MERCATI
– Famiglia lucchese i cui esponenti compaiono numerosi nella documentazione dalla metà del XIII secolo.
Benché si reperiscano attestazioni della casata non rare e di una qualche compattezza già duecentesca, non risulta altrimenti documentabile l’asserzione dell’erudito lucchese B. Baroni, secondo cui i M. sarebbero stati «nobili del 1200» (c. 84r); certo è che uno dei rami principali manifestò ben presto la tendenza al concentramento dei possedimenti in un’area urbana ubicata nei pressi della chiesa di S. Salvatore in Mustolio, dove si sarebbe radicata nel corso del secolo XIV la discendenza di Guglielmo di Mercato di Davino, padre del «dominus» e «legum doctor» Lodovico, il membro di maggior spicco nella storia trecentesca della casata. Una casa «filiorum Mercati» è peraltro attestata da un documento del 1269 che tuttavia non fornisce indicazione della contrada (Archivio di Stato di Lucca, Diplomatico, Certosa, 21 febbr. 1269); una carta del 1306 fu rogata nella volta della torre o bertesca «filiorum Mercati et consortium» (ibid., 11 giugno 1306); di un Mercato del fu Betto è noto che risiedeva nel braccio di S. Lucia verso Fillungo nel 1324. L’area di immigrazione dal contado è probabilmente quella di Segromigno, dove ancora agli inizi del Trecento compaiono attestazioni di proprietà dei figli di un fu Mercato, in particolare di Bendinello che, trasferitosi di lì a poco a Lucca, vi avrebbe esercitato il mestiere di caseario nella contrada di S. Sensio (ibid., 30 luglio 1310); nella casa dei «filii Mercati» veniva steso un atto di allocazione di beni situati in quella zona (1299). Significativo pare inoltre che ancora il 6 maggio 1370 Lodovico, avvocato del Comune, intercedesse in favore degli abitanti di Segromigno, che lamentavano l’insostenibilità dei carichi tributari. Lo stato delle carte lucchesi non consente di ricostruire l’articolazione dei diversi rami della famiglia nel secolo XIII; numerosi suoi membri – fra tutti va ricordato almeno Ranuccio, attivo tra 1269 e 1284 – si affermarono con la professione notarile, che consentì il consolidamento della loro posizione e l’avvio di un percorso di avvicinamento ai vertici dell’amministrazione comunale; poco cospicua in quel secolo la componente dedita alle pratiche mercantili, che sarebbero state invece perseguite nel corso del Trecento e del secolo successivo; tuttavia un Vanni di Gerardo è attestato come mercante verso il 1300 (ibid., S. Croce, 24 maggio 1301). L’ascesa dei M. era cosa fatta all’inizio del Trecento, quando l’avvento della legislazione popolare ne sancì con lo statuto del 1308 il bando dalla vita pubblica insieme con numerose altre famiglie di «potentes et casatici»; è verosimile che alcuni membri si siano in quella circostanza allontanati da Lucca per cercare fortuna altrove: significativamente meno numerose si fanno in effetti le attestazioni documentarie tra la fine del primo e il terzo decennio del Trecento.
