MESI e CALENDARIO
L'iconografia dei mesi è legata a quella dei calendarî (v. stagioni), di cui costituisce anzi un elemento che nell'antichità e particolarmente verso la fine dell'antichità, ha goduto di grande favore. La sua elaborazione, che è piuttosto complessa e di cui non conosciamo le prime tappe, si è svolta secondo le categorie della tipologia dei calendarî. Secondo uno studio recente (Hanfmann) si possono distinguere tre gruppi di calendari:
1) il tipo astronomico, organizzato come un quadrante, portava i segni dello zodiaco a cui furono aggiunti, forse molto presto, i m. e le stagioni. La sua origine sarebbe ellenistica. Il planisfero Bianchini è un esempio d'epoca romana di questa forma di calendario. Nell'iconografia dei m., questa disposizione è stata ripresa da un mosaico, ora scomparso, proveniente da Cartagine (Webster, n. 11; D. Levi, n. 4), da un mosaico d'Antiochia, II sec. d. C. (D. Levi, n. 2; Stern, n. 15) e dalla miniatura del Tolomeo Vaticano (Vat. gr., 1291; Stern, n. 12, IX sec., da un modello del sec. IV secondo Stern, del 250 d. C. secondo D. Levi).
2) Il calendario religioso greco, che risale alla epoca ellenistica e nel quale sono successivamente rappresentate le festività religiose, alcune delle quali potevano anche cadere in uno stesso mese. Non ci sono note le forme più antiche di tale calendario, ma ne rimane un esemplare, che risale forse ad un'epoca molto lontana, nel fregio di Atene proveniente dalla Piccola Metropoli (Webster, n. i; Stern, n. 11) e che potrebbe essere del II sec. a. C. Il calendario di Ostia è una versione romana del principio della nostra èra, di cui non restano che frammenti (Stern, n. 1).
3) I calendarî romani che illustrano le attività rurali dell'anno: un esemplare è il mosaico di St. Romain-en-Gal composto di ventotto quadri, che risale al III sec. d. C. (Webster, n. 12; Stern, n. 2; altro mosaico, inedito, è stato recentemente rinvenuto a Thysdrus, Tunisia). Ci è però poco conosciuta la forma completa di tali calendari, dato che nell'epoca romana la preferenza per le immagini dei m. aveva eliminato gli altri elementi, e che ben presto le tre categorie si confusero più o meno l'una con l'altra. Le rappresentazioni dei m. conserveranno nella disposizione e nel carattere le tracce della loro appartenenza ai calendari antichi; ben poco devono invece all'iconografia delle stagioni. Il simbolismo dei m. non si è mai fissato nel corso dell'antichità, né se ne può purtroppo precisare la lontana origine. Non ce ne sono noti i prototipi. Questa iconografia rimane varia e abbondante durante tutto l'Impero romano; essa presenta elementi astronomici, religiosi, folcloristici, stagionali ed agricoli. I monumenti che ce li tramandano sono per lo più pavimenti a mosaico, ma ci sono anche affreschi, miniature, bassorilievi. J. C. Webster, D. Levi e H. Stern li hanno elencati, ma a tali liste vanno aggiunti: a) un mosaico siriaco di Awzai dove si vedono ancora le figure di Aprile ed Ottobre; è datato tra il 475 e il 530 ed è stato recentemente pubblicato da M. Chehab; b) un piatto d'argento con l'allegoria di Settembre in forma di Euthenia (v.) rinvenuto presso il Kama, in Russia, del VI secolo. Gli elementi più antichi di tale iconografia sono di carattere astronomico e religioso, ma ben presto fanno la loro apparizione i motivi foldoristici ed agricoli, tanto che i soggetti profani sono i soli che appaiano sull'arco di Reims, nel III sec. (Webster, n. 4; Stern, n. 3) e sul mosaico di Catania, della fine del IV sec. o poco dopo (Stern, n. 5). L'eliminazione dei soggetti religiosi pagani si accentuerà gradualmente e nel V sec. sarà totale. La religione cristiana tende a favorire tale eliminazione; diventando i calendari puramente profani, il bisogno d'una nomenclatura religiosa porterà allo sviluppo dei martirologi, o liste di martiri, con l'anniversario del loro supplizio o della deposizione delle loro reliquie; queste liste si fonderanno ben presto con quelle episcopali, assumendo nella religione cristiana il posto degli antichi calendari religiosi basati sui fasti. Uno dei martirologi più antichi è attribuito a San Gerolamo, il quale però in realtà non ha fatto altro che riprendere un calendario dovuto ad Eusebio. Nei calendari pagani in fase di divenire profani, tra il II e il IV sec., si delinea una differenziazione, e si può riconoscere un ciclo greco-orientale in cui dominano le personificazioni dei m., molto spesso rappresentati da un unico personaggio, e un ciclo latino in cui dominano le scene di genere rappresentanti la vita rurale. Questa distinzione, nettamente stabilita dallo Stern, non è accettata da D. Levi, il quale osserva che le correlazioni sono troppo confuse.
