CARDUCCI, Meo (Bartolomeo)
Di questo mercante fiorentino attivo nella prima metà del secolo XIV ignoriamo la data esatta di nascita. Era figlio di Riccardo detto Carduccio, del fu Buonamico, del "popolo" dei SS. Apostoli, e può essere considerato il capostipite di una famiglia Carducci, più volte rappresentata nelle massime cariche della Repubblica.
Secondo N. Verino (Libri tre "de illustratione urbis Florentie", Parigi 1790) la famiglia Carducci sarebbe un ramo della famiglia Buonaiuti; l'Ammirato ne sostiene la discendenza dai Buonamici. Quest'ultima tesi è confermata da alcuni documenti del tempo, dai quali risulta che il padre del C., Carduccio, era figlio di un Buonamico dei Buonamici. Carduccio ebbe due mogli: dalla prima, di cui ignoriamo il nome, nacquero Meo e Vanni; dalla seconda, Vanna del fu Bartolomeo Bonaccino, Filippo e Andrea.
A quanto risulta, tutta la carriera mercantile del C. si svolse nell'ambito della compagnia degli Acciaiuoli: fu infatti socio, almeno a partire dal 1324, di Dardano Acciaiuoli e di Giovanni Buonaccorsi, il maggiore dei soci della compagnia non appartenente alla famiglia Acciaiuoli. Il 7 marzo 1324 il C. pagava a Piacenza, appunto come rappresentante della società, la somma di 20.000 fiorini d'oro al legato pontificio Bertrando del Poggetto "pro cambio florenorum 20.800 auri receptorum a camerario Papae in civitate Avenione" (Jean XXII, Lettres…).
In questo periodo di tempo, tra il 1324 e il 1327, il C. si trovava al servizio del cardinale Bertrando del Poggetto: accanto a quest'ultimo le fonti ce lo presentano infatti attivo a Piacenza, a Parma, a Bologna, a Faenza (cfr. Renouard, Le compagnie commerciali).Come tesoriere del legato, suo compito era soprattutto quello di provvedere al pagamento degli stipendi dei mercenari al soldo della Chiesa e all'amministrazione dei fondi di guerra inviati, per suo mezzo, da Avignone. Poiché i papi di Avignone, per far giungere ai loro sottoposti in Italia messaggi e direttive su argomenti di particolare delicatezza, si valsero sovente di uomini di affari di loro fiducia - i quali godevano, in quanto operatori economici, di una maggiore libertà di movimento rispetto ai dignitari ecclesiastici -, è forse probabile che il C. svolgesse allora in realtà anche la funzione di inviato speciale del pontefice e di tramite fra quest'ultimo e il cardinale legato, funzione che continuò a svolgere anche in seguito, come sembra far presupporre uno spiacevole episodio occorsogli nel 1335. In quest'anno il C., che era stato inviato "pro certis negotiis" "in partibus Lombardie" da Giovanni XXII, venne arrestato, spogliato delle sue sostanze e trattenuto in carcere per ordine di Rolando, di Marsilio e di Pietro Rossi, allora signori di Parma e in lotta con la Chiesa. La vicenda ci è nota attraverso una lettera pontificia del 23 luglio 1335, nella quale il papa Benedetto XII ingiungeva al vescovo di Parma e ai Rossi "cum, bonis suis libertati promptius restituant" il mercante fiorentino.
Secondo l'Ammirato, che non cita le sue fonti, il C. morì a Messina, dove è probabile che si trovasse sempre per conto della compagnia degli Acciaiuoli. Si ignora tuttavia la data precisa della sua morte, che dovette avvenire probabilmente intorno alla metà del secolo XIV, e comunque prima del 1370 in quanto il nome del C. è menzionato, sia pure indirettamente, come quello di persona già scomparsa in un documento di quell'anno, relativo ad un compromesso tra Giovanni, Andrea e Beltramo, figli di uno dei fratelli del C., Andrea, e Iacopo e Riccardo figli dell'altro fratello Vanni, a proposito della eredità del loro zio Meo.
Il C. ebbe, secondo l'Ammirato, un figlio, Angiolo, e una figlia, Bartolomea che sposò Chele Angelotti. Benedetto Dei attribuisce invece al C. i seguenti figli: Andrea, Filippo e Felice.
Tra i discendenti più famosi del Carduccio si ricordano Giovanni di Andrea, il quale ricoprì cariche pubbliche in Firenze (fu, tra l'altro, dei Priori nell'anno 1380) e che non fu estraneo al mondo degli operatori economici, se poteva fare un prestito di 11.000 fiorini d'oro all'antipapa Giovanni XXIII. Suo figlio, Filippo, fu gonfaloniere nel 1417e nel 1439. Ottenne inoltre dall'imperatore Giovanni Paleologo, il quale si trovava allora a Firenze per assistere al XVII concilio ecumenico, il titolo di conte palatino e il privilegio di poter inserire nello stemma gentilizio della famiglia l'aquila d'oro con due teste in campo rosso.
Fonti e Bibl.: Arc. di Stato di Firenze, Carte Dei, sub voce Carducci; Firenze, Bibl. nazionale, Poligrafo Gargani, sub voce Carducci; Jean XXII, Lettres communes, a cura di G. Mollat, XI, Paris 1929, n. 20361; Benoit XII, Lettres closes et patentes intéressant les pays autres que la France, a cura di J. M. Vidal-G. Mollat, Paris 1950, n. 447; G. Cavalcanti, Istorie fiorentine, a cura di G. Di Pino, Milano 1944, p. 274; S. Ammirato, Famiglie nobili fiorentine, I, Firenze 1615, pp. 198 s.; Delizie degli eruditi toscani, IX(1777), p. 67; L. Cantini, Saggi d'antichità toscane, I, Firenze 1796, pp. 17 s.; D. Tiribilli-Giuliani, Sommario storico delle famiglie celebri toscane, I, Firenze 1885, pp. 1-3; Y. Renouard, Le compagnie commerciali fiorentine del Trecento, in Arch. storico italiano, XCVI(1938), p.50; Id., Les relations des papes d'Avignon et des compagnies commerciales et bancaires de 1316 à 1378, Paris1941, pp. 14, 401 s., 412, 427 s.