Messico
(XXII, p. 958; II, ii, p. 288; III, ii, p. 64; IV, ii, p. 432; V, iii, p. 427)
di Elio Manzi
Popolazione
Il M. presenta una situazione piuttosto complessa e contraddittoria: secondo alcuni indicatori economico-sociali il paese si trova a ridosso degli Stati più sviluppati, il tasso di alfabetizzazione ha raggiunto il 90% e l'aspettativa media di vita si aggira sui 72 anni; tuttavia continua a presentare gravi squilibri nella distribuzione del reddito e delle condizioni sociali, con disuguaglianze evidenti soprattutto nel quadro delle condizioni di immigrazione di masse suburbane nelle periferie metropolitane e, in particolare, per quanto riguarda l'accesso ai servizi.
Nel 1998 la popolazione del M. ha quasi raggiunto i 96 milioni di abitanti e il peso demografico continua a crescere fortemente in conseguenza di un tasso di natalità elevato (circa il 3%). La popolazione urbana si attesta al 74% del totale, un valore che si incrementa con un ritmo intorno al 2,5% annuo. La distribuzione della popolazione mostra aree ad alta densità demografica in ulteriore aumento, coincidenti con le regioni storiche del popolamento, situate nell'altopiano centro-meridionale; a queste fanno da contrappunto zone a bassa o bassissima densità, coincidenti con lo Yucatán e le terre aride del Nord.
La regione metropolitana di Città di Messico è una delle più grandi agglomerazioni urbane della Terra. Al censimento del 1995, la capitale, nei limiti del distretto federale, contava 8.489.000 ab., e nell'area metropolitana 16.674.160. Nella regione della capitale la crescita demografica, alimentata da ingenti flussi immigratori, è stata così forte che la popolazione è più che quintuplicata dagli inizi del 20° secolo. Città di Messico è anche il maggior polo politico, economico e funzionale, il luogo in cui si concentrano le più importanti istituzioni finanziarie, produttive e decisionali, oltreché la capitale culturale del paese, dove tuttavia si aggrava progressivamente il contrasto fra grandi ricchezze e sacche di povertà ed emarginazione, fra complessi modernissimi e polifunzionali e quartieri miseri e obsoleti. Intorno a Città di Messico si è sviluppata una costellazione urbana di centri che gravitano sulla capitale, fra cui Toluca de Lerdo, polo dell'industria tessile, Morelia, città storica e centro manifatturiero, Pachuca, maggior centro del principale distretto minerario del paese, l'Hidalgo, e ancora Cuernavaca e la stessa Puebla.
La seconda città per peso demografico e funzionale rimane Guadalajara, che nella sua area metropolitana conta quasi 3,5 milioni di ab. (1995) ed è oggi importante centro manifatturiero. Altre città industriali sono Monterrey, il maggior polo dell'industria pesante dopo la capitale, e León (con 3 milioni e 1 milione di ab. nelle rispettive aree metropolitane). Lungo il confine con gli Stati Uniti sono cresciute numerose città doppie, come Ciudad Juárez e Matamoros, cui corrispondono, rispettivamente, El Paso nel Nuovo Messico e Brownsville nel Texas; il polo urbano maggiore del M. centro-settentrionale rimane tuttavia Chihuahua (627.662 ab.). Assai meno urbanizzata appare la parte meridionale del paese, dove si evidenzia Mérida, capitale dello Yucatán e centro agricolo e turistico. Legati allo sviluppo del turismo sono anche i centri di Tijuana (contiguo a San Diego nella California statunitense) e Mexicali, nella bellissima penisola della Bassa California. Sulla costa pacifica meridionale l'unica città rilevante è la celebre Acapulco de Juárez. Le città che superano i 100.000 ab. sono una sessantina, di cui una ventina supera o tocca il mezzo milione, con una crescita recente, in parte dovuta all'immigrazione dalle aree rurali.