Il Calendario del 354, per esempio, redatto a Roma (v. filocalus), conosciuto grazie alle copie tarde derivate da un manoscritto del IX sec., e che elenca i fasti romani della religione pagana, è illustrato in uno spirito che sotto certi aspetti risponde alle definizioni del gruppo orientale quale è stato definito dallo Stern. La festa così importante per l'esercito romano di Oriente, denominata ἑορτῆ ῎Αρεως, o Natalis Martis, presente, secondo Stern, in tutti i cicli greci e bizantini e assente nei cicli latini, sarebbe, secondo questo autore, un buon criterio di differenziazione, che è stato però rifiutato da D. Levi. Sui monumenti che portano la raffigurazione dei m. si trova anche spesso un'illustrazione di carattere religioso (i quattro fiumi del Paradiso sul mosaico di Tegea, D. Levi, n. II; Stern, n. 14) o relativo alle stagioni (i Venti e le Stagioni sul mosaico di Kabr Hiram, che però come allegorie presenta solo figure a mezzo busto e piuttosto rudimentali: Webster, n. 19; qui fig. 1237). A Gerasa (Webster, n. 16), dove sono conservati solo i nomi intorno alla parte centrale, ora scomparsa, e in cui erano rappresentati i m., una cornice ci presenta i luoghi importanti del cristianesimo. Cosmas Indicopleustes, scrittore cristiano del VI sec., afferma che i m. dell'anno sono come la corona della terra, mossa dai segni dello Zodiaco (Patr. Gr., lxxxviii, col. 404). L'iconografia del ciclo greco-orientale è stata ripresa dall'arte bizantina in cui le rappresentazioni dei m. non sono frequenti, ma si ritrovano specialmente su diverse miniature (v. illustrazione).
Una frattura ed una trasformazione sono riscontrabili in Occidente all'epoca carolingia, quando si abbandonano le allegorie antiche in favore dei lavori agricoli per la rappresentazione dei mesi. La loro ispirazione tuttavia risale all'antichità, al ciclo latino e più specificamente al gruppo gallo-romano (St. Romam-en-Gal, Stern, n. 2; arco di Reims; bassorilievi della Porta Nigra di Besançon: vedi Webster, n. 4; Stern, n. 3, n. 4). Si può così dire che nel campo delle rappresentazioni dei m., c'è una reale continuità tra l'antichità ed il Medioevo, sia in Oriente che in Occidente; in Occidente, tuttavia, con una trasformazione all'epoca carolingia.
