METALLURGIA (dal gr. μεταλλουργός "minatore" inteso come "lavoratore dei metalli")
È quella parte della tecnologia che si occupa di ricavare dai minerali i metalli nello stato più o meno puro richiesto dal commercio e dalle industrie che utilizzano i metalli come materie prime. I processi metallurgici variano assai secondo i minerali trattati e si sono moltiplicati nei tempi più moderni con l'utilizzazione d'un numero sempre maggiore di metalli. È perciò conveniente dar conto delle varie metallurgie sotto il relativo metallo, limitandosi qui a dare un quadro della metallurgia da un punto di vista etnografico. La metallurgia del ferro, chiamata più specialmente siderurgia, è trattata sotto la voce ferro.
La tecnica della lavorazione dei metalli si può ritenere passata, secondo uno schema teorico, per le quattro fasi seguenti: a) martellatura a freddo; b) fusione dei minerali più fusibili (manifestatasi forse incidentalmente la prima volta durante la cottura di ceramiche); camini per l'aerazione dei forni primitivi di fusione; colatura del metallo fuso entro forme di argilla indurita; c) lega dei metalli ottenuti dalla fusione; d) fusione del minerale di ferro, contemporanea forse all'invenzione del soffietto, usato dapprima per attivare la corrente d'aria negli alti forni, in seguito, allorché questi si furono perfezionati, utilizzato nella lavorazione dei metalli.
I metalli che interessano dal punto di vista etnografico sono: l'oro, l'argento ed eventualmente il platino e il piombo; il rame, lo stagno e il bronzo ottenuto dalla loro unione; in minor grado lo zinco, l'ottone prodotto dalla lega del rame con lo zinco; il ferro con le sue modificazioni. Tanto la preistoria quanto lo studio delle popolazioni primitive attuali ci mostrano come l'umanità al suo inizio non conoscesse i metalli. Senza di questi, e particolarmente senza il ferro, non sarebbe possibile la civiltà attuale; tuttavia non si deve credere che questo fattore sia di per sé sufficiente a far raggiungere tale grado di civiltà. Molte popolazioni, infatti, dell'Africa e dell'Asia, sebbene siano da lungo tempo a conoscenza del ferro, sono rimaste a un livello culturale assai basso e superato notevolmente da popoli che non possiedono il ferro (antichi Peruviani e Messicani) o senza alcun metallo (Polinesiani).
Fra le popolazioni attuali si può del resto fare una sola distinzione: quelle che ignorano e quelle che conoscono il ferro, poiché queste ultime lavorano anche tutti gli altri metalli, e non vi è più, d'altra parte, alcuna regione dove si faccia uso soltanto di rame e di bronzo. Le indagini preistoriche hanno invece dimostrato che l'epoca del ferro fu preceduta da un'epoca del bronzo e questa da una del rame; è probabile pure che il rame sia stato preceduto dall'oro: fra tutti i metalli che si trovano allo stato nativo (oro, argento, platino e rame) le pagliuzze d'oro delle sabbie aurifere dovettero in realtà colpire più facilmente l'uomo primitivo, e anche la sua estrazione può aver preceduto quella degli altri metalli poiché la fusione dei suoi minerali richiedeva un calore minore. Non si è avuta tuttavia un'"età dell'oro" nel senso letterale della parola, perché la quantità di metallo ricavato non fu mai sufficiente per un'utilizzazione corrente. Bisogna, infine, dividere l'età del ferro in due periodi; il primo è quello del ferro propriamente detto, quale è conosciuto dalle popolazioni primitive; il secondo è quello dell'acciaio dovuto alla civiltà occidentale o europea. L'acciaio non era forse del tutto sconosciuto all'antica cultura mediterranea, ma il suo pieno sfruttamento industriale non data che dal sec. XVII. Anche per il ferro comune si ebbe un lungo intervallo fra la scoperta e la sua utilizzazione corrente. Esso era conosciuto già nel secolo XIII a. C., come risulta da una lettera del re degli Hittiti al faraone Rameśśêśe II, ma ancora assai raro e prezioso. Il rame invece era conosciuto nella Caldea e nell'Egitto già nel 4000 a. C., ma l'età del rame s'inizia assai più tardi. È da tener presente poi che lo sfruttamento dei varî metalli fu in alcuni paesi più precoce che in altri: per l'insieme dei paesi europei e del vicino Oriente si può tuttavia stabilire il seguente quadro cronologico largamente approssimativo:
La suddivisione di queste epoche in base alla forma degli strumenti, ecc., costituisce un problema archeologico. Quello che qui maggiormente interessa è il vedere quale sia stata la distribuzione della conoscenza dei metalli all'epoca delle grandi scoperte geografiche (sec. XV) e il problema se la metallurgia in generale e le diverse metallurgie speciali hanno avuto origine unica o multipla, nello spazio e nel tempo.
