MESSENIA (A. T., 82-83)
Provincia o nomós della Grecia meridionale, abbracciante la parte sud-occidentale del Peloponneso, tra i golfi di Kyparissía e di Calamata, la Laconia, l'Arcadia e l'Elide. L'estensione dell'odierno compartimento amministrativo (3406 kmq.) non corrisponde esattamente a quello dell'antica Messenia (2860 kmq.), dalla quale restavano esclusi l'intera Trifilia (540 kmq.) e un lembo pertinente all'Arcadia (310 kmq.), mentre per contro la Messenia comprendeva un piccolo distretto (60 kmq.) ora passato alla Laconia.
Gli sproni settentrionali del Taigeto (Málebos, 1606 m. s. m.) delimitano a O. il territorio della provincia, facendo da spalla al bacino del Pamiso, che mette foce proprio al sommo dell'arco descritto dal golfo messenico. In analogia alla finitima zona laconica, anche il corso del Pamisos riunisce con un tratto di valle epigenetica (incavata nel flysch) la sua sezione superiore, chiusa fra il Taigeto e il gruppo del Kyparissía, all'inferiore, dove l'intenso alluvionamento si accompagna con una migrazione regolare della foce verso occidente. Ambedue le sezioni corrispondono ad aree di più denso insediamento, data la grande fertilità dei terreni e il conseguente vario loro sfruttamento agricolo. L'asse della tozza penisola messenica terminante a S. con il C. Gallo (Akrakrítas) rappresenta la continuazione del sistema del Pindo, ma raggiunge nei Kyparissía appena 1391 m. s. m. e degrada rapidamente verso mezzodì in un territorio collinare di 400-500 m.' s. m. (Lykódemon,, 957 m., H. Demétrios, 516 m.). La continuità orografica è interrotta, verso N., dalla depressione di Kókla (utilizzata dalla ferrovia che circonda il Peloponneso settentrionale), separante il gruppo dei Kyparissía da quello di Andrítsaina, che dà unità alla Trifilia: zona montuosa, quest'ultima, nettamente distinta dalla prima non solo pel più minuto ed energico intaglio del suo crinale (Lýkaion. m. 1420), complicatamente inciso dai corsi delle opposte correnti che ne rigano i fianchi (la più importante è il Neda), ma soprattutto per il diverso aspetto che, sullo Ionio, assume il suo pendio, data la minore ampiezza della piattaforma costiera. Questa, nella Messenia vera e propria, lascia invece largo spazio agl'insediamenti, e si apre nella vasta rada di Navarino (Pilo), protetta e come chiusa a O. dall'esile striscia insulare di Sfacteria. Immediatamente a S. della foce dell'Alfeo, che segna il limite settentrionale del nomós, i lunghi lidi sabbiosi creano acquitrini e lagune, la maggiore delle quali prende nome da Agoulinítsa.
Il clima della Messenia ricorda per i suoi caratteri quello della vicina Laconia, ma è sensibilmente più umido (prevalenza dei venti occidentali); ciò che contribuisce a dare qui al paesaggio un aspetto più ridente, per la maggiore esuberanza della vegetazione. Si coltivano soprattutto vite (che dà le famose uve di Corinto), ulivo, fichi, e cereali; nelle zone più elevate domina la pastorizia.
L'insediamento preferisce la ridente costiera sud-occidentale lungo lo Ionio, e più ancora la piatta valle del basso Pamiso. Il compartimento è uno dei più densamente popolati della Grecia, e il più densamente popolato del Peloponneso: 84 ab. per kmq. nella Messenia vera e propria (59 nella Trifilia). Amministrativamente comprende 5 eparchie: Calamata, Messene, Olimpia, Pilo, Trifilia, complessivamente con 247.907 ab. (censimento 1928). nel 1928 vi erano 9 centri con popolazione superiore a 1000 ab., e quattro superiori ai 5 mila. Calamata, alla foce del Pamiso, è di gran lunga il più notevole, e rappresenta, col suo porto (unito alla ferrovia eircolare), lo sbocco di tutta la regione (20.806 ab. nel 1920; 28.961 nel 1928). Oltre a Messene (v)., meritano ricordo Filiatrá (9293 ab. nel 1928) e Gargaliánoi (7074).
Bibl.: M.N. Valmin, Études topographiques sur la M. ancienne, Lund 1930; A. Philippson, Beiträge zur Morph. Griechenlandes, Stoccarda 1930.
Storia. - Vaghe e leggendarie sono le nozioni che si hanno della Messenia nell'età più antica: la tradizione nomina i Lelegi e gli Eoli come primi abitanti della regione, mentre poco significative sono le tracce della civiltà predorica apparse nelle ricerche archeologiche; la storia s'inizia con l'invasione dorica, sia pur mitico il nome dell'eroe Cresfonte, condottiero degli Eraclidi e fondatore della dinastia che ebbe sede a Steniclaro nella fertile e ridente pianura irrigata da tre fiumi, o debba pur credersi, con varî critici, che un regno dorico in Messenia non sia mai esistito. Certo è che questa regione dal clima mite, ricca di corsi d'acqua e favorita quindi da una vegetazione in molti punti lussureggiante, fornita inoltre di ottimi approdi marittimi su due versanti e confinante con la Laconia, da cui la separava solo il massiccio del Taigeto, era fatalmente destinata a suscitare il desiderio di conquista degli Spartani. Sicché le lotte sanguinose iniziatesi già nel sec. VIII si susseguirono con alterna vicenda fino alla metà del V (v. messeniche, guerre), mentre fino a tutto il terzo decennio del sec. IV i Messenî tentarono invano di riacquistare l'indipendenza.
