meno
11. Poco attestato nella Vita Nuova (4 occorrenze) e nelle Rime (16), m. ricorre 54 volte, tutte in prosa, nel Convivio (11 volte nella forma scorciata ‛ men ') e 83 nella Commedia, ove 63 sono le attestazioni di ‛ men ', usato, come nelle altre opere, di fronte a parola iniziante con consonante (soltanto in If XIX 16, con vocale, men ampi); delle 20 attestazioni di ‛ meno ', 10 sono in rima o in pausa, e 10 di fronte a parola iniziante con vocale.
Alla funzione avverbiale di m., in riferimento ad aggettivo (cfr. 2.) o verbo (cfr. 3.), si affiancano quella aggettivale, sia attributiva che predicativa (cfr. 3. e 4.), con significato di " minore ", e, pur rara, quella sostantivale (cfr. 5.); inoltre, m. appare in costrutti particolari (cfr. 6.) e nel sintagma ‛ venir m. ' (cfr. 7.). Nei vari usi è frequente il contrasto tra m. e ‛ più ', per lo più in strutture coordinate (cfr. 2.1., 2.2., 3. e 6.).
2. Riferito ad aggettivo, m. ricorre poche volte nelle Rime, in costrutti negativo-intensivi, privi di secondo termine di paragone (CVI 56 perché lo meo dire util vi sia, / discenderò... / in parte ed in costrutto / più lieve, sì che men grave s'intenda: nel contrasto, concettualmente retorico, tra i comparativi, grave può tuttavia intendersi anche come avverbio, " difficilmente ") e in superlativi relativi: XCI 97 Canzone, a' tre men rei di nostra terra / te n'anderai (cfr. Cv I II 13 de li due sentieri prendere lo men reo è quasi prendere un buono); Rime dubbie XX 14 io ti priego... / che mi consigli del [pensiero] men dubitoso.
2.1. Nel Convivio, ove quest'uso è più frequente, m. ricorre in strutture dicoliche: I IV 11 la [bontade] fanno parere men chiara e men valente; III XV 14 le vertudi... tal volta per vanitadi o per superbia si fanno men belle e men gradite; IV XII 18 ne la vita... sono diversi cammini... e certi meno fallaci e certi meno veraci. Si tratta di attente strutture compositive, come nei contrasti con comparativi di maggioranza: cfr. IV XXI 7 la complessione del seme puote essere migliore e men buona, e la disposizione del seminante puote essere migliore e men buona (e, nello stesso luogo, l'integrazione de l'umano seme e di queste vertudi più pura [e men pura] anima si produce; e, in IV XXIII 7, quella suggerita dal dicolon precedente, l'umido radicale [è] meno e più, e di migliore qualitade [e men buona]). Struttura speculare, tipica dell'andamento dialettico del trattato, si nota anche in I XI 20 al magnanimo le sue cose sempre paiono migliori che non sono, e l'altrui men buone: lo pusillanimo sempre le sue cose crede valere poco, e l'altrui assai. Infatti, l'uso di m. è per lo più collegato con la dimostrazione per contrari (I VIII 9 è biasimevole muover la cosa d'un luogo dove sia utile e portarla in parte dove sia meno utile, e 10 biasimevole è non solamente a porre la cosa in parte dove sia meno utile, ma eziandio in parte ove sia igualmente utile), e con forme espressive eufemistiche e attenuative, come quelle di I II 13 (cfr. 2.) e IV XXVII 13 Ahi malestrui e malnati, che disertate vedove e pupilli, che rapite a li men possenti. In questi casi è implicito il riferimento a un altro giudizio, precedente o successivo, rispetto al quale la forma con m. rappresenta una variante contrastiva o processuale: IV IX 11-12 cose sono che sono si pure arti, che la natura è instrumento de l'arte.., e in queste massimamente a lo prencipe e maestro de l'arte esser si dee subietto. E cose sono dove l'arte è instrumento de la natura, e queste sono meno arti, e in esse sono meno subietti li artefici a loro prencipe; II VII 3 le cose deono essere denominate da l'ultima nobilitade de la loro forma: sì come l'uomo da la ragione, e non dal senso né d'altro che sia meno nobile. Onde… si dee intendere l'uomo usare la ragione, che è... atto de la sua più nobile parte; III III 13 chi guarda... prima vede le cose prossime chiaramente; poi, procedendo, meno le vede chiare.
M. è posposto ad aggettivo in IV XXI 2 nobili e più e meno secondo la nobilitade de la stella. Struttura ellittica si osserva in IV XXII 7 più amabili e meno, e più odibili [e meno]; XXIV 7 fare l'etadi... e più lunghe e meno.