La carta riprodotta appresso mostra come all'epoca delle grandi scoperte s'ignorasse il ferro nell'estremità orientale dell'Asia, in tutta l'America e nell'Oceania; in quest'ultima parte del mondo era sconosciuto anzi ogni metallo. È stato osservato che taluni gruppi di Polinesiani possedevano delle clave di legno che richiamano più o meno, nella forma, alcune asce metalliche: e si è fatta anche l'ipotesi che essi conoscessero la lavorazione dei metalli prima di passare dal continente asiatico nelle isole, abbandonata poi per mancanza dei minerali. È certo, in ogni modo, che in tutta l'Oceania, cioè nell'Australia, Melanesia, Micronesia e Polinesia, nulla è stato fabbricato in metallo prima dell'arrivo degli Europei.
Si è creduto per lungo tempo che anche l'America precolombiana avesse ignorato i metalli, ma le scoperte e gli studî recenti hanno dimostrato che, sebbene non vi fosse conosciuto il ferro, erano noti e lavorati l'oro, l'argento, il platino, il piombo, il rame, lo stagno e il bronzo. La fabbricazione degli oggetti di metallo fu tuttavia sempre assai ristretta, sebbene nella regione di Potosí (Bolivia) esistessero 5000 forni: la metallurgia americana ignorava inoltre il mantice, tanto per la fusione quanto per la lavorazione, e l'area dei metalli abbracciava una parte soltanto dell'America; anche in tali territorî i diversi metalli non erano lavorati e nemmeno conosciuti da tutte le popolazioni. Quest'area può essere divisa in quattro dominî (v. carta): 1. la regione dell'America Meridionale posta a N. del Rio delle Amazzoni (Guiane, Venezuela, Colombia) nonché le Antille e la porzione meridionale dell'America Centrale: in questa regione veniva lavorato l'oro, eventualmente unito a un po' di rame, ma erano, per quanto risulta finora, ignorati del tutto l'argento e il bronzo. Nell'interno della Colombia la leggenda aveva collocato il paese "El Dorado", rutilante d'oro. In un secondo tempo l'oreficeria colombiana si estese a S., nell'Ecuador e sulla costa del Perù. 2. L'altipiano dell'antico Perù (Perù e Bolivia) dove erano lavorati solamente l'argento e il bronzo. L'età del bronzo, preceduta anche qui, come nel Mondo Antico, da un'età del rame puro, corrisponde all'epoca dell'impero degli Inca ed era al suo apogeo al momento della scoperta. La metallurgia americana raggiunse, in realtà, sull'altipiano andino il suo più alto grado di sviluppo, sebbene la cultura incaica non fosse la sola a conoscenza del bronzo. 3. Il Messico, dove appunto era pure lavorato il bronzo, sebbene in misura minore che nel Perù. Secondo il Rivet, la metallurgia dell'altipiano andino sarebbe passata sulla costa peruviana sovrapponendosi all'oreficeria d'origine colombiana e questo complesso culturale si sarebbe poi propagato nel Messico per navigazione costiera. 4. La regione orientale dell'America Settentrionale (territorio dei Mound-builders) e un distretto della costa nord-occidentale nei quali era conosciuto solamente il rame e questo veniva lavorato a martello.