Prima di prendere in considerazione le immagini di ciascun m., è utile ricordare che questa iconografia è in parte condizionata dalle fonti letterarie, di cui quelle a noi pervenute sono per la maggior parte latine. Fonti greche: senza parlare delle fonti propriamente bizantine, che sono medievali, bisogna citare, come scritti antichi (d'origine egiziana, pare) nel libro IX dell'Anthologia Palatina i nn. 383, 384, 580. Fonti latine: i tetrastici e i distici del Calendario del 354; D. Levi ritiene che la prima di queste due serie sia d'epoca augustea; per H. Stern sono tutte e due di molto posteriori; inoltre Ausonio, Ecloga v; Dracontius, De Mensibus; e la Laus Omnium Mensium, d'autore ignoto, due scritti dell'Africa del Nord del VI secolo. Tutti questi testi e altri ancora che citeremo, troppo tardi perché ci possano illuminare sull'origine delle immagini dei m., sono importanti per la loro interpretazione. Infine i nomi dei m. che si sono definiti in modo uniforme in latino e sono passati nell'uso comune, grazie al calendario giuliano, hanno conosciuto forme varie nelle altre lingue antiche. Il Liber Glossarum, raccolta di testi diversi dell'alto Medioevo, ci presenta i nomi usati in undici parti del mondo: Siria, Cappadocia, Egitto, Giudea, Bisanzio, Macedonia, Bitinia, Atene, ecc. Dopo di allora, la nostra conoscenza dell'onomastica greca, che è particolarmente complessa, si è infatti arricchita, grazie alla ricerca archeologica e filologica, di numerosi nomi appartenenti ai calendari di varie città greche.
Iconografia dei mesi. I m. e le stagioni sono qualche volta raffigurati genericamente come fanciulli, così come sulle monete di Laodicea dell'età di Caracalla, che portano la leggenda ΕΓΤΥΧΕΙC ΚΑΙΡΟΙ. Forse a una rappresentazione stagionale è riconducibile la raffigurazione musiva di Tegea di un giovinetto (o figura femminile?) cui due fanciulli porgono piatti colmi di meloni, accompagnata dall'iscrizione ΚΑΛΟΙ ΚΑΙΡΟΙ.
Gennaio. È il primo m. d'entrata in carica dei consoli; il mosaico d'Argo infatti, del IV o almeno del V sec. (Webster, n. 13; D. Levi, n. 9; Stern, n. 13) ci mostra un magistrato presso una sedia curule, che alza la mappa, nell'atto della sparsio, come per dare l'inizio ai giochi dell'ippodromo. Lo stesso soggetto si trova in Vat. Gr. 1291 (D. Levi, n. 3; Stern, n. 12). "Gennaio spiega la sua purpurea tunica senatoriale", dice l'Anthologia Palatina, 383, 5. Nel Calendario del 354 (Webster, n. 7; D. Levi, n. 5; Stern, passim) un patrizio romano (e non un magistrato come si è creduto per lungo tempo) sacrifica ai Lari domestici vicino ad un gallo, attributo del padrone di casa in quanto genius del pater familias. I versi del tetrastico su questo calendario si riferiscono alla designazione dei consoli e al sacrificio ai Lari. Ci sono anche rappresentazioni aberranti (il che succederà per quasi tutti i m.), così che su un mosaico ora scomparso di Cartagine (Webster, n. II; Stern, n. 8) si vede un personaggio con un utensile rustico in mano, e su un bassorilievo della Galleria Pušvkin di Mosca (D. Levi, fig. 13) un uomo nell'atto di seminare, attività più consona ad altri mesi.
Febbraio. È il mese delle ombre, quando i Mani vengono sulla terra a raccogliere gli onori loro dovuti. Il tetrastico e il distico evocano questa circostanza. I monumenti orientali, come quelli occidentali (salvo un mosaico con decorazione circolare del monastero di Beisan, Webster, n. 18; D. Levi, n. 13) concordano nel rappresentare Febbraio come una figura drappeggiata in un mantello con cappuccio ed in mano uccelli di palude, anitre per lo più. Sul Calendario del 354, sullo sfondo, si vedono anche allusioni all'elemento acquatico appropriate al mese di Nettuno e alla stagione umida: un airone, tre conchiglie, un pesce, un polipo. Nel mosaico di Beisan, del VI sec., si trova una rappresentazione delle prime attività agricole e si vede un contadino che va a lavorare nei campi portando una zappa. È la stessa immagine che si trova nella poesia più tarda, nella Laus Omnium Mensium, per esempio, e nei Menologia Rustica. L'allegoria dell'inverno e quella che la maggior parte dei monumenti offre come rappresentazione di Febbraio, sono le stesse.