All’epoca della signoria di Castruccio Castracani alcuni membri della famiglia trovarono una nuova via di affermazione: emergono la figura del «dominus» Apollinare – che, già detentore di cariche come quella di giudice della Vicaria di Camaiore nel 1327, avrebbe raggiunto la carica di anziano nel 1322 in veste di rappresentante del quartiere di Porta S. Frediano – e quella del figlio di lui, Betto; forse ancora più notevole l’affermazione di Mercato, notaio e già collettore di tasse al tempo di Castruccio: figlio di un Davino attestato come «pannarius» in documenti del 1291 e del 1292, cancelliere del Comune nei primi anni del secolo XIV, nel corso degli anni Trenta Mercato avrebbe ricoperto con continuità incarichi di ufficiale, beneficiando pure dell’anzianato come rappresentante di Porta S. Donato fra il 1331 e il 1332. Quando nel 1331 Giovanni di Lussemburgo re di Boemia richiese ai Lucchesi un giuramento di fedeltà, risultavano tra i presenti, oltre a Puccinello e a Betto di Apollinare, anche Coluccino, Giuntino e Bernardo, fratelli e figli del defunto ser Dino, che già esercitavano a Bologna e a Venezia l’attività di mercanti, e il «dominus Guillelmus ser Mercati de Mercatis», rientrato a quanto pare per l’occasione, anche se una lacuna nel manoscritto dei capitoli del giuramento non consente di stabilirne la provenienza. Questo Guglielmo giudice e uomo politico di primo piano, fu il membro più attivo del casato nei decenni a cavallo del secolo. Nato verosimilmente poco dopo il 1300, nel 1339 fu console della Curia dei Foretani; ricoprì la carica di anziano nel 1341-42, nel 1345, nel 1347, nel 1350-51, nel 1353 e nel 1355; le fonti lo ricordano come ambasciatore in due occasioni, quando nel febbraio 1345 si recò a Pisa per chiedere sgravi fiscali al governo di quella città, cui Lucca fu sottoposta dal 1342 al 1369; e ancora nel 1360, allorché si trattò di una non meglio specificata «composizione». Nel 1343 egli rinnovava il proprio diritto di proprietà su un «chiasso» (cortiletto) posto in prossimità della sua abitazione; possedeva un edificio di almeno due piani, provvisto di corte e recintato da un muro; in quella casa nella contrada di S. Maria in Corteorlandini sarebbe stato rogato nel 1351 un atto di vendita relativo a beni ubicati a Ciciana, Saltocchio, San Pietro a Vico e Antraccoli (Arch. di Stato di Lucca, Diplomatico, Recuperate, 16 apr. 1351); Guglielmo era inoltre detentore di proprietà a Camaiore e in alcune zone del contado lucchese.
Figlio di Guglielmo fu Lodovico; nato intorno al terzo decennio del Trecento, ricordato nelle fonti come «legum doctor» fin dagli anni Sessanta, godette di un grande prestigio di cui fanno fede i numerosi incarichi attribuitigli dalle istituzioni cittadine; nel settembre 1369 fu inviato ambasciatore al papa Urbano V insieme con Enrico degli Obizzi, con il delicato compito di perorare la causa dei Lucchesi debitori alla Camera apostolica di ben 50.000 fiorini.
La sua attività si fece assai intensa proprio a partire dagli anni difficili della recuperata libertà dalla soggezione pisana (6 apr. 1369), quando si resero necessarie numerose radicali riforme per l’adeguamento delle istituzioni consiliari e amministrative al mutato assetto degli ordinamenti comunali. Proprio in quella cruciale situazione fu anziano e quindi vessillifero (1370), cariche che non ebbe però modo di ricoprire in seguito; fu ripetutamente chiamato a far parte di Balie e commissioni cui era delegata la funzione di risolvere l’ordinaria e la straordinaria amministrazione; i volumi delle Riformagioni del Consiglio generale conservano memoria della sua partecipazione continuativa alle assemblee consiliari, come membro del Consiglio generale e di quello più ristretto dei Trentasei, dove prese la parola in numerose occasioni esprimendo pareri anche in qualità di invitato; fece parte di commissioni di notevole importanza incaricate di decidere su questioni riguardanti la giurisdizione interna della città e il consolidamento delle prerogative acquisite con il ripristino della libertà.
Il 14 dic. 1371 fu eletto tra i cittadini incaricati di riformare lo statuto del Comune e nel 1372 fu compreso con altri otto, tra cui Bartolomeo Forteguerra, tra i riformatori dello statuto della gabella, previsto dal Consiglio generale alla fine del 1370. Fu inoltre membro del Collegio dei giudici e dei notai, in seno a cui detenne incarichi direttivi; ricoprì con continuità il ruolo di giudice delle Vicarie.
Alcuni documenti datati tra la fine degli anni Settanta e la fine del decennio successivo ricordano Lodovico come acquirente di proprietà nel contado, nella zona di Arliano, presto destinate all’allocazione; anche in area urbana egli acquistò beni immobiliari, soprattutto nella contrada di S. Maria in Corteorlandini in cui risiedeva e svolgeva l’attività di causidico e dove verosimilmente aveva ampliato i possessi paterni (un documento del 1395 ricorda la «casa in la corte là u è il posso in la quale è usato di mangiare di state messer Lodovico», Il memoriale di Iacopo di Coluccino Bonavia, p. 93); il 4 marzo 1384 affittò tra l’altro al cronista lucchese Giovanni Sercambi una casa con due solai mastri con corte, pozzo, pergolato e «arcicasa» (magazzinetto), per la considerevole somma di 20 fiorini.
