioupèrsis di Arktinos. Si è tentato di distinguere un motivo di "incontro" con caratteri di possessività più o meno decisa e brutale da parte di M. alle volte l'eroe afferra la donna per il braccio o per il velo - a cui si affianca il motivo della sposa ricondotta con la spada sguainata, il motivo dell'inseguimento in atto e arrestato. Ma appunto per la ricchezza e la varietà di queste edizioni, è alle volte estremamente difficile separarle in schemi figurativi di significato preciso. E neppure i documenti sicuri possono dirsi di grande aiuto. Indubbiamente il piatto di Oltos a Odessa con i nomi iscritti ha concesso di risalire sino allo schema delle lamine bronzee di Olimpia riconducendo quindi a questa storia tutta una serie di figurazioni più antiche in cui un guerriero conduce per mano una donna velata. D'altra parte la lèkythos del Pittore di Brygos (Berlino F 2205) anch'essa con i nomi iscritti, ci propone un M. imberbe e giovanile che guida la sposa in atto calmo e confidente e, solo parzialmente, armato. Immagine candida e primaverile che sembra evocare piuttosto il clima delle nozze di Elena che quello della sua drammatica riconquista. In definitiva il tema è troppo tipico ed elementare perché si possa esser sempre certi che un guerriero che conduce una donna timida e velata rappresenti sempre M. ed Elena nell'Ilioupèrsi. Occorre d'altra parte segnalare la contemporaneità di svolgimento dei due temi formali dell'insegnimento e della quieta riconquista nella ceramica attica. Che se è da ammettere una decisa prevalenza dello schema più pacato e dignitoso della "riconquista" nei documenti più antichi, ad esempio nella ceramica a figure nere, in confronto ai più numerosi inseguimenti di quella a figure rosse, i due motivi peraltro continuano a svolgersi parallelamente senza escludersi. L'esempio più significativo è offerto da Oltos che, accanto al piatto di Odessa sopraricordato ci dà nell'anfora nicostenica del Louvre G. 3 una delle versioni più serrate ed efficaci dell'inseguimento.
Assai più rare sono invece le apparizioni di M. in altro contesto nella ceramica attica. Si può ricordare il kàntharos a figure nere n. 1737 di Berlino, databile circa il 570 a. C. in cui M. figura con altri eroi tutti ugualmente nudi e armati di lancia nella scena della consegna delle armi ad Achille. Mentre il cratere di Sophilos recentemente scoperto a Bairakli ci propone il tema delle nozze di M. e di Elena. Secondo lo schema consueto l'eroe appare in carro con la sposa, contraddistinto dal nome iscritto: di conseguenza non è da escludere che altri di quegli anonimi cortei nuziali con carro, così frequenti nella ceramica attica a figure nere, siano da riferire a M. e ad Elena.
Nella grande plastica il motivo della riconquista di Elena è stato tentativamente riconosciuto nel frontone di Corfù e in una metopa assai frammentaria del Tempio C di Selinunte. Con maggiore sicurezza è invece da ritrovare in due metope del Partenone, in cui ritorna in uno schema assai vicino a quello della nota oinochòe del Vaticano avvicinata al Pittore di Eretria.
Secondo questa formula l'eroe insegue Elena in un santuario o almeno alla presenza di una statua di divinità. E accanto all'idolo, o anche in mancanza di esso sono quasi di regola degli interventi divini rappresentati dalla presenza di Afrodite e di Eros, di Apollo, Atena. E di solito l'eroe vendicatore posto di fronte al comando divino e alla bellezza più o meno rivelata di Elena si turba e la spada gli cade dalle mani. Naturalmente nelle figurazioni più tarde sembra di assistere a una graduale svalutazione dell'intervento divino mentre l'elemento umano e sensuale della bellezza e della nudità di Elena diviene sempre più dominante e centrale. Si accentua il parallelismo tra Elena e Cassandra, come in un noto dipinto pompeiano: e quasi per effetto di questa assimilazione, l'elemento erotico della nudità rivelata assume un colorito sempre più scoperto e pungente di crudeltà. Così M. afferra per i capelli la sposa infedele o la rovescia sull'altare come in una placchetta fittile di Alessandria. E come a confermare tale tendenza, una figura che in una coppa del Louvre ci appare nell'atteggiamento di Elena viene designata dall'iscrizione come Polissena (Louvre G 152).
Accanto alla travolgente popolarità di questo tema drammatico della sposa riconquistata, assai più rare sono altre figurazioni relative a Menelao. Isolato è ad esempio il motivo del duello con Paride conservato in una notevolissima coppa di Douris nel Louvre: incontro di cui tuttavia è ricordata una edizione scultorea in un grande gruppo di Olimpia raffigurante una battaglia di eroi intorno ad Achille e Memnone (Paus., v, 22, 2).
È singolare che nell'Ilioupèrsis di Polignoto, a giudicare dalle descrizioni di Pausania, doveva risultare non già la drammatica riconquista di Elena, ma la presenza pacificata dei due sposi, Elena presso le tende, M. tutto armato presso le navi (Paus., x, 25, 2).