Marzo. Il mese è consacrato al dio eponimo, come dice il distico del Calendario di Filocalus, la cui ispirazione si ritrova nel manoscritto del Tolomeo del Vaticano, Vat. Gr. 1291, nel mosaico di Argo e nel mosaico del monastero di Beisan, dove è rappresentato lo stesso dio; altrove si ha invece l'allegoria del m., e cioè un giovane pastore che porta un agnello o un pavone, conformemente al tetrastico. In alcuni casi, a fianco del pastore, sono rappresentati una capra, una rondine, un secchio di latte, ecc. Questi sono elementi che appartengono al fondo comune della poesia antica e alle descrizioni della primavera (cfr. Ovid., Fast., i, vv. 151-158). Un mosaico di Ostia del IV sec. (D. Levi, n. 10) e il Calendario del 354 rappresentano l'allegoria della stagione, mentre il mosaico di Cartagine del British Museum, del sec. IV (Stern, n. 7), mostra un personaggio con una lunga veste, che deve avere origini simili a quelle del pastore, dato che è accompagnato dagli stessi attributi agricoli. Su un mosaico d'Antiochia, del II sec. (D. Levi, n. 2; Stern, n. 15) si vede invece un soldato che compie i riti del Natalis Martis. Più vicino come spirito, se non come figura di immagine rustica, è il bassorilievo corrispondente al m. di Marzo sul fregio di Atene (Webster, n. i; Stern, n. 11), dove si vede un satiro che tira un caprone per le corna. Si tratta, non dimentichiamolo, della più antica rappresentazione dei m. (II sec. a. C.), almeno secondo lo Stern (per D. Levi invece la data di questa scultura è incerta e forse alquanto tarda).
Aprile. È il mese di Venere e le sue bellezze primaverili sono celebrate nelle poesie latine dedicate al soggetto, come il tetrastico e il distico del Calendario, Officia XII Mensium, Monostico d'Ausonio, ecc. Il Calendario di Filocalus offre per il m. un personaggio che balla con le nacchere (menzionate nelle Laus Omnium Mensium) davanti alla statua di Venere. Questa danza è presa dalla festa delle Veneralia, celebrata il 1° Aprile e senza dubbio durante la veglia notturna della stessa. Dedicata alla Venus Verticordia questa festività è stata descritta da Ovidio (Fast., iv, 133-164) che ha passato sotto silenzio la danza in questione, probabilmente a causa del suo carattere esoterico e licenzioso. Il mosaico d'Ostia (Stern, n. 1) e quello di Cartagine conservato nel British Museum (Stern, n. 7) seguono il tipo del Calendario di Filocalus. Su molti altri monumenti invece si trova il pastore che ha già servito per Marzo (Vat. Gr. 1291; mosaico d'Antiochia; mosaico di Argo; mosaico di Beisan: Webster, n. 15; D. Levi, n. 12, VI sec.). Come si vede le incertezze, le ripetizioni, gli scambi tra un tipo e l'altro non sono fatti eccezionali nella iconografia dei mesi.
Maggio. Tutti i testi letterari insistono sulla fioritura dei campi e dei prati. Inoltre si ha un'allusione a Maia, figlia d'Atlante, e ad Urania nel tetrastico, a Maia e a Mercurio nel distico. Nel Calendario del 354 e nel Tolomeo della Biblioteca Vaticana, Maggio è rappresentato da una donna con un cesto di rose. Nel mosaico di Cartagine, scomparso e noto solo per una notizia del Beulé (D. Levi, n. 7, Stern, n. 9), la donna è sostituita da un giovane. Maschile è anche la figura che appare sul mosaico di Argo e su quello di Tegea (D. Levi, n. 11, indicato come Καλὸς Καιρός. Nel mosaico del monastero di Beisan, la donna ha i fiori tra le pieghe della veste, come viene pure rappresentata la primavera su diversi sarcofagi. Nel mosaico d'Antiochia, al contrario, documento più antico di tutti quelli finora citati, si vede un uomo dall'atteggiamento femmineo (oppure una donna) che regge una torcia rovesciata ed un vaso. Questo sarebbe, secondo D. Levi, un rito che rievoca la festa orgiastica di Μαιουμᾶς praticata ad Antiochia in Maggio e che continuerà sino all'viii secolo. Secondo lo Stern si tratterebbe certamente d'un uomo la cui presenza starebbe ad evocare piuttosto le Rosalia, festa dell'anno romano celebrata ufficialmente almeno a partire dal principio del III sec., e quindi certo molto più antica. Il personaggio sarebbe (come sul portale di S. Marco a Venezia) il "re" della festa. In effetti, la sua corona appare su un mosaico di origine ignota, del V-VI sec., d'uno stile che l'apparenta alle opere dell'Africa del Nord e dove lo stesso personaggio, con una lunga veste, figura al posto del m. di Maggio (Stern, n. 10). Aggiungiamo che come attributo di questo m. appare anche, sul Calendario di Filocalus, un pavone, come quello che sta presso i genî funebri su alcuni sarcofagi. Questo elemento funebre completa in qualche maniera la figura principale dell'iconografia del m., quella che porta le rose e il cui primo significato sarebbe di carattere stagionale: è la bellezza - quanto fragile! - della stagione dei fiori.