Condizioni economiche
A partire dalla fine degli anni Ottanta, il M. ha sperimentato una fase di rapide trasformazioni economico-sociali che hanno prodotto effetti rilevanti sull'organizzazione territoriale. Si sono attuati una crescente liberalizzazione dell'economia e un rafforzamento dei legami economici con l'America anglosassone, che hanno determinato effetti benefici sulla disastrata situazione economica: è stato avviato un processo di diversificazione e liberalizzazione, con lo smantellamento dei tradizionali apparati corporativi e il drastico contenimento dell'assistenza sociale, la privatizzazione in campo finanziario e produttivo e l'apertura del paese agli investitori stranieri. Gran parte dei sacrifici richiesti dalla nuova impostazione politico-economica sono stati orientati all'ingresso nel North American Free Trade Agreement (NAFTA), ovvero il trattato di libero scambio stipulato con Stati Uniti e Canada, sottoscritto nel 1992 ed entrato in vigore nel 1994; inoltre, sempre fra il 1993 e il 1994, il M. ha aderito all'APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation) e all'OCSE. L'insieme di queste scelte ha dato nuovo impulso all'economia messicana, che nei primi anni Novanta ha raggiunto buoni risultati a scala macroeconomica, quali il drastico contenimento dell'inflazione (dal 70% medio annuo degli anni Ottanta al 10% nel 1993), la riduzione della disoccupazione, l'espansione della produzione interna e delle esportazioni. Tuttavia i costi del nuovo corso liberista e del confronto con la globalizzazione dell'economia hanno contribuito ad acuire pericolose tensioni sociali e preoccupanti segni di recessione, oltre che di instabilità politico-istituzionale. Il clima di incertezza è stato accompagnato da pesanti contraccolpi economici, che dal 1994-95 hanno generato forti ripercussioni finanziarie (v. oltre, Politica economica e finanziaria) e un peggioramento delle condizioni di vita delle classi più deboli, già duramente colpite dal ridimensionamento dell'assistenza statale e dalla ristrutturazione dell'apparato produttivo; inoltre si è verificato un rapido sviluppo dell'economia sommersa, che coinvolge circa il 20% della popolazione attiva e produce il 30% del PIL. Negli ultimi anni Novanta sono quasi raddoppiati i Messicani che vivono al di sotto della soglia di povertà, così come è di nuovo aumentato il tasso di disoccupazione in conseguenza della contrazione del mercato del lavoro, a fronte di un consistente aumento della popolazione. Segno evidente del disagio e delle difficoltà in cui vive una considerevole percentuale della popolazione è rappresentato dal massiccio fenomeno dell'emigrazione, in gran parte clandestina, che ha come principale meta i confinanti Stati Uniti e che provoca spesso tensioni fra i due governi.
L'agricoltura, danneggiata nel 1996 da una siccità straordinaria e dal conseguente calo disastroso della produzione cerealicola, occupa un ruolo sempre più ridotto, quale settore penalizzato dalle scelte politiche degli ultimi decenni, che hanno privilegiato lo sviluppo dell'industria; le forme agricole più progredite e razionali permangono nell'ambito di grandi aziende private, per lo più dedite alle produzioni d'esportazione (cotone, agave per la fibra dell'henequén, piante da olio, frutti tropicali e temperati, primizie, caffè, cacao e canna da zucchero). Il M. ormai importa derrate agricole di base, perché la produzione interna non riesce più a soddisfare il fabbisogno. Le colture di sussistenza sono soprattutto quelle dei cereali (mais, frumento, sorgo, orzo, riso), quelle dei legumi (fagioli) e quelle ortive: colture prevalenti nelle tierras templadas dell'altopiano, tranne quella del riso, coltivato nei bassopiani caldi e umidi costieri. Nel settore zootecnico prevalgono l'avicoltura (300 milioni di volatili) e l'allevamento bovino (26,9 milioni di capi), quest'ultimo praticato in grandi aziende situate nella parte settentrionale del paese. Altro comparto rilevante è quello ittico, presente soprattutto nel Golfo della California e lungo le coste dello Yucatán; la produzione di molluschi e crostacei viene assorbita in gran parte dal mercato statunitense.