2.2. Nella Commedia le attestazioni di m. riferito ad aggettivo sono una trentina, e per lo più il sintagma così formato occupa le ultime 3 o 4 sillabe del verso: If III 40 Caccianli i ciel per non esser men belli; XXX 105 col braccio suo, che non parve men duro (cfr. Pg XIX 77 e giustizia e speranza fa men duri); Pg II 133 né la nostra partita fu men tosta (cfr. XXIII 7 Io volsi 'l viso, e 'l passo non men tosto); XXVII 111 quando, tornando, albergan men lontani (cfr. Pd X 19 e se dal dritto più o men lontano / fosse 'l partire); If XXVI 27 la faccia sua a noi tien meno ascosa; XI 89 men crucciata / la divina vendetta li martelli; Pg XXI 39, XXVII 137, XXXI 38, Pd VI 117. Struttura dicolica è soltanto in Pg XXX 129 fu' io a lui men cara e men gradita, con il primo aggettivo bisillabico e il secondo trisillabico, come in Cv I IV 11 e III XV 14 (v.2.1.).
Il contrasto con un comparativo di maggioranza ritorna in If IX 131 e i monimenti son più e men caldi; Pd VIII 20 muoversi in giro più e men correnti, e X 19; XXXII 60 questa... gente / ...è... / intra sé qui più e meno eccellente (tutti questi esempi sono metricamente affini ai precedenti); II 69 più e men distributa e altrettanto; Pg X 136-137 più e meno eran contratti / secondo ch'avien più e meno a dosso. Più complessa articolazione sintattica in Pg IX 17 la mente nostra, peregrina / più da la carne e men da' pensier presa, ove la concordanza semantica sembra assicurata dalle allitterazioni che equilibrano la disposizione chiastica dei concetti. Soltanto in Pg XXIX 57 m. è in anastrofe rispetto all'aggettivo, in una rima che richiama concettualmente quella del v. 55: Io mi rivolsi d'ammirazion pieno / al buon Virgilio, ed esso mi rispuose / con vista carca di stupor non meno. In If XIV 26 al contrasto ‛ più-m.-più ' si collega la probabile ellissi dell'aggettivo dopo m.: Quella che giva 'ntorno era più molta, / e quella men che giacëa al tormento, / ma più al duolo avea la lingua sciolta.
3. Riferito a un verbo, m. appare in Rime LXVII 54 il desire / ... mi combatte così come sole, / avvegna che men dole, / però che 'l mio sentire è meno assai (" minore "; cfr. Rime dubbie III 3 3 e di sentir lui meno ho più paura; Pd IV 36 per sentir più e men l'etterno spiro). M. funge da predicato in Rime XCI 6 sì ch'io son meno ognora ch'io non soglio (" solevo ") e, forse, in Rime dubbie XVII 10 Li spiriti... / n'escon de lo cor, che trovan meno (" non trovano più ", perché ‛ involato ' da Amore, v. 3; si tenga presente la possibile attribuzione a Cino del sonetto: cfr. Contini, Rime 258). In genere, è difficile determinare il limite tra la funzione avverbiale e quella predicativa in questi costrutti di m. con un verbo.
Delle 6 attestazioni del Convivio, 3 sono rese complesse dalla diatesi passiva del verbo: in I IV 7 temono... meno esser pregiati, e 11 ciascuno profeta è meno onorato ne la sua patria; II 9 'l numero e la quantità e 'l peso del bene... pare più che se con giusta misura fosse saggiato, e quello del male meno. Più chiaro è il rapporto tra m. e il verbo in III XI 11 sì come intra le spezie de l'amistà quella che per utilitade è, meno amistà si può dicere, così questi cotali meno participano del nome del filosofo che alcuna altra gente; e nel dicolon di IV XII 18 quale meno allungandosi e quale meno appressandosi. È predicato in IV XXIII 7 l'umido radicale [è] meno e più, e di migliore qualitade [e men buona].
