Menopausa
Il termine menopausa (composto delle parole greche μήν, "mese" e παῦσις, "fermata"), indica la scomparsa definitiva delle mestruazioni, e quindi dell'attività riproduttiva femminile, dovuta all'esaurimento della funzione ovarica. La menopausa, che nella donna europea interviene all'età media di circa 50 anni, è preceduta e seguita da un periodo di durata variabile, caratterizzato da una complessa fenomenologia neurovegetativa, somatica e psichica che viene indicato come climaterio (dal greco κλιμακτήρ, "gradino").
1.
Il numero degli ovociti contenuti nell'ovaio diminuisce progressivamente con l'età della donna raggiungendo, intorno all'epoca della menopausa, un livello criticamente basso, da cui consegue un'alterazione del normale ritmo del ciclo mestruale e il declino delle ovulazioni. Già 10 anni prima della menopausa si verificano cambiamenti nella funzione ipotalamica e modifiche dei livelli di gonadotropine, gli ormoni che controllano l'ovaio. In particolare si evidenzia un aumento dell'ormone follicolo stimolante (FSH, Follicle stimulating hormone), che precede quello dell'ormone luteinizzante (LH, Luteinizing hormone), e una parallela diminuzione degli ormoni ovarici (estradiolo e progesterone). Dopo l'ultima mestruazione i livelli di estradiolo si riducono del 90-95% rispetto alla vita fertile, mentre la secrezione di progesterone scompare. Gli estrogeni presenti in menopausa derivano dagli androgeni secreti dall'ovaio e dal surrene convertiti nel fegato e nel tessuto adiposo; per questo motivo le donne obese in menopausa hanno un tasso estrogenico più elevato e sono quindi meno a rischio per le patologie da carenza estrogenica, ma più a rischio per le patologie ormono-dipendenti, quali per es. il cancro dell'endometrio. I livelli di FSH e LH aumentano nettamente, in particolare quelli di FSH, arrivando a essere 10-15 volte maggiori rispetto alla fase fertile. Il meccanismo che porta all'aumento delle gonadotropine è legato alla riduzione del tono inibitorio dei fattori (principalmente sistema oppioide e dopaminergico) che regolano l'attività dei neuroni ipotalamici, i quali secernono gli ormoni liberanti le gonadotropine (GnRH, Gonadotropin releasing hormones). Tale catena è innescata dalla diminuzione degli estrogeni ovarici. Negli anni che seguono la menopausa, la situazione ormonale tende a rimanere stabile, presentando solo una lieve riduzione dei livelli delle gonadotropine nella fase più avanzata.
2.
Il climaterio, inteso come periodo di transizione, può essere vissuto in una condizione di equilibrio psicofisico senza problemi particolari; nella maggior parte dei casi, tuttavia, è caratterizzato da un insieme variabile di disturbi che costituiscono una vera e propria sindrome. All'interno di essa sono raccolti moltissimi sintomi, tanto che spesso è facile attribuire alla menopausa disturbi secondari ad altre cause; inoltre, l'espressione clinica della sindrome assume entità e sfumature diverse in relazione sia a elementi culturali, sociali ed economici sia all'impatto psicologico che la cessazione della vita riproduttiva può avere.
Secondo una classificazione tradizionale i disturbi della menopausa sono quelli legati alla carenza estrogenica e sono rappresentati da sintomi neurovegetativi (vampate, sudorazione, tachicardia, insonnia), psicologici (repentini cambiamenti dell'umore, ansia, depressione, modificazioni della libido) e da sintomi secondari alla distrofia della mucosa dell'apparato genitourinario. Mentre i primi insorgono al momento della menopausa e possono anche precedere l'ultima mestruazione, gli ultimi si collocano in senso temporale dopo alcuni anni dalla menopausa stessa (disturbi a medio termine) e si associano ad altri effetti legati alla mancanza degli estrogeni sia su altre mucose (occhi, naso, faringe) sia sulla cute.