Il paese sfrutta ingenti risorse minerarie, fra cui gli idrocarburi liquidi e i minerali preziosi e metallici, detiene il primato mondiale dell'argento e spicca per le produzioni di piombo e zinco. Di grande rilievo sono i giacimenti petroliferi (anche offshore) che si situano principalmente nelle regioni affacciate sul Golfo del Messico; la produzione di petrolio (170,6 milioni di t nel 1997, sesto produttore mondiale, secondo dell'America Latina dopo il Venezuela) e di gas naturale alimenta l'industria di raffinazione e petrolchimica, ma in notevole parte il greggio viene trasportato ai porti d'imbarco attraverso un'articolata rete di oleodotti. Il settore secondario si è via via modernizzato e diversificato, grazie alla politica di sostegno governativa e agli investimenti stranieri: i settori di punta restano le industrie chimica, petrolchimica, meccanica, elettromeccanica e siderurgica, mentre mantengono una notevole consistenza i comparti tessile e alimentare. Grande espansione ha presentato negli ultimi anni il turismo, grazie anche allo sviluppo delle vie di comunicazione e delle infrastrutture ricettive. Il flusso annuale è stimato intorno ai 20 milioni di visitatori (19,3 milioni nel 1997), che si riversano per lo più nei centri balneari e nelle regioni ricche di testimonianze storico-monumentali, in molti casi con effetti devastanti sul territorio. Questa emergenza ambientale si somma alle altre che affliggono le aree urbanizzate e industrializzate: i tassi d'inquinamento atmosferico raggiungono livelli elevati, non solo a Città di Messico, ma anche in altri siti urbani dell'altopiano, perché gli effetti delle emissioni dei veicoli e delle industrie si combinano con quelli dell'altitudine. I rilevamenti ONU (1994) valutano in 63 le aree nazionali protette, estese su 10 milioni di ha, cioè poco più del 5% della superficie territoriale. Le aree forestali coprivano nel 1995 circa il 25% della superficie territoriale.
bibliografia
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Politica economica e finanziaria
di Carlo Pietrobelli
Nonostante la grande variabilità dell'economia e delle politiche economiche riscontrata nel corso dell'ultimo decennio del 20° sec., l'andamento di lungo periodo dello sviluppo economico del M. non è mutato sostanzialmente (v. tab.). Così il tasso di crescita del PIL si è attestato sul 2% per tutto il periodo, un tasso appena sufficiente a compensare l'aumento della popolazione, e il PIL pro capite è rimasto quindi agli stessi livelli del 1980. Il tasso d'inflazione è cresciuto bruscamente nel 1995 e 1996 per via di una crisi economica e finanziaria, la più grave della storia messicana recente, che si è manifestata anche in un saldo fortemente negativo dei movimenti di capitale, tradizionalmente affluiti in abbondanza in M. per l'alta redditività degli investimenti. Questo deficit è stato parzialmente compensato dalla robusta crescita delle esportazioni, sospinte dalla svalutazione reale del tasso di cambio e dalla depressione della domanda interna.
I segnali di vulnerabilità, manifesti già da qualche anno, esplosero alla fine del 1994 nella grave crisi finanziaria, che prese la forma di crisi di fiducia degli investitori internazionali nei confronti delle autorità monetarie messicane, e che si estese rapidamente a numerosi altri paesi della regione, inducendo gli analisti a parlare di un effetto tequila. Conseguentemente, l'adozione di un drastico programma di emergenza e di stabilizzazione, nonché la forte contrazione dei flussi di capitali dall'estero e il permanere di una situazione di grande incertezza, determinarono nel 1995 una crisi economica senza precedenti nella storia moderna del paese. Il PIL diminuì del 6,2%, e il PIL pro capite addirittura del 7,8% in un solo anno.
Il programma di aggiustamento adottato alla fine del 1994 si era proposto di ridurre il deficit delle partite correnti della bilancia dei pagamenti, per evitare l'innescarsi di una spirale inflazionistica e ristabilire le condizioni per la ripresa dell'economia nel minor tempo possibile. A tal fine vennero adottate misure restrittive di politica fiscale, monetaria e salariale; inoltre il 22 dicembre 1994 venne introdotta una politica di fluttuazione del tasso di cambio, abbandonando così il sistema di fluttuazione controllata utilizzato dal 1988 come strumento di controllo dell'inflazione. La politica fiscale puntò sostanzialmente alla riduzione della spesa e al mantenimento delle entrate fiscali in una proporzione costante del PIL. Il risultato fu l'aumento dell'avanzo primario in percentuale dal 2,3% nel 1994 al 4,5% del PIL nel 1995, mentre il saldo di bilancio complessivo andava in disavanzo.