3.1. Della Commedia si ricordino il dicolon di If XI 84 men Dio offende e men biasimo accatta, e i contrasti, tematicamente importanti, di Pd I 3 [la gloria di Dio] risplende / in una parte più e meno altrove; XIII 69 [la sostanza e la forma] sotto 'l segno / idëale poi più e men traluce; IV 36, Pg IV 90 e quant'om più va su, e men fa male. Di minor rilievo, oltre l'anastrofe litotica di Pg XXV 123 di volger mi fé caler non meno (per altro esempio in rima di ‛ non m. ', cfr. XXIX 57; per un'altra litote, cfr. XIII 66 non pur per lo sonar de le parole, / ma per la vista che non meno agogna), sono i luoghi seguenti: Pg XV 48 non s'ammiri / se ne riprende perché men si piagna; XX 85 Perché men paia il mal futuro e 'l fatto (cfr. If XXXI 30 acciò che 'l fatto men ti paia strano, ove m. è riferito a strano); Pg XXV 76 perché meno ammiri la parola. In alcuni di questi luoghi m. è in proposizione finale negativa attenuata - una probabile continuazione di alcuni usi del latino quo minus -, che non tanto esclude il concetto del verbo - ad es., di meraviglia, stupore -, quanto lo limita. Questa sembra, appunto, la funzione espressiva di m., forma di negazione attenuata e, come tale, stilisticamente elaborata: così, in Pd XXVIII 34-38, il concetto di ‛ distanza ' ritorna due volte, una in forma positiva e una in forma negativa: ciascheduno / più tardo si movea, secondo ch'era / in numero distante più da l'uno; / e quello avea la fiamma più sincera / cui men distava la favilla pura: tra gli spazi arcani dei cieli, la suggestione connotativa della ‛ distanza ', minore nei cieli più fulgidi, prevale sull'esattezza denotativa della ‛ vicinanza '. Questa, anzi, viene in certo modo nobilitata dal latinismo di Pd XIX 107 molti gridan " Cristo, Cristo! ", / che saranno in giudicio assai men prope / a lui, che tal che non conosce Cristo. Ancora un latinismo in un periodo stilisticamente ricercato, Pd XVI 11 Dal ‛ voi ' che prima Roma s'offerie, / in che la sua famiglia men persevra (ma, secondo altre edizioni, che prima Roma soffierie), quasi a significare allusivamente che l'eguaglianza civica, simboleggiata dall'uso del ‛ tu ', era tuttora conservata nelle campagne di Roma, ove l'uso del ‛ voi ' era ‛ meno ostinato '.
4. Con funzione attributiva m. è attestato in Rime LXVIII 50 assai finirò con men dolore, Rime dubbie III 9 20 quel sen dà men cura, e in Cv I IV 2 la presenza fa la persona di meno valore ch'ella non è. Nella Commedia, m. si oppone a un comparativo di maggioranza, in Pg XXXII 58 men che di rose e più che di vïole / colore aprendo: l'uso di m., in questo caso attenuativo-connotativo, si può considerare uno dei mezzi stilistici della poesia dell'indefinito.
Ma il contrasto che m. permette di esprimere può rientrare in caratteristiche tematiche dell'opera: If V 2 nel secondo [girone], che men loco cinghia / e tanto più dolor; XXX 142 Maggior difetto men vergogna lava (cfr. Pg VI 90 Sanz'esso fora la vergogna meno, unico caso di rima con l'uso predicativo di m.). Inoltre m. funge da attributo, in If XXXIII 61 assai ci fia men doglia, / se tu mangi di noi; Pg XXII 125 prendemmo la via con men sospetto; XXIV 32 ebbe spazio / ... di bere... con men secchezza; XXXI 18 con men foga l'asta il segno tocca; Pd IV 39 per far segno / de la celestïal c'ha men salita, e 65 L'altra dubitazion... / ha men velen; XXIII 12 la plaga / sotto la quale il sol mostra men fretta; XXIX 89 con men disdegno: la prevalente connotazione intensiva, in ambito sia fisico che morale, dei sostantivi di cui m. è attributo, viene non negata, ma attenuata da m., analogamente a quello che si può constatare nell'uso avverbiale (cfr. 3.1.).
5. L'uso sostantivale di m. è chiaro in Pg VII 78 come dal suo maggiore è vinto il meno (" minore "), e Pd XXVIII 65 secondo il più e 'l men de la virtude; non altrettanto chiaro, in Pg XXXI 70 Con men di resistenza si dibarba / robusto cerro (la costruzione partitiva dopo m. è attestata soltanto in questi due passi). In altri casi, anche se l'analisi sintattica porta a esplicitare m. con " una parte minore ", " un tempo minore ", ci si può chiedere se questa sorta di traduzione abbia qualche rilievo per rivivere la volontà espressiva di Dante.
Simili tra loro per funzione si possono, tuttavia, considerare: a) If XXX 87 men d'un mezzo di traverso non ci ha; XXXI 10 Quiv'era men che notte e men che giorno (ancora una struttura dicolica); Pg XXX 46 Men che dramma / di sangue m'è rimaso; V 40 tornasser suso in meno; b) Rime XLII 6 di saver ver voi ho men d'un moco; Pg X 137 secondo ch'avien / più e meno a dosso; Pd XXII 137 quel consiglio per miglior approbo / che l'ha per meno; c) Pg XVII 101 con men che non dee corre nel bene, e XXXI 70; Pd XXVIII 77 di maggio a più e di minore a meno; If XXII 24 mostrav'alcun de' peccatori 'l dosso / e nascondea in men che non balena.