Il problema principale relativo alla metallurgia americana, la soluzione del quale chiarirebbe anche molte altre questioni di affinità o convergenze culturali, sta nel sapere se essa è sorta indipendentemente o se vi è stata importata dal mondo antico. Bisogna tener presente che mentre in quest'ultimo l'epoca del bronzo raggiunse il suo apogeo verso il 1500 a. C., essa, nel continente nuovo, non lo raggiunse che verso il 1500 d. C. Si può dire quindi che la metallurgia americana è di 3000 anni posteriore alla fase corrispondente del Mondo Antico. Sembrerebbe così doversi concludere che la scoperta sia stata fatta indipendentemente nelle due aree continentali: ma non tutti sono convinti di ciò. Si può infatti supporre che gli Amerindi siano venuti in tempi non troppo remoti a conoscenza della metallurgia del mondo antico (bronzo e ferro), ma disponendo soprattutto di minerali di rame si siano dati all'estrazione di questo metallo, e in seguito a quella dell'argento e dello stagno a esso di frequente associati: l'estrazione di questi metalli era, d'altra parte, per i loro mezzi primitivi molto più facile di quella del ferro. La questione dell'origine locale o straniera della metallurgia americana e particolarmente di quella del bronzo non è dunque del tutto delucidata. Un elemento importante da considerare è tuttavia quello della mancanza totale del mantice nella metallurgia americana, elemento fortemente favorevole all'ipotesi di un'origine indipendente. Infatti se essa fosse dovuta a un prestito relativamente recente avrebbe posseduto anche il mantice: se invece tale prestito fosse antico, anteriore cioè alla scoperta del mantice, la fioritura della metallurgia non sarebbe stata di tre millennî posteriore alla fase equivalente del mondo antico.
Per quel che riguarda il mondo antico si ritiene, in generale, che la metallurgia anteriore al ferro abbia avuto un'origine unica localizzata verso l'Asia Anteriore. Ma troppi elementi sono ancora incerti e discussi perché si possa formulare in proposito un'ipotesi precisa. Oggi alcune popolazioni dell'Africa lavorano di preferenza il rame o il bronzo (armi e barre di rame e di ottone del Catanga) e il Benin è conosciuto per una gran quantità di oggetti fusi in bronzo; ma non è escluso che tale procedimento sia stato copiato dai Portoghesi all'epoca della scoperta e queste popolazioni non ignorano comunque il ferro. Altrettanto discussa è l'origine della siderurgia. Prima che si allargassero le conoscenze etnologiche, si ammetteva, in conformità alla tradizione, che la siderurgia provenisse dall'Asia Anteriore. In seguito, pure essendo comunemente ammessa l'origine unica, si è dovuto constatare il grande sviluppo che essa ha raggiunto nell'Africa presso i Negri, e ciò ha condotto alcuni autori ad ammettere che la siderurgia abbia avuto origine in take continente. La questione può essere approfondita soltanto con lo studio degli strumenti dei quali la siderurgia fa uso e in particolare con lo studio del mantice.
Si può attivare il fuoco con due mezzi: con una ventola o con un tubo da soffiare. La prima è stata segnalata in tutti i continenti. L'uso di un oggetto qualunque atto a far vento può essere sorto in più punti della terra, ed è inutile cercare di collegarlo a un dato ciclo o complesso culturale. Il principio della ventola non poteva d'altra parte portare tecnicamente molto in là. Tuttavia esso ha dato origine a un meccanismo, il mantice a ventola, in uso nel Turkestan e presso gli antichi Finni.
Il soffio che l'uomo può produrre con la bocca è stato pure utilizzato ovunque per attivare il fuoco e il tubo da soffiamento, che ne deriva, poté anch'esso venire scoperto e utilizzato un po' dappertutto: anche oggi lo troviamo spesso in uso nell'oreficeria. Dal tubo di soffiamento deriva però il mantice, che, nel Mondo Antico, è usato dovunque è diffusa la metallurgia.