Il sintomo patognomonico della menopausa è la vampata, descritta come una intensa sensazione di calore che insorge improvvisamente a livello del torace, si diffonde verso il collo e il viso, e a volte per tutto il corpo. Tale sensazione dura 1-2 minuti, è accompagnata da sudorazione, palpitazioni, tachicardia e si presenta con frequenza variabile da donna a donna. Se insorge durante la notte può essere responsabile di disturbi del sonno. Talvolta è stimolata da condizioni climatiche, tipi di cibi o uso di alcolici, stress emozionali. Più di 2/3 delle donne in menopausa presenta vampate entro i primi 12 mesi; tali sintomi possono persistere fino a oltre 5 anni in percentuale molto variabile dal 25 all'85%; alcune donne continuano ad averle anche dopo 10 anni. Il meccanismo eziopatogenetico della vampata è principalmente legato alla carenza estrogenica che a sua volta agirebbe tramite un'alterazione del metabolismo delle catecolamine (aumento della noradrenalina e diminuzione della dopamina), responsabile delle modificazioni della termoregolazione centrale e dell'aumento dei picchi di gonadotropine sincrono con le vampate.
I disturbi psicologici vengono genericamente considerati come caratteristici della sindrome climaterica, tuttavia la loro definizione non è univoca: la carenza ormonale è sicuramente collegata a modificazioni dei neurotrasmettitori e dei neuromodulatori centrali implicati nei disturbi depressivi; nonostante ciò, non è sicuramente dimostrato che i disturbi psicologici della menopausa siano secondari alla mancanza di estrogeni e che la somministrazione di ormoni sia la loro terapia elettiva. È sicuramente escluso, invece, il fatto che la menopausa sia responsabile dell'insorgenza di disturbi psichiatrici gravi. Gli elementi che possono predire un maggiore rischio di depressione durante questo periodo sembrano essere: la tendenza a presentare crisi depressive durante la vita riproduttiva, il basso livello socioeconomico, la presenza di eventi stressanti, le malattie croniche e un forte atteggiamento negativo nei confronti della menopausa. Particolarmente soggette a presentare i sintomi della sindrome climaterica sono le donne in cui la menopausa è il risultato di un intervento chirurgico.
Con riduzione della libido si indica la diminuzione del desiderio sessuale; essa viene riferita in percentuale variabile dalle donne in menopausa. Numerosi sintomi fisici più specificamente legati alla menopausa e all'invecchiamento - che interessano sia la donna sia l'uomo - sono implicati nelle modificazioni della sessualità. Quelli più particolarmente dipendenti dalla carenza degli estrogeni sono la secchezza vaginale e la conseguente dispareunia (dolore durante il rapporto sessuale), causate dalle modificazioni della mucosa vaginale che si presenta macroscopicamente assottigliata, scarsamente elastica, poco lubrificata e più sensibile ai traumi e agli agenti infettivi. Simili modificazioni, che si sovrappongono ai fenomeni di invecchiamento, interessano anche l'apparato urinario e in particolare la vescica, l'uretra e il pavimento pelvico. I disturbi che ne conseguono sono l'urgenza nella minzione, l'incontinenza da urgenza, la minzione frequente, la disuria, la sensazione di bruciore alla minzione, caratteristica delle cistiti che si presentano in modo recidivante. Essi si instaurano progressivamente nell'arco di 5-8 anni dalla menopausa e la maggior parte delle donne ne presenta almeno uno. Il legame tra i disturbi dell'apparato genitourinario e la carenza estrogenica è confermato dalla presenza di recettori per gli estrogeni sia a livello della vagina, dell'uretra, della vescica e del pavimento pelvico sia nei fibroblasti, cellule che producono il collagene, importante componente delle strutture di supporto. L'incontinenza urinaria da sforzo e il prolasso genitale non sono quindi diretta conseguenza della menopausa ma possono peggiorare con la carenza estrogenica, mentre traggono maggior beneficio dal trattamento con ormoni la minzione frequente e urgente, e le cistiti recidivanti.
3.
Il prolungarsi dell'aspettativa di vita e il progresso delle conoscenze scientifiche hanno evidenziato l'importanza dei rapporti tra la menopausa e il rischio di morbilità e mortalità per gravi malattie nella terza età della donna. Questo insieme di dati ha modificato il significato della menopausa che da momento di passaggio dalla vita riproduttiva alla vita non riproduttiva, associato a disturbi minori ininfluenti per la salute della donna, è diventato un evento centrale collegato al rischio di morbilità e mortalità e occasione privilegiata di prevenzione.
Le patologie collegate alla cessazione della funzione ovarica, che si manifestano dopo molti anni dall'insorgenza della menopausa, sono la malattia cardiovascolare e l'osteoporosi. Inoltre ultimamente è stata data particolare risonanza ai rapporti tra gli estrogeni, la menopausa e il rischio di demenze precoci quali la malattia di Alzheimer.