Lodovico aderì al partito dei Forteguerra, opposto ai Guinigi nella contesa per il potere; è anzi rimarchevole che fosse uno dei giudici di spicco di quella fazione che, nel complesso non differente da quella guinigiana quanto all’estrazione sociale dei suoi componenti, se ne distingueva proprio per la consistente presenza di uomini di legge, come lo stesso Bartolomeo Forteguerra. L’attrito tra i due partiti, contenuto entro limiti di tollerabilità almeno fino al 1384, quando morì Francesco Guinigi, si fece con gli anni sempre più evidente; quando nel luglio del 1392 avvenne lo scontro decisivo, Lodovico, certo implicato, non ebbe a patire conseguenze drammatiche: pur avendo perduto molto dell’antico credito, non fu compreso tra i banditi dalla parte avversaria; tornò anzi, sia pur con frequenza notevolmente minore, a ricoprire funzioni di consigliere e di membro in alcune Balie. Scomparve dalla scena politica intorno alla metà degli anni Novanta, epoca a cui probabilmente data la sua morte.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Lucca, Diplomatico, Archivio di Stato, 23 sett. 1287; 5 ag. 1304; 5 nov. 1373; Bigazzi (acquisto), 11 genn. 1292; 25 febbr. 1343; Certosa, 21 febbr. 1269; 6 ott. 1285; 14 nov. 1299; 11 maggio 1300; 27 maggio 1300; 11 giugno 1306; 30 maggio 1310; 30 luglio 1310; 4 apr. 1339; Fregionaia, 19 apr. 1291; 11 giugno 1301; 24 genn. 1332; 26 apr. 1336; 19 dic. 1337; 10 maggio 1339; 5 nov. 1343; 13 dic. 1345; 21 ott. 1348; 22 nov. 1353; 19 sett. 1356; 13 apr. 1359; 21 febbr. 1378; 9 ag. 1385; 30 sett. 1386; 19 marzo 1389; Mazzarosa-Cittadella, 8 ag. 1392; Miscellanee, 8 genn. 1296; Recuperate, 4 dic. 1339; 16 apr. 1351; S. Nicolao, 25 genn. 1303; S. Ponziano, 13 dic. 1281; S. Romano, 16 luglio 1366; 28 maggio 1284; S. Croce, 22 luglio 1265; 27 apr. 1285; 24 maggio 1301; 26 febbr. 1324; 6 dic. 1332; 2 marzo 1334; S. Agostino, 5 nov. 1280; S. Maria Forisportam, 1° giugno 1281; S. Maria in Corteorlandini, 27 nov. 1371; 19 apr. 1303; 20 ag. 1331; 31 maggio 1381; Serviti, 16 sett. 1310; Spedale di S. Luca, 5 nov. 1278; 21 nov. 1296; 6 febbr. 1326; Consiglio generale, 1-12; 702, pp. 3, 11, 63, 71, 136, 177; 703; Libri di corredo alle carte della Signoria, 4, c. LIIIIr; Biblioteca manoscritti, 126: B. Baroni, Alberi di famiglie, III, c. 84r; Capitoli, 52, pp. 8, 49, 84, 89, 105, 111, 133, 137; G. Sercambi, Croniche, a cura di S. Bongi, Roma 1892-93, ad ind.; R. Archivio di Stato in Lucca, Regesti, II, Carteggio degli Anziani, a cura di L. Fumi, Lucca 1903, ad ind.; Anziani avanti la libertà. Lucca, 1330-1369, a cura di S. Nelli - G. Simonetti, I, Lucca 2007, ad ind.; Il memoriale di Iacopo di Coluccino Bonavia medico lucchese, a cura di M. Pittino Calamari, in Studi di filologia italiana, XXIV (1966), pp. 85 s., 93 s., 182, 291, 293, 352; C. Meek, Lucca 1369-1400, Oxford 1978, ad ind.; A. Romiti, Le commissioni parlamentari lucchesi agli albori della Repubblica (1369-1370), in Actum Luce, VIII (1979), pp. 94, 98, 105, 107 n., 119, 124, 144; Giovanni Sercambi e il suo tempo (catal.), Lucca 1991, p. 94; L. Green, Lucca under many masters, Firenze 1995, ad indicem.
F. Ragone