Le numerose forme di mantice si possono raccogliere intorno a due tipi estremi: il mantice a otre e quello a pistone. Il primo è evidentemente più semplice e più primitivo dell'altro, consistendo in un otre di pelle provvisto di una larga bocca al cui orlo sono applicate due assicelle di legno. Quando si allontanano con la mano queste due bacchette si fa entrare l'aria nell'otre; quando si avvicinano la bocca si chiude e l'aria compressa nel sacco esce da un tubo sottile all'altra estremità dell'otre. Questo tipo, come tutte le altre forme di soffietto, può essere semplice e doppio, nel qual caso gli otri funzionano alternativamente: è evidente poi che per ogni forma il tipo semplice è anteriore a quello doppio. Il mantice a otre presenta due varianti. In quella che sembra più primitiva e che è la più diffusa (fig. 3, n. 1) l'otre ha all'incirca la forma di un triangolo con l'apertura al vertice inferiore: la incontriamo soprattutto nell'Africa orientale e settentrionale e nell'Asia anteriore. Nell'altra variante, che possiamo chiamare tipo siberiano, l'apertura si trova nella faccia superiore dell'otre, questo ha forma ovale e spesso la parte a contatto col suolo è fissata a una tavoletta (fig. 3, n. 2). Il soffietto a otre sembra soprattutto caratteristico della cultura pastorale, alla quale la scuola etnologica storico-culturale attribuisce una notevole antichità. Il soffietto a otre che predomina oggi nell'Africa orientale e settentrionale vi è giunto, in realtà, posteriormente a quello a vaso (v. sotto) che è proprio dell'Africa centrale e dell'antico Egitto; ciò non vuol dire però che esso sia genealogicamente più giovane, ma soltanto che la sua maggiore diffusione nell'Africa orientale e settentrionale è dovuta all'espansione relativamente recente delle popolazioni pastorali. Il dominio del soffietto a otre si estende su tutta l'Africa orientale, a cominciare dalla Colonia del Capo, l'Africa settentrionale, l'Asia anteriore e centrale, l'India e la Siberia, dove è usato dalle popolazioni che maggiormente praticano la metallurgia, e cioè dai Tungusi, dai Jakuti e dai Buriati, nonché da alcuni loro vicini, ed è facile comprendere come queste popolazioni di pastori abbiano conservato tale tipo di soffietto pieghevole e infrangibile che meglio si conviene al loro necessario nomadismo.
La seconda variante del soffietto a otre, a struttura più verticale della prima, ha forse qualche relazione genetica con il mantice a pistone, nel quale l'aria viene spinta da un pistone entro un tubo cilindrico rigido. Anche questa forma può essere semplice e doppia e può presentare due varianti. Nella prima (fig. 3, nn. 5, 5 a) il cilindro o i cilindri sono verticali e fatti allora di un pezzo di bambù (Indocina sud-occidentale, Insulindia e Madagascar); nella seconda (fig. 3, n. 3) il tubo rigido è orizzontale e ha talvolta la forma di una cassetta rettangolare piuttosto allungata (Cina, Corea, Giappone e Indocina nord-orientale). È difficile dire in questo caso se sia stata l'Insulindia a copiare la forma cinese utilizzando all'uopo la sua ricchezza in bambù, oppure se la Cina abbia preso l'oggetto dall'Insulindia dandogli una forma conforme al suo stile. Ambedue le forme derivano in ogni modo indubbiamente da un solo principio, quello del pistone. Ma d'altra parte il soffietto a pistone è troppo complesso per essere primitivo, esso deve derivare dal soffietto a otre o da quello a vaso. Fra il soffietto a otre e quello a pistone vi sono infatti tre forme intermedie: il soffietto "a vaso", quello a "pseudo-pistone" e quello "a punta". Il più importante di questi è il primo (fig. 3, n. 4) il quale risulta formato di uno o due recipienti rigidi ricoperti da una pelle piuttosto lenteggiante che viene successivamente abbassata e sollevata dall'operatore in modo da comprimere l'aria contenuta nel recipiente stesso. Quando il soffietto è doppio, le due camere di soffiamento sboccano in un recipiente unico fatto di terracotta, dal quale esce un solo tubo terminale. Il soffietto a vaso si presenta come transizione fra il soffietto a otre e quello a pistone, non solo per la struttura, ma anche per la distribuzione geografica. Nell'Africa esso occupa una posizione periferica rispetto a quello a otre: nell'Asia si sovrappone su una parte del territorio di diffusione del soffietto a otre (India) e su una parte di quello del soffietto a pistone (Indocina e in particolare il Cambogia). Inoltre il soffietto a vaso presenta tre varianti: nella prima (fig. 3, nn. 6, 6 a, 7) che si avvicina di più alla struttura del mantice a pistone ed è probabilmente la più antica, la membrana è munita di una bacchetta fissata perpendicolarmente ad essa: è in uso in Africa, nella zona forestale guineo-congolese. Il recipiente è di legno. Nella seconda variante il movimento delle membrane è azionato da cordicelle: essa è attualmente in uso nel Sudan e, in passato, come si riconosce con sicurezza dalle antiche pitture, nell'antico Egitto: questa è pure la forma asiatica del soffietto a vaso. Nella terza variante che s'incontra anche nel Sudan, le membrane sono mosse con le mani. Queste due ultime varianti hanno in Africa un altro elemento caratteristico comune: il vaso è di terracotta, la qual materia è usata in molti altri oggetti della stessa regione (abitazione o parti di essa, grandi otri per gli alimenti, tamburi, ecc.) e attesta la loro appartenenza a un unico complesso culturale.