Giugno. La tradizione letteraria differisce questa volta in maniera sensibile dalle rappresentazioni archeologiche. Tetrastico, distico, Dracontius alludono alle spighe in maturazione. Ma le messi maturano in giugno solo nei paesi caldi (a Roma a fine giugno) e in luglio nei climi più temperati. Parecchi monumenti quindi portano la spiga come attributo del m. di Luglio e non di Giugno; uniche eccezioni sono costituite dal mosaico d'Antiochia, unico pavimento su cui si vedono le spighe come attributo di Giugno e dal mosaico di Argo che presenta la figura di un mietitore. La contraddizione tra testi e monumenti tuttavia è più apparente che reale. In effetti il tetrastico menziona, oltre le spighe, un giovane nudo che guarda un quadrante solare (simbolo del solstizio d'estate); ed è proprio questa stessa immagine, arricchita d'una torcia, che si vede sul Calendario del 354, e questa torcia indica una relazione con le messi, poichè ricorda il dies lampadarum, giorno consacrato a Cerere e che segna l'inizio della mietitura (24 giugno), secondo la mitografia di Fulgenzio e di un predicatore cristiano, un certo Pontius Maximus. Si ritrovano le spighe anche nelle mani della statua di Cerere rappresentata su un pannello del mosaico di St. Romainen-Gal (Webster, n. 12; Stern, n. 2), corrispondente con ogni probabilità al m. di Giugno. Davanti alla statua si compie un sacrificio in onore della dea. Per il resto le allegorie di questo m. sono piuttosto imprecise: una figura porta un paniere di frutta sul Tolomeo del Vaticano, frutta od oggetti mal definiti sul mosaico di Cartagine descritto dal Beulé, sul mosaico del monastero di Beisan, sul mosaico di Cartagine conosciuto grazie ad un disegno (Webster, n. II; Stern, n. 8). Sull'arco di Reims del III sec., si vede il salto dei cavalli. Uno dei monumenti più antichi che ci sia pervenuto relativo a questo m. - un frammento a Leningrado di stile classicheggiante, appartenente ad un mosaico di Roma del II sec. d. C., secondo D. Levi (data controversa: per Stern III sec.) - mostra un ragazzo in tunica corta che porta un piatto di frutta ed un paniere che conterrebbe granchi, in rapporto al segno del Cancro (D. Levi, n. 1; Stern, n. 6). Più probabilmente non si tratterebbe che di frutta e legumi (Stern). Su un mosaico ora perduto dell'Africa del Nord si vedono anche bacche selvatiche (Stern, n. 10), il che si accorderebbe con almeno un testo, quello della Laus Omnium Mensium, secondo il quale l'attributo di Giugno sono le bacche o le more rosseggianti del gelso: Sanguineis ornans aestiva prandia moris Iunius... Ritroveremo le conseguenze di tale ambiguità in Luglio.