Condizione necessaria alla sostenibilità di tale programma di politica economica furono i prestiti concessi dal Fondo monetario internazionale (FMI) e dalla Banca dei regolamenti internazionali per complessivi 47.800 milioni di dollari. Tali aiuti finanziari consentirono l'ammortamento di titoli di credito a breve termine del governo denominati in dollari per un valore prossimo ai 28.000 milioni di dollari. Come di consueto, l'accesso a queste risorse venne condizionato a un accordo con il FMI che impegnava il M. a conseguire determinati obiettivi economici nel contesto di un programma di aggiustamento strutturale dell'economia. Il programma conseguì risultati soddisfacenti in termini di tasso d'inflazione e di riduzione del deficit delle partite correnti della bilancia dei pagamenti ma a costo di una severa restrizione dell'attività economica e di una contrazione dell'occupazione e dei salari reali.
A differenza di quanto era avvenuto durante le recessioni degli anni Ottanta, il M. superò la recessione del 1995 molto rapidamente, soprattutto perché il pacchetto di misure di sostegno finanziario dall'estero evitò una restrizione prolungata del credito, altrimenti necessaria, e perché la dimensione della svalutazione trasmise un forte impulso alla competitività delle esportazioni. Queste ultime, rappresentando ormai una quota crescente del PIL, sono divenute il vero e proprio motore della ripresa, compensando la lenta crescita della domanda interna.
Le esportazioni crebbero nel 1996 a un tasso vicino al 22%, elevato ma largamente inferiore al 40% del 1995. Nel 1997 hanno continuato a crescere, ma a ritmi ancora più bassi (+10% circa). Questi tassi di crescita sono stati il riflesso del forte aumento delle esportazioni di manufatti, che rappresentano ormai l'84% del totale, nonché delle esportazioni prodotte in regime di maquila. Tale regime fornisce agevolazioni finanziarie per gli impianti di assemblaggio a capitale estero concentrati di fatto lungo il confine con gli Stati Uniti.
Sul fronte del debito estero, il M. ha provveduto nel corso degli ultimi anni a una continua ristrutturazione del debito, al fine di ridurne l'onere del servizio e di allontanarne nel tempo la scadenza. Utilizzando le risorse finanziarie ottenute sul mercato a condizioni più vantaggiose rispetto al periodo della crisi finanziaria del 1994, il governo messicano è riuscito ad ammortizzare con anticipo parte dei prestiti forniti dal governo degli Stati Uniti.
La recente normalizzazione dei mercati finanziari e la ristrutturazione del debito hanno prodotto una ripresa degli afflussi di capitali dall'estero dal 1996, nonché degli investimenti di portafoglio dall'estero, compensando una lieve riduzione degli investimenti diretti produttivi dall'estero. Infine il NAFTA ha continuato a produrre i suoi effetti in termini di approfondimento dell'integrazione economica del continente nordamericano. Attualmente sono numerosissime le imprese che hanno effettuato investimenti in più di un paese dell'area, e che considerano il mercato dei tre paesi quale un mercato unico. Tale processo d'integrazione ha visto anche imprese messicane investire negli Stati Uniti, e imprese di paesi terzi, in particolare dall'Europa e dal Giappone, avviare nuove attività nella regione.
La ripresa avviatasi dopo la crisi del 1995 ha proseguito fino alla prima metà del 1998. Successivamente, le turbolenze sui mercati finanziari internazionali e il ribasso dei prezzi del petrolio hanno indotto un peggioramento del quadro economico messicano. Complessivamente, tuttavia, la crescita del PIL è rimasta sostenuta e l'inflazione, già scesa notevolmente nel 1997, si è attestata poi intorno al 15%. Nel 1999, con l'obiettivo di proseguire e consolidare il processo di riforme economiche, il governo messicano si è rivolto al FMI ottenendo un prestito stand-by di circa 3100 milioni di Diritti speciali di prelievo per un periodo che va fino al dicembre 2000.
bibliografia
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CEPAL, ONU, Panorama económico de América Latina, anni vari.
