mercatismo
Fiducia assoluta nelle logiche liberiste del mercato, con particolare riferimento al commercio e alla finanza internazionali, in assenza di regolamentazione e controllo pubblico. Il termine, utilizzato in senso spregiativo, è un neologismo coniato per denunciare la condizione dell’economia e della politica mondiali del nuovo millennio, sviluppatesi in concomitanza con il fenomeno della globalizzazione (➔). In questo senso, il m. è associato al primato del mercato su ogni altra forma sociale e culturale, che ridurrebbe l’individuo a semplice consumatore, in balia di immagini commerciali che si sostituirebbero ai valori civili, morali e religiosi. Con riferimento al passaggio all’economia di mercato dei Paesi ex comunisti, e della Cina in particolare, il m. è stato addirittura paragonato al comunismo (➔) come nuova ideologia che governa la vita economica e politica degli individui.
Il riferimento alla logica mercatista è utilizzato da alcuni (per es. da G. Tremonti, La paura e la speranza, 2008) per sostenere la necessità di una regolamentazione e di una vigilanza internazionali, nonché politiche di tipo parzialmente protezionistico (➔ protezionismo), preservando, all’interno dei Paesi sviluppati, le imprese dalla concorrenza di quelle estere, soprattutto dei Paesi emergenti, e le istituzioni monetarie dal rischio di fuga di capitali associato alle crisi finanziarie internazionali. Queste risposte di politica economica contrastano con la lezione della teoria economica standard, che ha identificato già dai tempi di A. Smith (➔) e D. Ricardo (➔) i vantaggi derivanti dal commercio, ma sono ricorrenti durante periodi di crisi economica mondiale, per es. nella grande depressione (➔) del 1929 e, in misura minore, nella grande recessione seguita alla crisi finanziaria del 2007.
Dal punto di vista teorico, il principio della concorrenza perfetta, su cui si fonda il pensiero economico liberista, non è, come pensano i cultori del m., sinonimo di assenza di regole e di laisser faire (➔), ma piuttosto individua caratteristiche ideali che permettono ai mercati di assicurare un’allocazione efficiente delle risorse tra gli individui. È allora compito del policy making avvicinare la realtà economica a quella, irraggiungibile, di concorrenza perfetta: imponendo regole adeguate agli agenti, controllando e, se del caso, sanzionando i loro comportamenti anticompetitivi attraverso istituzioni appropriate. Esistono, infine, secondo la teoria economica standard, situazioni di fallimento del mercato (➔ mercato, fallimenti del), in cui anche la concorrenza perfetta non è in grado di assicurare un’allocazione efficiente, per es. nel caso di beni pubblici (➔ bene pubblico p) o in presenza di esternalità (➔). In tali mercati, un’attiva politica economica permette di raggiungere risultati preferibili in termini di benessere degli individui e delle società.