6. Tra i sintagmi particolari in cui m. si presenta, quelli avverbiali contrastati con ‛ più ' sono attestati in Vn XXII 66 Questi ch'è qui piange né più né meno come se l'avesse veduta; Cv I VII 9 la natura... fa trentadue denti a l'uomo, e non più né meno, e... fa cinque dita ne la mano, e non più né meno; e l'uomo è obediente a la giustizia [quando fa... lo debito... e non più né meno che la giustizia] comanda; II XIII 21 esso pare affocato di colore, quando più e quando meno; III IV 8 sono queste parole del Profeta, in uno verso del Saltero scritte né più né meno come ne la risposta del prete; V 9 dumila secento miglia, o poco dal più al meno, e 10 settemila cinquecento miglia, o poco dal più al meno; VII 2 diversamente si riceve, secondo più e meno, da le cose riceventi; XI 3 [sette]cento cinquanta anni [innanzi], poco dal più al meno, che 'l Salvatore venisse; IV XXII 7 e seguita e fugge e più e meno, secondo la conoscenza; XXIV 5 diece anni, o poco più o poco meno. Per la correlazione con ‛ tanto... quanto ', cfr. IV XI 9 quanto l'uomo più subiace a lo 'ntelletto, tanto meno subiace a la fortuna, e XXI 5 lo intelletto possibile... potenzialmente in sé adduce tutte le forme universali... e tanto meno quanto più dilungato da la prima Intelligenza è.
6.1. Nella Commedia, pochi sono i costrutti particolari di m.: Pg X 66 e più e men che re era in quel caso, If XI 93 non men che saver, dubbiar m'aggrata, e Pg VII 125 Anche al nasuto vanno mie parole / non men ch'a l'altro. M. è rafforzato da ‛ vie ', in Pg XV 36 un scaleo vie men che li altri eretto (cfr. 8.). In If XV 100 Né per tanto di men parlando vommi / con ser Brunetto, il contesto suggerisce una locuzione avversativa, " nonostante ciò ".
7. ‛ Venir m. ', in accezioni varie a seconda dei soggetti cui si riferisce, appare in 3 delle 4 attestazioni di m. nella Vita Nuova, tra loro semanticamente coerenti: VII 1 io... sbigottito de la bella difesa che m'era venuta meno [" mi era mancata "], assai me ne disconfortai, XV 8 onne sicurtade mi viene meno (" mi abbandona "), e XVIII 4 Amore... ha posto tutta la mia beatitudine in quello che non mi puote venire meno (" abbandonarmi ").
Nelle Rime, il significato di ‛ venir m. ' è analogo a quello sopra osservato, in L 14 Piacciavi, donna mia, non venir meno / a questo punto al cor che tanto v'ama. Ma in LXVII 59 nel libro de la mente che vien meno, il sintagma allude al progressivo " estinguersi " del ricordo.
Nella Commedia, oltre al significato di " perdere i sensi " (If V 141 di pietade / io venni men così com'io morisse. / E caddi come corpo morto cade), " estinguersi " (eufemistico per " morire ", in Pg XX 53 li regi antichi venner meno / tutti, fuor ch'un renduto in panni bigi), " scomparire " (Pg XIV 96 dentro a questi termini é ripieno / di venenosi sterpi, sì che tardi / per coltivare [" nonostante la coltivazione "] omai verrebber meno), il sintagma insiste sull'" essere inadeguato o insufficiente nel fare o per fare qualcosa " (If IV 147 sì mi caccia il lungo tema, / che molte volte al fatto il dir vien meno [cfr. Pd I 127-128 forma non s'accorda / molte fïate a l'intenzion de l'arte]; If XXVIII 4 Ogne lingua per certo verria meno; Pd XIII 9 quel carro a cu' il seno / basta del nostro cielo... / sì ch'al volger del temo non vien meno).
8. Nel fiore, m. è riferito a verbi, con funzione comparativa, in XXVI 14 d'abate tornai men ch'a converso; LXXIII 5 Lo Schifo i' sì pregiava men ch'un fico (v. Rime XLII 6 men d'un moco, e cfr. 5. b); altrove, con funzione negativo-intensiva (Fiore CC 11 vie men [" ancor meno "; cfr. 6.1.] del fatto mio sì mi dottai), associata a un contesto negativo; XCVII 5 Già men lor [" delle pecore "] sangue non desiderasse [" il lupo non desidererebbe "], / ma vie più tosto ingannar le potesse [" tenterebbe d'ingannarle "]. In XCVI 8 ché già non fiar [" saranno "] per ciò di men salvate, il contesto, come in If XV 100 (cfr. 6.1.), suggerisce un avverbio avversativo, " nondimeno ".