Come è noto, la malattia cardiovascolare è la più frequente causa di morte nei paesi occidentali e colpisce soprattutto gli uomini; nelle donne, la frequenza di tale patologia aumenta dopo la menopausa, e in particolare si incrementano i casi di infarto del miocardio. La cessazione della funzione ovarica con la conseguente diminuzione degli estrogeni influenza numerosi fattori strettamente collegati a un aumento del rischio cardiovascolare: modificazioni in senso proaterogeno dei livelli dei lipidi e delle lipoproteine nel sangue, spostamento dell'equilibrio tra i fattori della coagulazione in senso protrombotico, peggioramento delle prestazioni del muscolo cardiaco e della funzione vascolare, aumento della pressione arteriosa, alterazioni del metabolismo glucidico. La controprova della relazione tra diminuzione degli estrogeni e malattia coronarica è data dalla mole di dati epidemiologici che mostrano una riduzione intorno al 50% del rischio cardiovascolare nelle donne che utilizzano la terapia ormonale sostitutiva in menopausa e dai numerosi studi clinici che dimostrano gli effetti degli estrogeni esogeni nel migliorare sia l'assetto metabolico e coagulatorio sia le funzioni vascolare e cardiaca.
L'osteoporosi, malattia sistemica caratterizzata da una ridotta massa ossea e da un'elevata esposizione a fratture per minimi traumi, colpisce soprattutto il sesso femminile. Le classiche fratture osteoporotiche sono quella del polso, quelle vertebrali e quella del collo del femore che si presenta nella donna in età più avanzata e comporta un rischio elevato di mortalità e inabilità. La causa principale dell'osteoporosi è l'ipoestrogenismo menopausale. Gli estrogeni infatti agiscono bloccando la demineralizzazione attraverso vari meccanismi: migliore assorbimento di calcio dall'intestino, inibizione della perdita di calcio dal tessuto osseo sia attraverso l'azione degli ormoni responsabili del metabolismo calcico sia attraverso un'azione diretta sulle cellule del tessuto osseo.
Un'altra patologia gravemente invalidante di cui è stato evidenziato il legame con la menopausa e con gli estrogeni, è la demenza senile, e in particolare la malattia di Alzheimer. Dagli studi sperimentali emerge infatti il ruolo protettivo degli estrogeni nei confronti dei processi neurodegenerativi cerebrali e il loro effetto neurotrofico, tanto che la somministrazione di estrogeni in postmenopausa sembra ridurre la frequenza e migliorare l'andamento clinico della malattia di Alzheimer. Altri dati infine dimostrano un effetto positivo degli estrogeni sulle funzioni cerebrali quali attenzione, concentrazione e memoria.
4.
La principale terapia della menopausa è quella ormonale sostitutiva, che consiste nella somministrazione di estrogeni a dosaggi tali da poter raggiungere nel sangue i livelli della prima fase del ciclo mestruale, associati a un'adeguata dose di progestinici finalizzata al bilanciamento della stimolazione sull'endometrio da parte degli estrogeni. La terapia ormonale è sicuramente efficace nel risolvere i problemi tipici della menopausa: vampate, sudorazione, tachicardia, insonnia, disturbi dell'umore, secchezza vaginale. Essa cura genericamente anche i sintomi psicologici minori, soprattutto ove si associno a quelli caratteristici neurovegetativi. I disturbi della sessualità ne ricevono beneficio attraverso due principali meccanismi: gli estrogeni, da un lato, migliorando il trofismo della mucosa vaginale, eliminano il dolore durante il rapporto; dall'altro, soprattutto in associazione a basse dosi di androgeni, possono avere un effetto positivo sulla riduzione del desiderio sessuale, che viene influenzato anche dal generico beneficio sull'umore. La terapia ormonale, inoltre, riduce sensibilmente i sintomi secondari alla distrofia urogenitale (v. sopra).