Luglio. Se le more sanguigne occupano un posto preminente nel tetrastico, hanno particolare risalto nei testi le messi, il caldo estivo, ecc. Anche la cesta di spighe si ritrova, per Luglio, nel mosaico del monastero di Beisan, sul Tolomeo del Vaticano e su uno dei mosaici di Cartagine. Ma valendosi di diversi testi di Plinio, di Ateneo e persino di Sofocle, lo Stern ha dimostrato che la vera successione era: messi, poi pasto di more. Le more di gelso sono dunque il soggetto centrale tra gli attributi di Luglio. Sono more quelle che porta, con rami, su un paniere piatto, il giovane del Calendario del 354, davanti la statua di Hermes πλουτοδότης. Sono more quelle che coglie una donna riccamente vestita, sul mosaico incompleto di Cartagine, conservato nel British Museum (Stern, n. 7). Su quello dell'hamman di Beisan, c'è un uomo che porta frutta su una foglia. Non ci si deve stupire di trovare in Luglio Mercurio ed i suoi attributi: le borse e le monete disposte sul suolo nell'immagine del Calendario del 354. Questo dio, che i menologia rustica danno a Giugno come divinità tutelare, è anche collegato a Luglio per mezzo del segno zodiacale del Cancro, che sta a cavallo dei due mesi. Differente è l'iconografia del mosaico di Argo: il mese è rappresentato da una figura maschile che tiene un cofanetto e una pala.
Agosto. "È il mese che porta il nome del divino Augusto", dice il tetrastico, ma ancora una volta si parla delle messi, della battitura del grano, della frutta, del caldo che porta la sete. Le rappresentazioni rimaste di questo m. sono poco numerose. Sul Calendario del 354, in armonia con lo spirito del tetrastico, un uomo nudo beve da una coppa; sullo sfondo un ventaglio di penne di pavone, tre meloni, un'anfora per l'acqua con le prime tre lettere della parola greca, ma in lettere latinizzate zhchc. Si tratta, come ha dimostrato lo Stern, d'una imitazione della terminologia iscritta sui vetri paleocristiani del IV secolo. Il Calendario riunisce le particolarità di due serie di immagini del ciclo greco-orientale: l'una mostra un uomo che beve con una mano e nell'altra tiene un flabellum (hamman di Beisan, miniature e sculture bizantine medievali); l'altra presenta un uomo che reca meloni e melanzane (mosaico di Tegea, D. Levi, n. 11; Stern, n. 14, V sec.; Tolomeo del Vaticano (v. Tavola a colori); mosaico di Kabr Hiram; Webster, n. 19, VI sec.). Il mosaico di Argo presenta un personaggio che reca un frutto rotondeggiante e un flabellum.
Settembre. Tutti i testi parlano di vendemmia, di uva e di frutta. Per Ausonio (Ecloga v) si è già alla spremitura dell'uva. Infine la Laus Omnium Mensium prende dal m. seguente il soggetto della caccia. Le rappresentazioni figurate comportano soggetti vari: sul mosaico del monastero di Beisan, la figura che simboleggia Settembre porta un grappolo ed un paniere, nel Cod. Gr. 1291 del Vaticano invece un bastone al quale sono appesi due enormi grappoli; un vendemmiatore appare anche sul mosaico di Argo. Sul mosaico dell'hamman di Beisan si vede una scena rustica, un contadino che porta un gallo ed una brocca. Sul Calendario del 354, la figura di Settembre è analoga a quella di Bacco su un mosaico di el-Gem, Tunisia (D. Levi, fig. 15); quest'ultima presenta una particolarità che si trovava anche nei versi del tetrastico; la figura allegorica tiene una lucertola per la coda ed un paniere di oggetti non identificati, sullo sfondo foglie di viti e un paniere di fichi. La lucertola si ritrova anche su un mosaico ora scomparso (Stern, n. 10). Dioscuride (De Materia Medica, II, 70) ci spiega forse questo particolare: la lucertola, inghiottita, guarisce coloro che ha morsicati. Ha dunque un potere benefico, forse profilattico. Non è impossibile che ci se ne sia serviti per proteggere la vigna. Altre spiegazioni mediche sono però possibili, date le virtù terapeutiche attribuite dagli antichi a questo animale.
