MERCHANDISING
Con il termine inglese m., entrato anche nell'uso corrente italiano e inteso nella sua più ampia accezione, si definisce l'organizzazione e la promozione della vendita di una vasta gamma di prodotti o servizi attraverso lo sfruttamento del valore suggestivo, per lo più di carattere estetico e di gusto, che nomi, figure, segni assumono presso i consumatori.
Lo strumento di questa particolare forma di commercializzazione è il contratto di m. mediante il quale l'imprenditore, titolare del nome, della figura o del segno, ne concede l'uso a un altro imprenditore per promuoverne o per contrassegnarne i prodotti. In Italia, ove questa prassi commerciale si è diffusa nell'ultimo decennio, oggetto di m. sono in prevalenza marchi d'impresa per la carica simbolica e suggestiva che assumono, tale da suscitare nel pubblico immediato riferimento al produttore e alla sua linea di prodotti. Quanto ai marchi d'impresa, la diffusione del m. è stata agevolata dalla più recente giurisprudenza che ha accordato, inizialmente ai marchi "dei creatori del gusto e della moda" e successivamente ai marchi di particolare valore suggestivo e pubblicitario, una certa protezione giuridica, estesa a prodotti diversificati dal punto di vista merceologico.
Numerosi sono i problemi che suscitano i contratti di m. aventi per oggetto marchi d'impresa, come l'individuazione della disciplina applicabile, i requisiti di validità con riferimento in particolare all'oggetto, la compatibilità con i principi del diritto dei marchi d'impresa.
Con riguardo a quest'ultimo aspetto i contratti di m., malgrado vengano elaborati secondo lo schema della licenza d'uso (le differenze riguardano l'oggetto, la causa, l'esistenza di clausole particolari), raramente presentano i requisiti necessari ai sensi dell'art. 2573 c.c. e dell'art. 15 della legge sui marchi (R.D. 21 giugno 1942, n. 929). Essi infatti appaiono talora in contrasto con i principi fondamentali della disciplina dei marchi in quanto l'obiettivo perseguito non è quello proprio dei contratti di licenza ma piuttosto quello di sfruttare il valore suggestivo e pubblicitario del marchio.
Tra le figure affini va segnalato il franchising, che, naturalmente distinto dal m., rientra anch'esso tra i contratti atipici di commercializzazione che hanno acquisito ampia diffusione e rilevanza negli ultimi decenni. Esso si definisce come un contratto mediante il quale l'impresa concedente concede all'impresa concessionaria di esercitare, a determinate condizioni e sotto il suo controllo, una prestazione di servizi o di rivendita dei suoi prodotti, avvalendosi di segni distintivi, brevetti, know-how, dietro pagamento di un prezzo calcolato percentualmente sul giro di affari.
Nella disciplina dei marchi d'impresa, direttamente connessa alla figura del m., la direttiva CEE 104 del 21 dicembre 1989 e il regolamento sul marchio comunitario, contenuto nel decreto legislativo 480 del 4 dicembre 1992, hanno introdotto disposizioni innovative dirette a una migliore tutela dei marchi e della loro commercializzazione. Si tratta, però, di disposizioni che soltanto in parte toccano il contratto di merchandising.
Bibl.: P. Auteri, Lo sfruttamento del valore suggestivo dei marchi d'impresa mediante merchandising, in Contratto e impresa, 5 (1989), 3, pp. 511-44; A. M. Toni, Merchandising e marchio celebre in Italia: affievolimento della funzione distintiva?, ibid., 6 (1990), 1, pp. 15-42; M. Ricolfi, Il contratto di merchandising nel diritto dei segni distintivi, Milano 1991; G. Mosso, Legittimazione della registrazione del marchio di merchandising, in Rivista di diritto sportivo, 1 (1992).