mercato finanziario
Luogo in cui vengono negoziate attività finanziarie. M. in senso generale è un’espressione riassuntiva del processo attraverso il quale decisioni di consumo delle famiglie, di produzione delle imprese e di lavoro degli individui sono rese compatibili mediante aggiustamenti dei prezzi, ovvero tramite una serie di accorgimenti per i quali acquirenti e venditori di un bene, di un servizio o di un fattore produttivo, vengono in contatto per negoziarne lo scambio.
I m. si distinguono secondo varie classificazioni dicotomiche: m. f. a pronti contro m. f. a termine, m. f. primari contro m. f. secondari, m. f. di borsa contro m. f. fuori borsa, m. f. azionari contro m. f. obbligazionari. Sui m. f. a pronti (spot) le transazioni sono regolate immediatamente, nel m. f. a termine (forward e futures) lo scambio viene eseguito in epoca successiva rispetto a quella della stipula. Sul m. f. primario sono collocati titoli di nuova emissione, su quello secondario titoli già in circolazione. Le borse sono m. f. regolamentati ove si praticano negoziazioni standardizzate sotto il controllo di un’autorità garante, i m. f. fuori borsa sono detti nel linguaggio f. over the counter (➔). Sui m. f. azionari si negoziano azioni, su quelli f. obbligazionari obbligazioni e altri titoli a reddito fisso; di particolare importanza i m. f. dei titoli del debito pubblico. Grande rilievo hanno assunto nell’ultima parte del 20° sec. i m. f. dei derivati, sui quali sono trattate opzioni e swap. Sui m. f. valutari si commerciano valute. Sui m. f. azionari e obbligazionari operano investitori, emittenti e intermediari. Sui m. f. dei derivati e su quelli valutari, soggetti ispirati da motivazioni di copertura (hedgers), speculatori e arbitraggisti.
I m. f. hanno molteplici funzioni. Canalizzano il trasferimento di risorse dalle unità eccedentarie (cioè che hanno disponibilità in eccesso rispetto alle loro esigenze immediate) a quelle deficitarie; trasferiscono i rischi da soggetti con maggiore a quelli con minore avversione (➔ avversione); consentono la costruzione e la contrattazione di prodotti dai profili di rendimento e di rischio che meglio si adattano alle esigenze di ogni operatore. La loro attività è vitale per il funzionamento del sistema economico. Tuttavia, non operano sempre in modo ordinato: eccessi di speculazione, abbinati all’offerta di prodotti complessi di difficile decifrazione anche per gli specialisti più raffinati, possono condurre a bolle speculative o a fallimenti clamorosi di istituzioni f. e di Stati sovrani. Per tali motivi, essi sono soggetti a regolamentazioni piuttosto stringenti e al controllo e alla supervisione di autorità indipendenti, su scala internazionale.
È costituito dalla combinazione di asset che riflette (riproduce) il valore di tutti i titoli a rendimento aleatorio negoziati in un certo mercato. Per es., se il valore complessivo delle azioni di una società quotata in un certo m. f. è il 5% della capitalizzazione totale, il portafoglio di m. comprenderà una proporzione del 5% di azioni di quella società. Un concetto chiave del modello CAPM (➔), in cui accanto a n titoli a rendimento aleatorio vi sia anche di un titolo non rischioso, è che tutti i portafogli efficienti in media-varianza (o in media-deviazione standard) sono combinazioni (in quote variabili) dell’attività non rischiosa e di un unico portafoglio aleatorio. Esso è appunto quello di mercato. In particolare, quando la quota del titolo non rischioso è pari a 0, il portafoglio efficiente è quello di mercato, il quale risulta composto esclusivamente da attività rischiose.
Coefficiente che, moltiplicato per il numero di unità di rischio di m. presenti in un titolo (o in un portafoglio), fornisce la componente (aggiuntiva rispetto al puro prezzo del tempo) del rendimento che compensa l’assunzione del rischio incorporato nel titolo. Dato il m. cui si riferisce, tale coefficiente è ovviamente il medesimo per tutte le attività negoziate su quel m. (è appunto un prezzo unitario del rischio).