Gli effetti più significativi di questa terapia dal punto di vista del mantenimento della salute nella età postmenopausale riguardano: la riduzione del rischio di infarto del miocardio anche nel caso si sia già presentata una patologia coronarica; ove la terapia sia prolungata per molti anni, una minor frequenza di fratture osteoporotiche sia delle vertebre sia del collo del femore; la diminuzione del rischio di malattia di Alzheimer e del cancro del colon. L'impatto positivo del trattamento ormonale anche sulla qualità di vita è emerso da studi che hanno valutato tale effetto attraverso test standardizzati in differenti aree: generica percezione della salute e del benessere, capacità funzionale in senso fisico, capacità funzionale in senso mentale e cognitivo, sessualità, capacità funzionale in ambito sociale. I possibili svantaggi della terapia ormonale riguardano principalmente un lieve aumento del rischio del tumore mammario nel caso di utilizzazione a lungo termine (superiore a 5-7 anni) e della trombosi venosa, patologia di per sé già molto rara. Nel caso vi siano controindicazioni specifiche, o in presenza di effetti collaterali tali da rendere inaccettabile il trattamento, esistono varie alternative terapeutiche che possono risolvere parzialmente i singoli problemi: farmaci specifici per i disturbi neurovegetativi, terapia locale per i sintomi legati alla distrofia delle mucose genitourinarie, cure mirate al mantenimento della massa ossea e quindi al trattamento dell'osteoporosi. Nell'ambito di quest'ultima area è stata di recente introdotta l'utilizzazione di molecole simili agli estrogeni con specifica azione sul tessuto osseo e nessun effetto su altri organi quali l'utero e la mammella.
1.
La psicologia della menopausa riguarda tanto le manifestazioni oggettive di natura psicologica che la accompagnano, quanto il vissuto soggettivo della donna, conseguenza della cessazione dell'attività ciclica uterina. Al di là delle indicazioni nosografiche generali, indubbiamente esiste in menopausa una grande variabilità individuale per quanto concerne i disturbi di tipo caratteriale (gelosia, aggressività), nevrotico (reazioni ansiose, isteriche, psicomotorie, fobico-ossessive), psicotico (soprattutto dell'area sessuale), disturbi legati comunque alla struttura della personalità di base, che si evidenziano oppure si accentuano in questo particolare periodo critico. In tutti i casi, e specialmente in quelli con disturbi psichici accentuati, è in gioco l'alterazione di un equilibrio affettivo-emotivo consolidatosi nel corso degli anni, alterazione che impone la ricerca di un nuovo adattamento. Quest'ultimo consiste nella soluzione di una crisi di natura esistenziale, detta pure dell'età di mezzo, e al tempo stesso di natura psicosociale, che può condurre all'integrità, nel caso di un'evoluzione positiva, oppure alla disperazione, nel caso di un'evoluzione negativa.
L'integrità corrisponde a un'accresciuta certezza dell'Io di dirigersi verso l'ordine e la significatività, all'accettazione del proprio irripetibile ciclo di vita, percepito come necessario e insostituibile, a un'affettività di tipo postnarcisistico, vale a dire non centrata sull'Io individuale, ma su quello umano, conformemente a un'esperienza di ordine universale. Per contro la disperazione si caratterizza per il sentimento che il tempo è ormai troppo breve per ricominciare un'altra vita, per la mancata accettazione, nella prospettiva della morte, dell'unicità del proprio ciclo vitale, per la tendenza a nascondersi dietro il disgusto oppure dietro tanti piccoli disgusti, i quali insieme non riescono a formare un grande rimorso. Questo è quanto sostiene E.H. Erikson (1982) nella sua teoria sugli stadi di sviluppo della personalità, prevedendo per tutti (uomini e donne) un passaggio difficile dall'età adulta (stadio VII della generatività, contrassegnato dalla preoccupazione di creare e dirigere una nuova generazione, oppure dalla stagnazione e dall'impoverimento personale) all'età senile (stadio VIII, quello appunto dell'integrità/disperazione).