Storia
di Ghita Micieli de Biase
Il Partido Revolucionario Institucional (PRI), al potere dalla sua fondazione (1946), ha continuato a monopolizzare la vita politica del paese, impedendo anche con mezzi repressivi (assassini a carattere politico, brogli elettorali) e consociativi (corruzione, nepotismo, collusione con il narcotraffico) l'istituzionalizzazione di qualunque espressione alternativa al potere dominante. Senza una vera opposizione da parte dell'unica formazione politica consentita, il Partido de Acción Nacional (PAN), d'ispirazione cattolica e conservatrice, il PRI conquistò fino al 1991 la maggioranza dei voti nelle consultazioni elettorali (presidenziali, municipali o regionali), esprimendo così quasi tutta la dirigenza politica e civile del paese.
Le accuse di gravi irregolarità che accompagnarono i successi elettorali ottenuti dal PRI costrinsero però il presidente Salinas a far approvare dal Congresso, nel settembre 1993, misure volte a limitare la discriminazione nei confronti delle opposizioni. Esse prevedevano, tra l'altro, la possibilità di accesso ai media a tutte le formazioni politiche, la modifica del meccanismo di finanziamento dei partiti, una maggiore rappresentatività dei partiti minori al Senato. Fu anche abolita la clausola di governabilità, introdotta nel 1989-90 (che attribuiva la maggioranza assoluta al partito più votato, purché ricevesse almeno il 35% dei voti) e fu riorganizzato, rendendolo autonomo dal governo, l'organismo di controllo delle elezioni.
Determinanti furono inoltre gli eventi che accompagnarono il 1994, l'annus horribilis del M., e che incisero profondamente nella sfera politica, economica e sociale del paese. L'avvio da parte del presidente Salinas della privatizzazione dei fondi (ejidos) di proprietà dello Stato dati in uso ai contadini pose fine al sistema di distribuzione delle terre avviato nel 1917 e sostenuto dal presidente Cárdenas negli anni Trenta, contribuendo, tra altri fattori, a inasprire il disagio socioeconomico di molte aree marginali. Questo disagio esplose in modo dirompente nel Chiapas (l'ottavo Stato del M. per estensione e uno dei più poveri, con il 30% della popolazione costituito da Indios) il 1° gennaio 1994, quando l'Ejército Zapatista de Liberación Nacional (EZLN), scegliendo simbolicamente la data dell'entrata in vigore del NAFTA (North American Free Trade Agreement), insorgeva e occupava quattro municipalità a sud del Chiapas, compresa la città turistica di San Cristóbal.
L'EZLN si presentava come l'espressione ultima della ribellione degli Indios ai cinquecento anni di soprusi ('il grido di guerra degli Indios'), ed era il braccio armato del comando del Comitato clandestino rivoluzionario indigeno, un'assemblea che rappresentava le diverse comunità indios, decise a passare all'opposizione armata. L'azione colse di sorpresa le autorità governative (il Chiapas aveva dato il 76% dei voti al PRI ed era stato il principale beneficiario del Programa nacional de solidaridad, PRONASOL), che tentarono di reprimere il movimento attuando una dura controffensiva militare. Ciò contribuì a rafforzare la crescente popolarità delle forze zapatiste, che riuscirono a catturare l'attenzione e il favore dell'opinione pubblica mondiale anche attraverso una mirata politica della comunicazione (messaggi via Internet e appello-invito dato ai giornalisti e ad attivisti dei diritti umani di andare e verificare sul luogo) e un attento uso dei simbolismi (il passamontagna nero che celava il volto del 'subcomandante' Marcos, e il richiamo a E. Zapata, simbolo della rivoluzione messicana e guida del movimento di braccianti indios che rivendicava la riforma agraria).