Dopo la capitolazione della fortezza dell'Itome (455 a. C.) Tolmide guidò a Naupatto i Messenî fuggitivi, i quali nel 426 parteciparono alla spedizione di Demostene contro l'Etolia e nel 424 si stabilirono in Pilo riconquistata; nel 421 passarono a Cranii nell'isola di Cefalonia, donde ritornarono nel 419-18 per esserne nuovamente scacciati nel 410. Nel 399 i Messenî espulsi da Naupatto e da Cefalonia furono in gran parte accolti da Dionisio I di Siracusa, che li allogò sulla costa settentrionale della Sicilia, fondando la città di Tindari (395), mentre un contingente minore si rifugiò a Cirene. Ma in seguito alla guerra fra Sparta e Tebe, dopo la battaglia di Leuttra (371) e cioè quando i Tebani sotto la guida di Epaminonda ebbero invaso il Peloponneso, fiaccando l'arroganza di Sparta e favorendo con abile politica il costituirsi e il rafforzarsi degli altri stati che ne potessero ostacolare le future velleità egemoniche, la Messenia ottenne di nuovo la piena autonomia (370-369); Epaminonda fondò come capitale la città di Messene alle falde del monte Itome destinato ad essere l'acropoli. I Messenî combatterono al fianco dei Tebani nella battaglia di Mantinea (362); dopo nuove querele con Sparta si strinsero in alleanza dapprima con Filippo II di Macedonia e poi, nel 342, con Atene. Nel 338 la Messenia ricuperò la città di Limne con tutto il territorio Denteliatide, che per la sua posizione sulle pendici del Taigeto fu sempre il più contestato fra le due rivali: infatti di nuovo sotto Antigono Gonata fu ripresa dagli Spartani e successivamente appartenne alla Messenia dopo la vittoriosa spedizione di Lucio Mummio Acaico, mentre nell'età di Cesare passò ancora una volta per breve tempo in possesso di Sparta. Durante le lotte accesesi dopo la morte di Alessandro Magno, la Messenia partecipò alla guerra lamiaca (323-322); nel 316 fu conquistata da Cassandro; nel 303 la città di Messene fu sostenuta da Poliperconte contro Demetrio Poliorcete, che nel 295 la strinse d'assedio. Si unì alla Lega etolica, restò neutrale nella guerra fra Cleomene III e la Lega achea (225), ma accolse i Megalopolitani fuggiaschi e fu assalita nel 220 dagli Etoli, passando quindi a far parte della Lega achea. Nel 214 Demetrio di Faro (uno dei generali di Filippo V) invase la regione e assediò la capitale, morendo sotto le mura; un nuovo assedio subì Messene nel 202 per opera di Nabide, che peraltro fu costretto alla ritirata dallo stratego acheo Filopemene. Nel 183 la Messenia - seguendo a distanza di cinque anni l'esempio dell'irrequieta Sparta e, a quanto pare, per istigazione di Roma - si ribellò alla Lega achea e dovette in conseguenza sostenere l'assalto delle truppe alleate agli ordini di Filopemene già settantenne: questi, essendo caduto da cavallo durante uno scontro con gl'insorti guidati da Dinocrate, fu catturato, condotto a Messene e ucciso col veleno; la sua morte fu vendicata l'anno successivo da Licorta, nuovo stratego della Lega achea, il quale s'impadronì di Messene, obbligò gli uccisori di Filopemene a darsi da sé stessi la morte e sottomise la regione. Quando poi gli Achei si sollevarono contro i Romani e questi passarono nel Peloponneso, soggiogandolo interamente (146 a. C.), anche la Messenia entrò a far parte della provincia romana d'Acaia, probabilmente comprendendo anche le città minori.
Più tardi la Messenia si pronunziò in favore di Antonio e pertanto Augusto la smembrò, attribuendo alla Laconia tutta la regione a oriente del fiume Pamiso, ma Tiberio la ricompose.
La storia della Messenia durante il Medioevo e l'età successiva non può scindersi da quella di tutta la Morea, né vi mancano naturalmente le tracce della dominazione franca e veneziana (com'è il castello dei Villehardouin presso Calamata, sull'acropoli dell'antica Fere, cinto da mura venete del sec. XVII).
Bibl.: E. Meyer, Gesch. d. Altertums, 1ª ed., Stoccarda 1884 segg. II, § 283; III, § 334; IV, § 594, ecc.; K. J. Beloch, Griech. Gesch., 2ª ed., Strasburgo-Berlino 1912-1927, passim; Hermann-Swoboda, Lehrb. d. griechische Staatsaltertümer, III, Tubinga 1913, passim; E. Curtius, Der Peloponnesos, Gotha 1852; L. Pareti, Storia di Sparta arcaica, Firenze 1917, p. 154, segg. In particolare: B. Niese, Die ältere Gesch. Messeniens, in Hermes, XXVI (1891), p. i segg.; F. Arci, Il Peloponneso al tempo della guerra sociale, in Beloch, Studi di storia antica, II, Roma 1893, p. 151 segg.; K. Seeliger, Mess. u. d. achaeische Bund, Zittau 1897. Per la bibliografia vedi Reincke, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XV, col. 1214 segg.; cfr. V. Ehrenberg, ivi, III, A, col. 1373 segg.; M. N. Valmin, Études topographiques sur la Messénie ancienne, Lund 1930; A. Philippson, Beiträge zur Morphologie Griechenalndes, Stoccarda 1930.