Vedi MERIDA dell'anno: 1961 - 1995
MÉRIDA (v. vol. IV, p. 1035)
L'ininterrotto susseguirsi delle ricerche ha mutato sostanzialmente il quadro delle nostre conoscenze sulla città antica, a cominciare dalle dimensioni stesse.
Fin dall'inizio, M. ebbe una pianificazione urbana a grande scala. La cinta muraria racchiudeva una superficie di 90 ha; vi si aprivano quattro porte principali: una di esse, recentemente scoperta vicino al ponte, sembra simile nelle sue caratteristiche a quella riprodotta sulle monete della zecca coloniale. La colonia, che avrebbe raggiunto la sua massima importanza a partire dalla riforma di Diocleziano diventando la sede del vicarius della Diócesis Hispaniarum, ayeva due fori in quanto era anche capitale della Lusitania. La rete delle strade (le più importanti fra le quali erano spaziose e dotate di una eccellente rete idrica) è oggi ricostruibile nelle sue grandi linee, grazie a vecchi e nuovi saggi al di sotto della città medievale e moderna. Si sono scoperte numerose case, quasi sempre però indagate parzialmente, a eccezione di alcune abitazioni suburbane. Le aree delle necropoli sono state anch'esse individuate e rilevate.
Il ponte sul fiume Guadiana, di c.a 800 m di lunghezza, caratterizzato da sessanta arcate, nell'antichità aveva una forma molto diversa dall'attuale, con due parti di arcuationes unite da una base continua protetta da un poderoso sprone, con pilastri provvisti di archetti di alleggerimento e archi a piena luce.
Tre condutture idriche portavano acqua alla città. La prima, chiamata «Cornalvo» (Aqua Augusta), aveva origine da un invaso chiuso mediante una diga caratterizzata da una struttura a gradini provvista di castellum di presa. L'acquedotto compiva un percorso di 18 km attraverso la campagna emeritense (se ne conservano resti importanti) e finiva in un deposito ubicato nelle vicinanze dell'attuale Plaza de Toros. L'acquedotto chiamato «San Lazzaro» utilizzava alcuni corsi di acqua che, convenientemente canalizzata per mezzo di una conduttura sotterranea, giungeva in città superando la valle di Albarregas (c.a 1 km di ampiezza) attraverso arcate sopraelevate, di cui oggi rimangono tre pilastri e due archi. Il terzo acquedotto, «Los Milagros», che come i precedenti risale ai primi anni della colonizzazione, aveva inizio dall'invaso di Prosperina e mediante un percorso di 10 km raggiungeva una camera di decantazione (piscina limaria) da dove, attraverso un altro condotto sopraelevato, del quale restano 39 pilastri di 25 m di altezza, arrivava al castellum aquae scoperto sulla collina di El Calvario.
Dei due fori, uno, probabilmente quello della civitas, conserva le imponenti rovine del tempio chiamato arbitrariamente di Diana, di età tardo-augustea, períptero ed esastilo, costruito interamente in pietra granitica tratta dalle cave locali, con decorazioni di stucco. Recentemente sono stati scoperti, non lontano, resti di un portico monumentale. Il muro di fondo ospitava, entro nicchie, statue di personaggi eminenti, fra cui Agrippa; nella trabeazione il fregio era ornato di clipei raffiguranti alternativamente Juppiter Ammon e Medusa. Per queste caratteristiche, il monumento è confrontabile con altri fori dell'inizio dell'età imperiale, soprattutto il Foro di Augusto a Roma. Nell'altro foro, presumibilmente il foro provinciale, è stato scoperto un poderoso basamento relativo a un altro tempio di grandi proporzioni, apparentemente tetrastilo, con nucleo cementizio e rivestimento marmoreo, posto in asse con l'Arco di Traiano, simbolico e monumentale ingresso al recinto sacro.
Di altri templi e santuari sono da menzionare i resti del Tempio di Marte (armilustrium), oggi reimpiegati nel portico del «Hornito de Santa Eulália», con soffitti a rilievo raffiguranti la divinità, e quelli, oggi non più visibili, del Santuario dedicato a Mitra e alle divinità orientali (v. vol. IV, p. 1036).
Gli edifici per spettacolo sono ben rappresentati a Mérida. Il teatro, che può contenere fino a 5.500 spettatori, fu inaugurato nel 16-15 a.C., come da un'iscrizione menzionante Agrippa, con un'ampia cavea divisa in tre settori e un monumentale proscenio, oggi restaurato, della fine del I o dell'inizio del II sec. d.C., modificato nell'epoca post-costantiniana. Dietro di questo, una porticus post scaenam, con recinto sacro, i cui scavi hanno restituito varie sculture ed epigrafi relative al culto imperiale. L'anfiteatro, con una capienza di 15.000 persone, si è conservato in buono stato con le sue gradinate, tribune e podium, quest'ultimo decorato con pregevoli pitture su temi circensi, recentemente scoperte. Il circo, uno dei meglio conservati dell'impero, con 494 m di lunghezza, con i suoi carceres e con la monumentale facciata, fu costruito, sembra, in epoca tiberiana.
Resti di case sono stati valorizzati recentemente. Le case emeritensi seguono lo «schema mediterraneo», con le stanze disposte intorno a un patio centrale porticato. Sono da segnalare le rovine della «Casa del Mitreo», della fine del I sec. d.C. con un oecus pavimentato con il rinomato «Mosaico Cosmico», nel quale appaiono le personificazioni di numerosi e varî elementi della natura riferentisi alla figura di Aiòn; mosaico che va considerato di epoca tarda. Alla fine del III sec. d.C. risale la «Casa dell'Anfiteatro», di enorme superficie, con un insieme di mosaici di grande interesse, e con pitture firmate da Quintosus. Altre case rilevanti sono quella dell'Alcazaba, quelle denominate Casa-Basilica (accanto al teatro) e Huerta de Otero.