I due principali momenti critici del ciclo di vita femminile, il menarca e la menopausa, non hanno un equivalente maschile. Limitando il discorso alla menopausa, a proposito dell'adattamento in gioco, s'impongono almeno due puntualizzazioni. Anzitutto bisogna tener presente che la menopausa fisiologica, intesa come arresto dell'attività ciclica uterina e cessazione della mestruazione che si verifica fra i 45 e i 55 anni, si colloca all'interno di un lungo processo neuroendocrino chiamato climaterio. Quest'ultimo, essendo legato a una progressiva involuzione ovarica, dura complessivamente una ventina d'anni (dieci anni prima e dieci anni dopo la menopausa), fornendo a ogni donna consapevole e adeguatamente informata la possibilità di prepararsi psicologicamente ed esistenzialmente all'evento. Non succede altrettanto per la menopausa artificiale, la quale s'instaura repentinamente in circostanze patologiche più o meno drammatiche che impongono un intervento chirurgico demolitivo o la castrazione radiologica. Per quanto riguarda la seconda puntualizzazione, di solito si tende a identificare l'adattamento esistenziale della donna in menopausa con vari effetti positivi, quali provare benessere, sentirsi su di morale e comunque soddisfatti di ciò che si è e si fa. Esiste però un altro modo, più obiettivo e realistico, d'intendere l'adattamento: precisamente come reazione o resistenza alle difficoltà, alla solitudine e agli stessi stati depressivi. È quest'ultimo il tipo di adattamento che allo stato attuale è concretamente perseguibile da un buon numero di donne in menopausa che non si sentono in perfetta forma fisica, che magari vivono la solitudine o si percepiscono ingiustamente tradite o anche solo deluse dal coniuge o dagli stessi figli, ormai giovani adulti.
2.
Venendo più direttamente al vissuto soggettivo dell'evento menopausa, occorre innanzitutto tener presente che è nel carattere specifico dell'identità femminile adulta la capacità di ascoltare il ritmo dell'interno del corpo e il suo linguaggio ciclico. Fatta eccezione per i casi di maternità programmata o desiderata, non sorprende dunque se qualsiasi disturbo nel ritmo, e addirittura la scomparsa di quest'ultimo, può essere sperimentata a livello profondo come qualcosa di allarmante e spaventoso, capace di sconvolgere la vita della donna.
Fino agli anni Cinquanta del 20° secolo, l'interpretazione psicoanalitica classica intendeva la menopausa come un lutto da elaborare, come una perdita dai molteplici risvolti che la donna poteva e doveva superare con la rassegnazione e quasi sempre utilizzando le sue sole forze. Attualmente è più diffusa tra le donne una maggiore consapevolezza, vale a dire la convinzione che alcune somatizzazioni con ricorrenza quasi mensile (cefalee, emicranie, coliche di vario tipo) possono essere interpretate in chiave esclusivamente psicogena: si tratterebbe precisamente di una conversione, tale che episodi dolorosi e transitoriamente invalidanti vengono a sostituire il mestruo con periodo analogo. Comunque alla base dell'identità femminile adulta non sta soltanto la ciclicità, ma anche l'armonia, l'equilibrio del corpo. In tal senso il periodo della menopausa comporta un particolare conflitto di revisione-conservazione della propria immagine corporea.
Una ricerca (Nenci 1992), volta a indagare con strumenti ad hoc le esperienze organizzate e organizzanti associate sia alla percezione del proprio corpo sia all'attribuzione di significato alle diverse parti di questo, ha mostrato interessanti differenze fra donne in pre-, peri- e postmenopausa. Sintetizzando al massimo i risultati ottenuti, da un lato il gruppo delle donne in perimenopausa ha evidenziato un'attenzione non funzionale alla conservazione del Sé, vale a dire una destrutturazione della propria immagine corporea in vista di una successiva ristrutturazione vicaria o addirittura evolutiva dell'identità corporea. Dall'altro lato i risultati hanno smentito l'ipotesi secondo la quale la menopausa viene percepita come un attentato all'immagine corporea, attentato diretto in particolare all'identità sessuale. La menopausa sembra piuttosto indurre una trasformazione dell'identità femminile nella sua globalità. Per es. l'importanza attribuita alla testa, rispetto ad altre parti del corpo, sottolinea la mediazione che specie nella postmenopausa questa parte del corpo attua tra la coscienza di un Sé perduto e quella di un Sé in divenire. L'accettazione della perdita sembra dunque aprire un dialogo costruttivo e creativo fra Sé e Sé. In verità è anche possibile che si rimuova tutto ciò che concerne il cambiamento e ci si rifugi in una serie di attività volte a esorcizzare il tempo (massaggi, ginnastica, lifting). In tal modo si corre il rischio che le questioni eluse ritornino con maggior vigore in un periodo successivo, quando sarà ancora più difficile accettare il peso degli anni e il cambiamento. Per contro, quando la crisi non viene misconosciuta, è possibile viverla fino in fondo e, magari ricorrendo a un adeguato sostegno psicologico, riemergerne più consapevoli e capaci di valorizzare le energie e le possibilità ancora inespresse. Indubbiamente il disagio legato al cambiamento assume forme diverse da caso a caso: a volte prevale la preoccupazione per i segni somatici dell'invecchiamento, altre volte la preoccupazione per la salute. Non per nulla la domanda di informazioni mediche, dietetiche, estetiche è spesso pressante nelle donne in menopausa, ma molto dipende dalla personalità della singola donna, dalle sue attitudini e dai suoi interessi.
