meschino e meschina (miccina)
Trai vari significati che assume nelle lingue romanze, D. gli attribuisce, nella Commedia, quello di " servo " (cfr. Iacopone A l'amor ch'è venuto 155 " meschinìa ", che vale " servitù "). Infatti Megera, Tesifone e Aletto sono chiamate le meschine / de la regina de l'etterno pianto (If IX 43), e il diavolo che s'impadronisce dell'anima di Guido da Montefeltro dice che il dannato venir se ne dee giù tra ' miei meschini (XXVII 115).
In Vn IX 10 5, riferito come predicativo ad Amore, m. può valere " costernato, avvilito " (Barbi-Maggini; Sapegno); ma il verso successivo indurrebbe a dare all'aggettivo, anche in questo caso, il valore di " servo ": Ne la sembianza mi parea meschino, / come avesse perduto segnoria.
Nella forma ‛ miccina ', in Fiore CCXII 6 Ardimento soccorse; a la miccina, / con una spada molto chiara e fina, / e' sì le fece molto gran paura; il termine sarà forse più vicino al valore del francese antico (meschine anche nel Roman de la Rose 1504, 6830, 10175) " giovinetta ", " damigella " (Paura è rappresentata appunto come una giovinetta). Si ricordi che il Boccaccio chiosa con " damigelle " il passo di If IX 43.