La seconda forma intermedia fra il soffietto a otre e quello a pistone è il soffietto a pseudo-pistone (fig. 3, n. 8) costituito da una specie di sacco di forma circolare munito di due tavolette, una superiore e l'altra inferiore: la prima è provvista di una bacchetta la quale comprime il sacco col suo movimento verticale. Il soffietto a pseudo-pistone, orizzontale e doppio, era usato nel Portogallo nel sec. XVI; verticale e semplice lo si trova oggi sulla costa dell'Africa orientale britannica. Questo tipo di soffietto è forse originario dell'Asia ed è da porsi in relazione genetica con la forma siberiana del soffietto a otre fornito di una tavoletta superiore. La terza forma intermedia è, infine, il noto soffietto a punta, vale a dire il tipo corrente europeo (fig. 3, n. 9) già in uso nell'antica Roma.
Se le forme a pseudo-pistone e a punta non hanno grande importanza etnologica, e sono in ogni caso piuttosto modificazioni della forma a otre, non è così per il soffietto a vaso. Questo viene generalmente considerato come un vero compromesso fra il soffietto a otre e quello a pistone. Ma se ammettiamo che il soffietto a otre sia il più antico, è ovvio pensare che da esso si sia dapprima sviluppato il soffietto a vaso, più prossimo nel tipo e nella localizzazione e che dal soffietto a vaso si sia poi sviluppato quello a pistone. Ora, il dominio del soffietto coincide con quello della siderurgia. Si può veramente supporre che la metallurgia anteriore alla lavorazione del ferro fosse, almeno nella piena età del bronzo, già in possesso del soffietto: ma non vi sono prove archeologiche: anzi si è visto che il soffietto rimase del tutto sconosciuto alla metallurgia americana. La scoperta del soffietto spiegherebbe anche come siano state superate le maggiori difficoltà che l'estrazione e la lavorazione del ferro presentava in confronto a quella degli altri metalli. Ad ogni modo la scoperta non può avere preceduto che di poco la siderurgia, permettendone lo sviluppo e la diffusione. Da quanto si è detto, si può anche dedurre che lo sviluppo della siderurgia è in qualche rapporto con la cultura pastorale; questa industria, che sembra aver avuto un solo focolare di origine, sarebbe in definitiva dovuta al contatto di popolazioni pastorali asiatiche (prescitiche) con le prime popolazioni più sedentarie vicine, nelle stesse regioni dell'Asia Minore. L'introduzione del ferro e delle sue applicazioni ha in ogni caso modificato notevolmente l'aspetto dei complessi culturali interessati: fu così che la civiltà malese-polinesiana si divise in due facies, la malese che conosceva il ferro, la polinesiana che invece lo ignorava; così le culture più primitive hanno in Africa adottato il ferro e modificato perciò molte manifestazioni culturali, mentre nell'Oceania e nell'America le stesse culture conservano un carattere più arcaico per averlo sempre ignorato.
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