3.
Il conflitto di revisione/conservazione dell'Io corporeo che l'evento menopausa comporta, si pone al centro del passaggio dall'età adulta all'età senile e costituisce al tempo stesso una fase di ricapitolazione dello sviluppo psicosessuale femminile in cui hanno grande rilevanza le regole e le aspettative sociali a proposito della percezione e denominazione di sensazioni, emozioni e comportamenti femminili. Detta rilevanza deve essere colta in chiave di cultura somatica (Badolato 1992), vale a dire secondo un tipo di approccio in cui il corpo, e in particolare quello femminile, non è soltanto portatore di salute o di malattia, ma è anche il luogo sociale di comunicazione attraverso il quale la donna esprime l'inespresso e, forse, l'inesprimibile.
Specialmente se l'autostima della singola donna dipende dall'esterno, dagli altri, si può verificare uno scollamento tra l'immagine sociale e quella interna, con conseguenze talora drammatiche. Infatti, venendo meno quanto confermava la donna nel suo esistere (bellezza, capacità riproduttiva, funzione di madre-nutrice), si può instaurare un senso di vuoto, di inutilità e il timore di non essere più apprezzabile sessualmente, in particolare da parte del partner. Si tratta in definitiva di una sensazione di perdita di valore paragonabile al pensionamento. In questa linea persistono tendenze socioculturali che a tutti i costi vogliono la donna dopo la menopausa rassegnata e priva di creatività. Come reazione consapevole a tali tendenze, ma più spesso come entrata in funzione di un meccanismo inconscio di difesa di un Io fragile e dipendente dagli altri, sono interpretabili una molteplicità di comportamenti incongrui di donne attempate che vanno dal mettersi in competizione per bellezza ed eleganza con le proprie figlie, al desiderio intempestivo e a tutti i costi di maternità, oppure alla ricerca di avventure con uomini molto più giovani, se non addirittura adolescenti.
Verosimilmente non sarà tanto in forza di questi comportamenti femminili divergenti se la cultura somatica vigente potrà cambiare in senso positivo, quanto in forza del ruolo attivo svolto sia dalle donne stesse sia dai professionisti, peraltro sempre meno raramente anche loro donne (medico, endocrinologo, ginecologo, psicologo, psichiatra) che in centri specializzati pubblici e privati prestano la loro opera a sostegno delle donne in menopausa. Anche un'adeguata informazione da parte dei mass media è in grado di svolgere un'importante funzione trasformativa. La menopausa non più vissuta sotto il segno della perdita, ma in senso costruttivo, significherebbe la liberazione di un enorme serbatoio di energie da spendere sia nel contesto familiare sia nel più ampio contesto sociale, in ogni settore della vita civile.
G. Badolato, Cultura somatica e identità femminile nel periodo del climaterio, in Il corpo femminile in evoluzione, a cura di A.M. Nenci, Torino, Bollati Boringhieri, 1992, pp. 18-35.
E.H. Erikson, The life cycle completed, New York-London, Norton, 1982 (trad. it. Roma, Armando, 1984).
M.C. Lennon, Is menopause depressing? An investigation of three perspectives, "Sex Role", 1987, 17, pp. 1-164.
The menopause, ed. J.W.W. Studd, M.I. Whitehead, Oxford, Blackwell Scientific Publications, 1988.
A.M. Nenci, L'attenzione al corpo e la differenziazione sessuale nella donna in transizione menopausale, in Il corpo femminile in evoluzione, a cura di A.M. Nenci, Torino, Bollati Boringhieri, 1992, pp. 36-56.
La terapia ormonale in climaterio e in postmenopausa, 1ª Conferenza nazionale di consenso e di formazione in scienze ginecologiche ed ostetriche: Madonna di Campiglio 17-23 marzo 1996, a cura di A.R. Genazzani, L. Zichella, F. Petraglia, Roma, CIC, 1996.
Treatment of the postmenopausal woman. Basic and clinical aspects, ed. R.A. Lobo, New York, Raven Press, 1994.