Le necropoli sono egualmente ben conosciute e si estendono intorno alla città. Da queste provengono numerosi epigrafi, sculture e corredi conservati nel museo.
Il Museo Nacional de Arte Romano, inaugurato recentemente in una nuova sede, offre un'ampia panoramica dei materiali ritrovati nella città dall'inizio degli scavi; serie di sculture, con una ricca collezione di ritratti privati ai quali vanno unite importanti sculture provenienti da diversi monumenti e dal fo-, ro; numerosi mosaici con un'ampia varietà di temi, pitture, fra le quali spiccano quelle ritrovate nella stanza di una casa romana; elementi architettonici, arti minori. Sotto le sale espositive, in una cripta, si conservano le rovine di alcune case.
Anche in epoca visigota l'importanza di Augusta Emerita non venne meno. Un libretto locale, attribuito a Paolo Diacono (Vitae Sanctorum Patrum Emeritensium), racconta le vicissitudini della sede episcopale, nella quale si ebbero come pastori personaggi della statura di Paulo, Fidel o Massona; e altresì gli scavi effettuati tanto nella città che nei dintorni ci hanno edotto sulla vita e gli accadimenti di una florida comunità che, lungo i secoli VI e VII, raggiunse alti livelli di benessere e sviluppo.
Bibl.: E. García Sandoval, Informe sobre las casas romans de Mérida y excavaciones en la «Casa del Anfiteatro», Madrid 1966; P. León Alonso, Los relieves del Templo de Marte en Mérida, in Habis, I, 1970, pp. 181-197; Al-Bendala Galán, Los llamados «columbarios» de Mérida, ibid., III, 1972, pp. 223-253; L. García Iglesias, Epigrafía romana de Augusta Emerita, Madrid 1973; J. Alvarez Sáenz de Buruaga, Una casa romana, con valiosas pinturas de Mérida, in Habis, V, 1974, pp. 169-187; AA.VV., Augusta Emerita. Actas del Simposio Internacional Comemorativo del Bimilenario de Mérida, Madrid 1976; L. Caballero Zoreda, T. Ulbert, T. A. Varela, La basilica paleocristiana de Casa Herrera en las cercanías de Mérida (Badajozj, Madrid 1976; A. Chastagnol, Les inscriptions constantiniennes du cirque de Mérida, in MEFRA, LXXXVIII, 1976, pp. 259-276; A. Jiménez Martín, Problemas de los acueductos emeritenses, in Habis, VII, 1976, pp. 271-292; R. Wiegels, Zum Territorium der augusteichen Kolonie Emerita, in MM, XVII, 1976, pp. 258-284; J. M. Alvarez Martínez, En torno al acueducto de «Los Milagros» de Mérida, in Segovia. Symposium de arqueología romana, Barcellona 1977, pp. 50-60; A. Blanco Freijeiro, Mosaicos romanos de Mérida (Corpus de Mosaicos Romanos de España, I), Madrid 1978; F. Mayet, Les importations de sigillées à Mérida au 1er siècle de notre ère, in Conimbriga, XVII, 1978, pp. 79-107; J. Alvarez Sáenz de Buruaga, El acueducto de «Rabo de Buey - San Lazaro» de Mérida, in Estudios dedicados a Carlos Callejo Serrano, Cáceres 1979, pp. 71-86; M. Almagro Bäsch, Augusta Emerita. Eine hispanische Provinzhauptstadt der römischen Kaiserzeit, in 150 Jahre Deutsches Archäologisches Institut, Magonza 1981, pp. 143-162; J. M. Alvarez Martínez, El Puente y el urbanismo de Augusta Emerita, Madrid 1981; L. Abad Casal, La pintura romana en España, Alicante 1982, passim; AA.VV., Homenaje a Sáenz de Buruaga, Badajoz 1982; M.d. P. Caldera de Castor, El vidrio romano emeritense, in Augusta Emerita, I, Madrid 1983, pp. 7-75; J. L. de La Barrera Antón, Los capitales romanos de Mérida (Monografías Emeritenses, II), Badajoz 1984; J. M. Alvarez Martínez, Excavaciones en Augusta Emerita, in Arqueología de las ciudades modernas superpuestas a las antiguas, Madrid 1985, pp. 33-53; M. Cruz Villalón, Mérida visigoda. La escultura arquitectónica y litúrgica, Badajoz 1985; A. Vázquez de la Cueva, Sigillata africana en Augusta Emerita (Monografías Emeritenses, III), Mérida 1985; J. M. Fernández Corrales, El territorio de Augusta Emerita y los límites entre la Bética y Lusitania, in XIX Congreso Nacional de Arqueología, I, Saragozza 1989, pp. 889-897; J. Menéndez Pidal, Evolución urbana y demográfica de la ciudad de Mérida, in Homenaje a García Bellido, V, Madrid 1988, pp. 81-89; Α. Μ. Canto, Colonia Iulia Augusta Emerita. Consideraciones en torno a su fundación y territorio, in Gerión, VII, 1989, pp. 149-205; ead., Las tres fundaciones de Augusta Emerita, in W. Trillmich (ed.), Stadtbild und Ideologie, Monaco 1990, pp. 289-296; J. Blazquer, Religion y urbanismo, in Religión de la España antigua, Madrid 1991, pp. 263-283; M. C. Blázquez Cerrato, La dispersion de las monedas de Augusta Emerita, Mérida 1992.