EURODOLLARO, Mercato dell'
Si tratta dell'insieme dei depositi e crediti, denominati in dollari SUA, in essere presso banche operanti in Europa. Il termine e. è solo un modo spedito per indicare l'uso bancario fatto dagli europei della moneta nordamericana; l'e., infatti, è una moneta immaginaria, cioè non coniata né stampata; esso, anzi, non viene neanche usato espressamente nelle registrazioni contabili delle banche e degli operatori che lo trattano, in quanto i debiti e i crediti relativi sono direttamente riferiti al dollaro SUA. Il termine, quindi, ha un contenuto prevalentemente economico e appartiene al gergo degli uomini di affari e degli economisti; entra nella sfera giuridica solo per il largo uso internazionale.
La nascita del mercato dell'e. è individuata da taluni nel momento in cui, negli Stati Uniti, la proibizione di remunerare i depositi a vista e la limitazione dei tassi corrisposti su quelli a tempo (la cosiddetta "Regola Q") sono divenute così stringenti che le banche hanno cercato rimedio installando filiali prima nella City di Londra - tuttora il principale centro finanziario del mercato dell'e. - poi in numerose altre piazze europee. Altri, invece, pongono all'origine di questo mercato lo spostamento, appunto da New York a Londra, dei depositi in dollari di proprietà dei paesi comunisti disposto dalla Moscow Narodny Bank, per il timore di un loro blocco nascente dall'acuirsi dalla "guerra fredda" tra gli Stati Uniti e l'URSS.
Qualunque sia stata l'origine contingente, l'esistenza dell'euromercato - come viene anche chiamato in un'accezione più ampia che include le operazioni in qualsiasi valuta estera (dollari, sterline, marchi, franchi, ecc.) - poggia in via permanente sulla convenienza a operare in esso piuttosto che in altri mercati e sul fabbisogno di valuta per il commercio mondiale, che non può essere soddisfatto con il solo ricorso all'oro e ai diritti di prelievo presso il Fondo monetario internazionale. I depositi di dollari in Europa possono anche presentare quello che i tecnici chiamano un minor "rischio politico"; tuttavia sono le più favorevoli condizioni di remunerazione dei depositi e di costo dei crediti nonché l'elevata preparazione professionale delle banche a dare il tono al sistema.
Nelle statistiche ufficiali, curate dalla Banca dei Regolamenti Internazionali e pubblicate nella sua Relazione annuale, l'ampiezza del mercato coincide con l'area dei paesi che si sono impegnati a riferire sistematicamente sulle consistenze dei depositi e dei crediti in dollari e in altre valute estere presso i rispettivi sistemi bancari. Questi paesi sono: BelgioLussemburgo, Francia, Italia, Germania Federale, Olanda, Regno Unito, Svezia e Svizzera, cui si aggiungono Canada e Giappone che non fanno parte in senso proprio dell'euromercato. Nelle statistiche di fonte privata, quali quelle pubblicate mensilmente dalla Morgan Guaranty Trust Co. di New York nel suo World Financial Markets, l'area censita è più ampia e comprende, oltre ai 10 paesi indicati, il Libano, le Bahamas e Singapore.
Esiste anche una definizione "netta" della dimensione dell'euromercato ottenuta, sempre dalla BRI, deducendo dal totale lordo le posizioni intrattenute tra banche dell'area censita, considerando come non avvenute le conversioni delle valute in moneta nazionale, e apportando correzioni tali da equilibrare l'attivo e il passivo bancario in e. e altre eurovalute (euromarchi, eurosterline, eurofranchi, ecc.).
Il termine e. viene anche usato, erroneamente, per indicare tutte le negoziazioni di dollari al di fuori degli Stati Uniti; quest'uso improprio è fonte di confusione e meglio si adatta allo scopo il termine xenodollaro (o, più in generale, xenovaluta), che trova una specificazione nell'e., nel libandollaro, nell'asiadollaro, ecc. Di recente è invalso l'uso del termine petrodollaro (v. in questa App.), a indicare i proventi in dollari dei paesi produttori di petrolio. Tale termine comprende sia i fondi tenuti dai paesi OPEC sul mercato degli xenodollari, sia quelli depositati negli Stati Uniti. Per definire questa categoria di depositi e, più in generale, i depositi di non residenti nel paese emittente della valuta usata (dollari negli Stati Uniti, marchi in Germania, ecc.) non esiste un termine specifico; la Banca d'Italia, nella sua Relazione annuale, li definisce liquidità internazionale di base [sin.: base monetaria internazionale (IMB) o dollari di base].