Ottobre. L'iconografia di questo m., pur rimanendo a carattere stagionale e rustico, è molto varia. Tutti i testi menzionano il vino, la vite, la caccia. La pigiatura, più ancora della vendemmia, è oggetto di riferimenti nei menologia rustica. Anche le seminagioni sono più volte menzionate in vari testi latini e greci. Sul Calendario del 354 un giovane tiene una lepre e la trappola che è servita per prenderla. Sul fondo sono gli strumenti dell'uccellatore ed un paniere di funghi. La scena combina gli attributi della caccia "al pelo e alla penna". Sul mosaico di Cartagine conosciuto grazie ad un disegno, un vaso simboleggia il vino ed una lepre la caccia; l'arco di Reims e il mosaico di Tegea rappresentano la preparazione del vino, e così pure diversi pannelli del mosaico di St. Romain-en-Gal. Nel monastero di Beisan un contadino porta un paniere ed una pianta non identificata. Nel mosaico di Argo è rappresentato un contadino che gusta il vino nuovo. Un soggetto fuori del comune si trova sul manoscritto del Tolomeo, Vat. Gr. 1291, dove un personaggio suona una tromba (forse in relazione con la caccia).
Novembre. Tutti i testi parlano dell'inverno, della raccolta delle olive, del carattere della stagione. Dracontius mette l'accento sulla semina, la Laus sul lavoro, ma solo nel suo genere il tetrastico si riferisce esclusivamente al sacerdote d'Iside e alla festa di questa dea celebrata allo inizio del mese. Insieme col sacerdote d'Iside sul Calendario di Filocalus si trovano gli attributi della dea: Anubis, il sistro, l'oca sacra, ecc. L'oca sarebbe anche identificabile secondo D. Levi nel disegno del grande mosaico di Cartagine, ma non è certo. Un fascio di giunchi per intrecciare panieri (scena che si spiega mediante il confronto con la rappresentazione che illustra un mese dell'inverno nel mosaico di St. Romain-en-Gal) ricorda le attività domestiche nel pavimento dell'hamman di Beisan. Interessante da notare: sul Tolomeo del Vaticano Novembre tiene un falcone. L'archetipo del manoscritto portava dunque la più antica rappresentazione della caccia al falcone che ci sia nota. Non troviamo su questi monumenti alcun cenno alle semine, ma su alcuni di essi (Beisan i e II, Tegea) non si sono ancora potuti identificare con certezza gli attributi. Una figura maschile, provvista degli arnesi per il lavoro d'autunno (aratro e ascia) è rappresentata nel mosaico di Argo.
Dicembre. I testi parlano delle brume; inoltre il tetrastico menziona anche le semine ed i Saturnalia. Il mosaico del monastero di Beisan, che è il monumento più caratteristico per quel che riguarda il mese di Dicembre, rappresenta un seminatore. Sull'altro mosaico di Beisan ci si è invece limitati a riprendere dal ciclo delle stagioni l'allegoria dell'Inverno. L'immagine del Calendario del 354 non riprende che una delle due idee espresse nel tetrastico, quella dei Saturnali, a cui ha aggiunto l'evocazione della caccia simboleggiata da uccelli. Un pastore, vestito come il Buon Pastore delle Catacombe, porta una torcia che ricorda la celebrazione notturna della festa; sul fondo una maschera ricorda invece gli spettacoli notturni che l'accompagnavano. Il gioco dei dadi a cui è intento il pastore, sembra provenire da una confusione tra la festa delle Brumalia e quella delle Saturnalia. L'uccellatore si ritrova anche su uno delle mosaici di Cartagine (Stern, n. 8). Un vecchio infreddolito, con sacca e bastone appare sul mosaico di Argo.