Nel tentativo di recuperare credibilità sul piano internazionale, il governo annunciò un cessate il fuoco unilaterale il 10 gennaio e nominò M. Camacho Solís (ex Regente della capitale) a capo di una Commissione di pace e riconciliazione. Con la mediazione del vescovo S. Ruiz, conosciuto per la sua militanza in difesa dei diritti degli Indios, la Commissione avviò in febbraio le trattative che portarono alla pubblicazione di un documento contenente le 34 richieste inoltrate dalla comunità degli Indios tra cui, fra l'altro, la prosecuzione del PRONASOL, il programma lanciato nel 1989 per le aree marginali, l'introduzione delle usanze indios nel sistema giudiziario e politico della regione, e una analisi delle conseguenze, per la comunità indios, del NAFTA e della nuova riforma agraria. L'accettazione parziale da parte del governo delle richieste avanzate non soddisfece gli zapatisti e indusse Salinas a nominare un nuovo negoziatore di prestigio, J. Madrazo Cuéllar, che era a capo della Comisión nacional de derechos humanos.
Due mesi dopo la rivolta del Chiapas, il quadro politico fu reso ancora più instabile dall'assassinio di L. Donaldo Colosio, candidato presidenziale del PRI appartenente alla fazione più progressista del partito. La sua candidatura aveva alimentato forti dissensi all'interno del PRI e acuito i contrasti fra le due fazioni interne (quella conservatrice e quella progressista). Catturato l'esecutore materiale del delitto, il caso portò anche all'arresto di alcuni membri del PRI che furono prosciolti però in luglio, con grande scalpore dell'opinione pubblica, in base al rapporto del nuovo procuratore generale incaricato del caso. Il nuovo candidato del PRI, E. Zedillo Ponce de León, responsabile della campagna elettorale di Colosio, riuscì tuttavia a vincere con il 48,8% dei voti (contro il 25,9% di D. Fernández de Cevallos del PAN e il 16,6% di C. Cárdenas Solórzano per il Partido de la Revolución Democrática, PRD) le presidenziali dell'agosto 1994, svoltesi con regolarità e sotto la vigilanza di osservatori internazionali. Anche nelle elezioni legislative il PRI riuscì a consolidarsi al Senato (95 seggi su 128) e a difendersi alla Camera (300 seggi su 500) mentre, con la quota proporzionale, il PAN guadagnò 24 seggi, il PRD 8 e con 10 seggi fece la sua prima apparizione il Partido del Trabajo (PT).
L'instabilità politica che aveva accompagnato i sei anni della presidenza Salinas (durante i quali furono uccisi circa 300 attivisti dell'opposizione) esplose in tutta la sua drammaticità nell'ultimo semestre del 1994. Un secondo assassinio politico nel settembre 1994, che colpì il segretario generale del PRI J.F. Ruiz Massieu, riaprì il caso Colosio. Nel novembre 1994 il fratello del dirigente del PRI assassinato, M. Ruiz Massieu, si dimise dalla carica di viceministro della Giustizia, accusando alcuni membri del suo partito di voler ostacolare le indagini. Accompagnate da nuove nomine di procuratori, le indagini successive coinvolsero personalità politiche legate ai cartelli messicani di droga. Seguirono arresti eccellenti come, nel febbraio 1995, quello del fratello dell'ex presidente Salinas, R. Salinas de Gortari, per complicità nell'assassinio di Massieu, e in aprile quello del mandante (F. Rodríguez Gonzáles, un funzionario della Camera) e di numerosi complici tra cui cinque governatori di Stato. Emerse in particolare che il fratello di Salinas si era servito della sua influenza per coprire una rete di narcotrafficanti che poi avevano finanziato la campagna elettorale dell'ex presidente. Poco dopo lo stesso presidente Salinas, che si dichiarava vittima della lotta interna di potere nel PRI, fu invitato dal governo messicano a lasciare il paese.
Sotto il profilo economico, il 1994 fu caratterizzato da una terribile svalutazione del peso messicano (si svalutò dal 15% a quasi il 60% in pochi giorni), che aggravò la già rilevante fuga di capitali provocata dall'assassinio di Colosio in marzo. Un piano straordinario di aiuti internazionali (pari a 50 miliardi di dollari) predisposto per iniziativa degli Stati Uniti evitò il crollo del sistema bancario, ma si infranse l'illusione, sostenuta anche dalla retorica di Salinas, di una economia forte e stabile, che l'entrata in vigore del NAFTA e l'ammissione del M., nel maggio 1994, nella cerchia dei paesi maggiormente industrializzati (OCSE) avevano alimentato.