Il diverso modo di distinguere i depositi in valuta dei non residenti riflette un metodo di analisi del mercato dell'e. che s'ispira alle idee della scuola bancaria, favorevole al controllo del meccanismo di moltiplicazione monetario. Esso collega direttamente i disavanzi di liquidità di base della bilancia dei pagamenti nordamericana, che sono appunto i depositi bancari acquisiti dai non residenti, con il volume di xenodollari o, più limitatamente, di eurodollari. La moltiplicazione monetaria si realizza se la titolarità di quei depositi viene trasferita a banche operanti fuori dagli Stati Uniti, che accendono in contropartita uno xeno o eurodeposito, e da queste ritrasferita sotto forma di credito. Il multiplo, ossia il numero dei giri fatto dal deposito in dollari sul mercato degli xenodollari o dell'e., dipende dalle perdite (leakage) del circuito, cioè dalla possibilità che il deposito, o una parte di esso, venga trattenuto inerte negli Stati Uniti da un operatore privato o da un'istituzione ufficiale (che lo tiene "a riserva"); o venga usato per pagamenti a operatori nordamericani; o venga cambiato in altre valute.
Alcuni studiosi soffermano l'attenzione soprattutto sull'esistenza dei coefficienti di perdita, che valutano elevati sul mercato dell'e., per negare l'utilità del metodo descritto nella spiegazione della dimensione del mercato e delle sue possibilità di moltiplicazione. Questi studiosi preferiscono considerare l'e. un'appendice del sistema bancario nordamericano e gli eurocrediti sostituti più vantaggiosi dei normali crediti in moneta nazionale. Da questa interpretazione deriva implicitamente una filosofia contraria ai controlli ufficiali e una difesa dell'attuale status del mercato.
Altri analisti s'ispirano invece alle idee della scuola monetaria, nella loro versione moderna, ma sempre contraria ai controlli. Essi sostengono che la natura dei depositi di e. non è quella bancaria tipica, cioè di moneta creata da un processo di moltiplicazione, ma si avvicina più all'attività da reddito. Il volume di eurodepositi non è quindi fissato dalla quantità di base monetaria internazionale creata dai disavanzi della bilancia nordamericana e trattenuta dalle banche, ma dalla domanda degli operatori alla ricerca di un'allocazione ottima dei loro risparmi. Le banche operanti in e. vengono perciò assimilate agl'intermediari non bancari, che la teoria, seguita in questo caso dalla pratica, suggerisce in maniera concorde di non sottoporre a vincoli in quanto raccoglitori di risparmio e non creatori di mezzi monetari.
L'esame degli strumenti finanziari usati dalle banche per le operazioni in valuta estera, pur presentando peculiarità, non agevola la soluzione della disputa. Molte banche, inoltre, in quanto partecipanti al processo di moltiplicazione monetaria all'interno del paese d'appartenenza, registrano nello stesso bilancio sia i depositi in moneta nazionale, sia quelli in valuta. Anche questi ultimi sono prelevabili a vista, non a mezzo di assegno, ma sovente per telex o telefonicamente; altri sono prelevabili con un minimo di preavviso o alla scadenza: quella più frequente è di 3 mesi e il tasso relativo è comunemente considerato l'indicatore più significativo dell'andamento della raccolta eurobancaria.
Gli scambi di fondi tra banche rappresentano una larga quota dell'attività dell'euromercato; il tasso relativo, detto Ibor (Interbank best offered rate) o Libor (se a Londra) viene preso a base di numerose operazioni di credito ed è quello che denota le variazioni nello stato di liquidità dell'euromercato. Su questo tasso si applica una maggiorazione (spread) che varia da cliente a cliente, secondo il tipo di operazione, la durata, il rischio ed eventuali altri fattori. Le forme scelte per il credito mutano rapidamente, denotando la grande capacità di adattamento dell'euromercato alle mutevoli condizioni del commercio mondiale; in epoca recente, per es., le operazioni a rinnovo automatico (rollover) e a tasso fluttuante si sono dimostrate adatte a conciliare le richieste di una durata minima del credito con l'estrema mobilità e i rapidi mutamenti nella remunerazione dei depositi. Per frazionare tutti questi rischi le banche, in caso di operazioni di grosso importo, si riuniscono in consorzio.
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