Gli attributi e le allegorie dei m. non si sono mai ben definiti nell'antichità: essi sono vari (parecchi per ogni mese), talvolta intercambiabili, spesso di carattere complesso. Questo ultimo tratto è particolarmente sensibile per i m. di Maggio, Giugno e Settembre, i cui attributi sono insieme stagionali, religiosi e folcloristici. Il carattere religioso è molto accentuato in Gennaio ed Aprile; per Novembre e Dicembre questo carattere è associato ad alcuni tratti presi dalla vita rustica. Il simbolismo di Febbraio ed Ottobre è puramente stagionale e rustico, quello di Marzo e Luglio stagionale e saltuariamente religioso. Per Agosto l'iconografia è di tipo sia stagionale che folcloristico. Queste osservazioni sono naturalmente basate solo su quelle poche rappresentazioni e quei pochi testi conservati, la maggior parte dei quali risale alla fine dell'antichità. Se la tradizione letteraria e monumentale fosse stata più abbondante, forse si sarebbero visti riuniti tutti i caratteri per ciascun mese. In ogni caso, come è già stato detto, sono le immagini rustiche quelle che si trasmetteranno al Medioevo.
Tabella
Monumenti considerati. - Le raffigurazioni dei m. sono raccolte nella annessa tabella: nell'elenco non figurano i monumenti in cui i m. sono indicati mediante i simboli zodiacali (v. zodiaco) o le figure di divinità. Sono stati compresi invece alcuni monumenti medievali, nei quali è evidente la derivazione da archetipi di epoca classica. Con l'asterisco (*) sono indicati i monumenti nei quali i m. sono espressi mediante una o più scene di genere, a soggetto rurale. Le parentesi ( ) indicano le raffigurazioni di dubbia interpretazione. Per la bibliografia dei singoli monumenti si rimanda alle raccolte di J. C. Webster, D. Levi e H. Stern (cit. in bibl.), a cui si deve aggiungere per il mosaico dalla villa di Awzai: M. Chehab, Mosaïques du Liban, Parigi 1959, p. 127 e 135, tav. 85; per il piatto argenteo da Kama: L. Matsoulevitch, Antiquités byzantines sur les rives du Kama, in Materialy i Issledovania, i, p. 139 ss.; id., in Gaz. d. Beaux Arts, 1947.
Oltre ai monumenti sopraelencati si ricorda il calendario liturgico greco raffigurato sul fregio della chiesa di Hagios Eleutherios (= Piccola Metropoli) ad Atene (Webster, n. 1; Stern, n. 11) del II-I sec. a. C., e due mosaici del VI sec. da Gerasa (chiesa di S. Giovanni Battista e Cattedrale) elencati da Webster, nei quali sono completamente perdute le rappresentazioni dei m., ma si conservano le iscrizioni dei nomi, in lettere greche.
Bibl.: J. Strzygowski, Die Calenderbilder des Chronographen vom Jahre 354, in Jahrbuch (Ergänzungsheft), Berlino 1888; O. Nordenfalk, Der Kalender vom Jahre 354 und die lateinische Buchmalerei d. IVten Jhd., in Goeteborgs K. Vetenskaps Samhaeller Handlingar, ser. A, V, 2, Goeteborg 1936; J. C. Webster, The Labors of the Months in Antique and Medieval Art, Princeton 1938; R. Hinks, Myth and Allegory in Ancient Art, Londra 1939, p. 47 ss.; D. Levi, The Allegories of the Months in Classical Art, in Art Bulletin, XXIII, 1941, p. 241-291; G. M. A. Hanfmann, The Season Sarcophagus in Dumbarton Oaks, 2 vol., Cambridge, Mass. 1951; H. Stern, Représentations Gallo-romaines des mois, in Gallia, IX, 1951, p. 21 ss.; id., Le Calendrier de 354, étude sur son texte et ses illustrations, Parigi 1935; id., Poésies et représentations carolingiennes des mois, in Revue Arch., XLV, 1955, p. 141 ss.; R. Ginouvès, La mosaïque des mois à Argos, in Bull. Corr. Hell., LXXXI, 1957, p. 216 ss.; H. Buchthal, An Illuminated Gospel Book of ab. 1100 A D, Special Bull. of the Nat. Gall. of Victoria, Melbourne 1961. Sull'arte musulmana: D. S. Rice, The Seasons and the Labors of the Months in Islamic Art, in Ars Orientalis, I, 1959, p. 1-39. Sui calendarî dal punto di vista cronologico, consultare: V. Grumel, Traité d'études byzantines, I, La Chronologie, Parigi 1958.
(E. Coche de la Ferté)