Al presidente Zedillo, insediatosi il 1° dicembre 1994, toccò infatti il difficile compito del risveglio. Traumatizzante fu per i Messicani l'appello lanciato il 4 gennaio 1995 per il piano economico d'emergenza: "Il progresso del M. ci impone di riconoscere, con pieno realismo, che non siamo un paese ricco, ma una nazione con gravi bisogni e lacune". Vennero attuate così, a partire dal marzo 1995, misure di austerità che prevedevano forti tagli alla spesa pubblica, l'aumento dell'imposta di valore aggiunto dal 10% al 15% e l'immediato rincaro dei prezzi del petrolio; fu addirittura proposta la privatizzazione della compagnia petrolifera (la cui nazionalizzazione era stata un simbolo dell'emancipazione del M. rivoluzionario). L'austero piano economico riuscì a rassicurare il mercato dei capitali accelerando la ripresa economica, ma peggiorò la già difficile condizione delle classi medio-basse.
Nel Chiapas il conflitto riprese nel febbraio 1995. In marzo una legge speciale per il Dialogo, la conciliazione e pace onorevole nel Chiapas, emanata dal governo e sostenuta dalle maggiori forze politiche, avviò l'apertura di trattative con i guerriglieri. Un referendum organizzato nell'agosto 1995 dall'EZLN a Città di Messico e nello Stato del Chiapas (e al quale partecipò circa un milione e mezzo di votanti) approvò la trasformazione del movimento armato in una forza politica indipendente (il Frente Zapatista de Liberación Nacional). Nel febbraio 1996 i negoziati portarono alla firma di un accordo di compromesso (accordi di San Andrés) che metteva da parte la questione della riforma agraria e offriva una serie di garanzie a favore dei diritti culturali, linguistici e di autonomia locale degli Indios.
Se per il Chiapas il momento negoziale sembrava prevalere, in un altro Stato, quello di Guerrero, le tensioni fra gruppi contadini e polizia locale rimasero alte e causarono, nel giugno 1995, l'uccisione di 17 contadini. L'evento portò alle dimissioni, nel marzo 1996, del governatore R. Figueroa e a nuovi scontri in giugno, in occasione della commemorazione del massacro organizzata dall'Ejército Popular Revolucionario (EPR), una formazione di opposizione armata che operava contro le postazioni governative soprattutto negli Stati di México e Oaxaca. Nel novembre 1995 fece anche la sua comparsa una terza forza ribelle, denominata Ejército Revolucionario Popular Insurgente, che dichiarava di voler agire negli Stati centrali e settentrionali del paese. Il caso del Chiapas e l'insorgere delle altre regioni del M. economicamente arretrate (gli zapatisti si erano sempre dissociati dagli altri movimenti) sembravano essere accomunati dal rifiuto di far parte di quella globalizzazione tanto declamata dalla classe dirigente messicana e che alimentava crescenti dubbi sulla efficacia per il M. della scelta NAFTA, accusata di favorire unicamente il settore delle esportazioni (delle aziende maquiladoras poste al confine con gli USA), di mantenere invariati i salari reali e bassi i livelli di consumo interno.
Con grande sollievo per il M., il 1996 e i primi mesi del 1997 segnarono una svolta sia sul fronte economico che politico, consentendo al M., nel gennaio del 1997, di rimborsare, con più di tre anni di anticipo, tutto il debito contratto con gli USA (3,5 miliardi di dollari) a seguito della crisi del 1994 e anche di anticipare il rimborso di altri 1,5 miliardi di dollari al Fondo monetario internazionale. L'elettorato messicano, poi, cominciò ad allargare le proprie scelte favorendo nettamente le opposizioni alle elezioni municipali e regionali del 1996 e del 1997. Nelle elezioni del 6 luglio 1997, il PRI mantenne la maggioranza al Senato (77 seggi su 128), ma la perse alla Camera (239 seggi, 31% dei voti) dove invece uscirono rafforzate le opposizioni con i 122 seggi del PAN (27% dei voti) e i 125 seggi del PRD (26%). I restanti seggi furono conquistati dal Partido Verde Ecologista de México (PVEM, 8 seggi) e dal PT (6 seggi).
