MENENIO Agrippa (Menenius Agrippa)
Console nel 503 a.. C., avrebbe, secondo la tradizione, vinto i Sabini e trionfato, ma il suo nome è famoso nella storia per la parte che gli è attribuita nella prima secessione della plebe. All'annuncio della morte di Tarquinio il Superbo nel 495 a. C., l'arroganza e le prepotenze dei nobili contro i plebei non ebbero più freno, e nell'anno appresso i patimenti di questi per l'oppressione derivante dai debiti erano giunti già a tal punto che, mentre in armi uscivano dalla città, abbandonarono i consoli, traversarono l'Aniene e si ritirarono sopra un'altura, detta poi Monte Sacro, a tre miglia dalla città. Il senato, dopo altri tentativi di conciliazione, mandò ai ribelli una deputazione di 10 personaggi, fra cui M. A., che era caro alla plebe. Fu allora che egli raccontò il noto apologo delle membra ribellatesi contro lo stomaco con danno di tutto il corpo, e simboleggiando nelle membra i plebei, nello stomaco i patrizî, mostrò ai ribelli che con la loro secessione producevano bensì la rovina dei loro oppressori, ma non risparmiavano la propria. L'apologo sortì l'effetto desiderato: si ottenne, cioè, l'accordo mercé la promessa fatta dai patrizî che sarebbe stata restituita la libertà ai debitori e sarebbero state opportunamente regolate le relazioni tra creditori e debitori. Prima di rientrare in Roma i plebei chiesero e ottennero l'istituzione dei tribuni della plebe.
È fuori d'ogni dubbio che questo racconto della prima secessione della plebe sia nei suoi particolari indegno di fede: forse il Monte Sacro stesso fu collegato con la secessione soltanto al fine di poter spiegare il suo nome per mezzo delle leggi sacrate, e sta il fatto che nel racconto più antico (Pisone presso Liv., II, 32, 3) la secessione avviene sull'Aventino, e presso altri autori è parola dell'Aventino e del Monte Sacro insieme. Circa l'intervento e l'apologo di M. A., i cui elementi sembrano attinti al patrimonio comune della novellistica aria, tutte le fonti erano concordi e dunque le notizie a loro relative appartengono a uno strato antico della tradizione, ma non basta questo per affermarne la verità storica. A ogni modo, anche se a una secessione della plebe sull'Aventino e a una pace ricomposta per mezzo dell'apologo vogliamo prestare fede, dobbiamo considerare bene che l'apologo non ha nesso organico né con le leggi sacrate né con le origini del tribunato della plebe, e che la cronologia ne rimarrà sempre incerta, perché Menenio non appare nella leggenda come magistrato; e vano sarebbe cercare la ragione della collocazione di questo episodio nel 494 a. C.
Bibl.: A. Schwegler, Römische Geschichte, II, Tubinga 1858, pp. 233, 246 segg.; F. Ribezzo, Nuovi studi sulla origine e la propagazione delle favole indoelleniche, Napoli 1901, p. 184 segg.; G. De Sanctis, Storia dei Romani, II, Torino 1907, p. 4 segg.; A. Klotz, in Hermes, XLIV (1909), p. 202 segg.; W. Nestle, in Klio, XXI (1921), p. 350 segg.; E. Pais, Storia di Roma, III, 3ª ed., Roma 1927, pp. 22 e 143 segg.; F. Münzer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XV, 1931, col. 840 segg.