Un nuovo aspetto assume M. verso la fine del V sec. a. C. per effetto della guetra del Peloponneso e della crescente antipatia per il predominio degli Spartani. Con le inevitabili prevenzioni di un attico Euripide sembra non voglia perdere una occasione per presentare l'eroe sotto una cattiva luce. Nell'Ifigenia in Aulide è lui a sostenere la necessità, e anzi l'urgenza del sacrificio della vergine figlia di suo fratello: e non esita neppure a intercettare la lettera di Agamennone pentito che vorrebbe impedirne all'ultimo momento l'arrivo. E anche fisicamente l'eroe grande e biondo dell'epica viene descritto come un tipico spartano rigido, altezzoso e sicuro di sè (Andromacha, passim). D'altra parte M. non doveva apparire che come un personaggio di sfondo nel famoso dipinto di Timanthes raffigurante il sacrificio di Ifigenia di cui repliche sono state cercate in dipinti pompeiani e nel mosaico di Ampurias. Né maggior rilievo assume l'eroe nelle frettolose illustrazioni di carattere puramente narrativo di cui resta l'eco nelle coppe megaresi.
Negli specchi etruschi l'eroe appare contraddistinto dal nome Menle e di consueto associato ad Elena e alle volte anche a Paride: evidente accenno alla tradizione non ignota alla ceramica attica secondo cui M. accoglie come ospite Paride a Sparta e assiste inconsapevole al fatale incontro dei due amanti. Meno spiegabile, seppure introdotta attraverso la presenza dei Dioscuri fratelli di Elena, l'associazione a Meleagro e alla caccia di Calidone postulata dallo specchio di Firenze (Gerhard, tav. 355).
Un M. singolarmente eroico e giovanile s'incontra in un noto cratere a volute del museo di Boston figurante la morte di Tersite. Mentre in basso il corpo di Tersite giace insepolto, il capo spiccato dal busto, Achille appare seduto in trono in un padiglione, in atto di superbp abbandono e M. trattiene a stento Diomede che vuole vendicare la morte del suo congiunto. Se quest'ultima figurazione è da riportare a un dramma perduto, l'Achilles Thersitoktonos di Chairedemos, tutti i documenti figurati di età ellenistica e romana sembra debbano riportarsi al M. dei poemi epici. Così le figurazioni nelle varie edizioni della Tabula Iliaca, nelle coppe megaresi e nelle miniature dell'Iliade Ambrosiana. Si tratta per lo più di figurazioni di carattere puramente illustrativo e M. vi appare come una figura di sfondo, quasi un doppio del fratello nelle scene di concilio, assumendo qualche rilievo nei noti episodi di cui è protagonista, il ferimento ad opera di Pandaro e la cura di Machaon. E la stessa origine omerica è manifesta nella grandiosa creazione barocca del Pasquino in cui l'eroe barbato e leonino solleva il corpo quasi adolescente di Patroclo esanime e già spogliato delle armi. Incerta è la presenza di M. nei frontoni di Egina dato che non è sicuro si riferiscano alla scena omerica del combattimento sul corpo di Patroclo. Ancora più malsicuro identificarlo nelle scene del monumento di GyòlbashiTrysa, mentre abbandonata definitivamente l'ipotesi del C. Robert di riconoscere un M. vendicatore nel curioso rilievo italico da Nemi ora Ny Carlsberg n. 30.
Monumenti considerati. - Figurine plumbee del Menelaion: S. Wide, Lakonische Kulte, p. 340, fig. 338; R. M. Dawkins, Arthemis Orthia, Londra 1932, tav. clxxix. Supporto protoattico, Berlino A 41: C.V.A., Berlino, tav. 32. Stele di Sparta: Brunn-Bruckmann, Denkmäler, n. 226. Piatto di Euforbo: E. Buschor, Griechische Vasen, Monaco 1940, p. 53. Pinax corinzio, Berlino n. 764: C. Robert, Hermes, xxxvi, 1901, p. 364 ss. Cratere corinzio Astarita: J. D. Beazley, ῾Ηλήνης ἀπαίτησις, Londra 1955. Lamine argivo-corinzie: E. Kunze, Archaische Schildbänder, Berlino 1950, p. 163 ss. Piatto di Oltos in Odessa: L. Ghali-Kahil, Les enlèvements et les retour d'Hélène, Parigi 1955, tav. lxxxii, 2. Lèkythos del Pittore di Brygos a Berlino: L. Ghali-Kahil, op. cit., tav. lxxxv, 2. Anfora di Oltos, Louvre G 3: id., op. cit., tav. xlix, 2. Kàntharos di Berlino: E. v. Lücken, Griechische Vasen, L'Aia 1923, tav. 33. Cratere di Sophilos: I. Boardmann, in Ann. Brit. Sc. Athens, liii-liv, 1958-9, tavv. 31-32. Metopa di Selinunte: O. Bendorff, Wiener Vorlegeblätter. Griech. u. sic. Vasenbil., tav. vii, 1. Metope del Partenone: L. Ghali-Kahil, op. cit., tav. lxv, 2-3. Coppa del Pittore di Brygos al Louvre G 153: M. I. Wiencke, in Am. Journ. Arch., lvii, 1954, p. 300. Dipinto della Casa del Menandro: L. Ghali-Kahil, op. cit., tav. lxxiv, 2. Tondo fittile di Alessandria: id., op. cit., tav. lxxxviii, 2. Coppa di Douris, Louvre G 115: E. Pottier, Vases antiques du Louvre, iii, Parigi 1922, tav. 108. Coppe megaresi: K. Weitzmann, Ancient Book Illustrations, Cambridge Mass. 1959, p. 65. Cratere apulo di Boston: L. Séchan, Études sur la tragédie grecque, Parigi 1926, p. 528 ss. Miniature dell'Iliade Ambrosiana: R. Bianchi Bandinelli, Ilias Ambrosiana, Olten 1955, min. ii, xv; l, LI. Coppe omeriche: U. Hausmann, Hellenistische Reliefbechern, 1959, p. 34.
Bibl.: P. A. Clemen, in Hesperia, XXVII, 1958, p. 47 ss.