I pessimi risultati elettorali del PRI acuirono i contrasti tra le due fazioni del partito portando alle dimissioni del presidente del partito R. Villanueva. In base a un'intesa informale, sperimentata positivamente in occasione del varo delle riforme politiche dell'agosto 1996 che introdussero le elezioni dirette per il 'capo del governo' del Distretto Federale di Città di Messico (in precedenza il Regente era nominato dal presidente), le opposizioni riuscirono a ottenere importanti commissioni della Camera (bilancio, lotta alla corruzione e affari interni). Il fronte delle opposizioni si spezzò però nel dicembre 1997 quando il PAN sostenne l'approvazione del bilancio 1998 e fu accusato dal PRD di riesumare passate connivenze con l'ala conservatrice del PRI. Il PRD, rinnovatosi in partido-movimento sotto la nuova direzione di A.M. López Obrador riuscì comunque a vincere le prime elezioni per il Distretto Federale (dicembre 1997) con la candidatura del fondatore del partito C. Cárdenas, eletto per tre anni (mentre il suo successore lo sarà per sei) con il 47,1% dei voti.
Il caso Massieu si concluse con la condanna di Raúl Salinas a cinquant'anni di reclusione mentre M. Ruiz Massieu fu arrestato negli Stati Uniti per riciclaggio di denaro sporco e si suicidò nel settembre 1999. La crescente pressione da parte degli Stati Uniti per la lotta antidroga portò a molti arresti eccellenti già nel corso del 1996 (J. García Abrego, capo del 'cartello del Golfo' estradato poi negli USA, e il gen. Gutiérrez Rebollo, capo dell'Istituto nazionale di lotta alla droga) e allo smantellamento dello stesso INCD a favore di un corpo di élite alle dirette dipendenze del procuratore generale. Queste misure fecero guadagnare al M. il 'certificato' di buona condotta antidroga, rinnovato annualmente, pur con molte contestazioni, dal Congresso USA.
I problemi del Chiapas invece erano ben lontani da una soluzione definitiva. Nel corso del 1996 il presidente Zedillo alternò gesti di distensione (scarcerazione di membri dell'EZLN, nomina di nuovi mediatori governativi) al pugno di ferro (rafforzamento della presenza militare nel Chiapas, espulsione dal Chiapas di attivisti dei diritti umani). In settembre l'EZLN sospese il dialogo in risposta al rifiuto di Zedillo di approvare un disegno di legge sui diritti degli Indios proposto in base agli accordi di San Andrés dalla Comisión de Concordia y Pacificación (COCOPA) che raggruppava i principali partiti politici. Ad allontanare le prospettive di pace contribuì anche l'azione di gruppi paramilitari (tra i quali Paz y Justicia, finanziato dai latifondisti e allevatori in maggioranza antizapatisti) responsabili del tentato omicidio del vescovo S. Ruiz e dello sterminio, nel dicembre 1997, di 45 Indios nella chiesa di Acteal (Chenalhó). Il Congresso nazionale indigeno, che riuniva un centinaio di organizzazioni, invitò gli Indios a ribellarsi al governo e a formare municipi autonomi (38 nel 1998) mentre la Commissione nazionale di intermediazione, presieduta dal vescovo Ruiz, fu sciolta (a seguito anche di misure intimidatorie intraprese contro la diocesi di San Cristobál, come l'espulsione di sette preti e la chiusura di 40 chiese) Nel marzo 1999, oltre il 95% dei 2,5 milioni di votanti appoggiò le rivendicazioni degli zapatisti al referendum informale organizzato nel paese dall'EZLN. L'erosione del consenso al PRI si consumava nel corso del 1998-99 anche nel resto del paese, dove si affermava una rinnovata coalizione delle opposizioni (nello Stato di Nayarit, luglio 1999).
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