METAPONTO
(XXIII, p. 56; App. IV, II, p. 457)
Dopo il 1970 gli scavi e le ricerche condotte a M. hanno portato a nuove scoperte riguardanti l'origine e sviluppo della colonia, la sua estensione e l'organizzazione del territorio urbano ed extraurbano. Molte di queste scoperte sono state segnalate in diverse pubblicazioni, quale più ampia, come quella dedicata all'evoluzione dell'edificio teatrale o ai templi, quale più breve, come quella dedicata alla tomba di carattere orfico a lastroni della chora (territorio) di M., contenente, tra l'altro, anche un uovo da cui nasce Elena. La chora forma una voce a parte. Per quanto riguarda le origini del primo tentativo d'installarsi nell'area della futura M., di massima importanza sono le scoperte fatte in Proprietà Andrisani negli ultimi anni: vi si è trovato lo stesso materiale fittile rinvenuto anche a Incoronata ''greca'' e a Policoro, scoperte che permettono ora di fissare nella prima metà del 7° secolo a.C. anche le prime presenze nell'area sud-ovest di Metaponto.
Mentre l'estensione sul lato meridionale della città non è ancora totalmente chiarita, sono ben chiariti i lati settentrionale e orientale. A nord dell'area del teatro, infatti, la fortificazione si spinge ancora più a settentrione di quanto era finora noto, mentre le ultime ricerche hanno confermato quanto veniva indicato dalla fotointerpretazione delle riprese aeree, vale a dire uno spostamento ancora più a est della ferrovia. La parte orientale della fortificazione inoltre risulta databile in un momento posteriore al 6°-5° secolo a.C., data, questa, che va assegnata al resto delle difese di Metaponto. L'area urbana era divisa da grandi (plateiai) e piccole (stenopoi) arterie, che s'incrociavano ortogonalmente. Le platee est-ovest sono in numero di quattro (A-C), mentre quelle nord-sud sono cinque (itv) e sono disposte a m 190 l'una dall'altra, con una larghezza di m 18; le distanze tra gli stenopoi risultano invece di m 35. La plateia settentrionale A-A1 separa l'abitato civile dalle zone pubbliche e religiose; tra queste ultime due e la fortificazione è stato possibile ubicare con certezza l'area delle fornaci (ergasteria), il santuario e l'agorà, nella quale s'inserisce anche l'area del teatro e quella del manteion (Erodoto, IV, 15).
Nel quartiere delle fornaci finora messo in luce, la produzione fittile ha continuato a funzionare dal 6° fino al 3° secolo a.C., dall'epoca delle coppe ioniche B2 fino alle solite coppette a vernice nera del 3° secolo. Vi hanno operato il Pittore di Dolone e il Pittore dell'Anabates, nonché altri pittori del 4° secolo a.C. che s'inseriscono nella scuola lucana d'ispirazione apula. Gli stessi scavi hanno messo in luce, oltre al tempio di Apollo A1, la seconda fase dello stesso nonché i templi B, C, D e il tempio E. Il tempio D è di stile ionico; gli altri, B di Era, C di Atena (2) ed E (ancora da assegnare), sono di stile dorico e cronologicamente si dispongono tra la prima metà del 6° e il primo quarto del 5° secolo a.C.
A quanto risulta, la stessa area del santuario è stata definita anche prima della metà del 6° secolo come destinata all'area sacra da una numerosa serie di ''pietre rozze'' (argoì lithoi), infilate nella terra, di fronte alle quali v'era qualche volta la traccia di oggetti votivi e sacrifici di volatili. Molti argoì lithoi recavano dediche ad Apollo, e qualche volta solo il nome del dedicante. Ogni tempio presenta diverse trasformazioni e numerosi restauri specialmente della decorazione architettonica fittile fino al periodo severo. Nel caso del tempio C, il più antico di tutti (7°-6° secolo a.C.), questo è decorato con un fregio fittile raffigurante un carro trainato da due cavalli alati; questo tempio viene trasformato nel primo trentennio del 5° secolo a.C. e, nello stesso periodo, interamente decorato con marmo insulare, una rarità, questa, a Metaponto.
Il limite orientale del santuario è definito da una serie di pilastri in pietra che lo separano dall'agorà in cui s'inseriscono il teatro, il manteion e altri monumenti minori. Tanto lo spazio dell'agorà quanto l'area a ovest del santuario hanno subito grandi trasformazioni, con la creazione di grandi canali che conducevano le acque della falda, che si era sollevata tra il 6° e il 5°-4° secolo a.C., verso il fossato che abbracciava tutto il circuito delle fortificazioni. La realizzazione di queste opere è stata resa possibile dal riutilizzo di gran parte delle strutture dei templi e dei loro altari, in mancanza di buona pietra sul luogo; pochissimo materiale, a quest'epoca, proveniva direttamente dalle cave tarantine o leccesi. Dopo una prima fase in legno, distrutta da un incendio, nel periodo arcaico nell'area del futuro teatro s'inserisce la prima struttura in pietra di forma ovale (ekklesiasterion), anche questa trasformata in un teatro della metà del 4° secolo a.C., restaurato durante il 3° secolo a.C. Nella parte più vicina all'area del santuario è stato messo in luce anche il manteion di cui parla Erodoto (IV, 15). Ancora non si conosce il limite orientale dell'agorà, ma è in questa parte sud-orientale che è stata scoperta anche una parte della stoà ellenistica e una basilica paleocristiana.
Quanto ai quartieri di abitazioni civili, poco si conosce finora, e quel poco riguarda l'area intorno al santuario e all'agorà, tutte e due le aree in seguito invase dalle sepolture di età romana di quella popolazione ancora vivente nell'area del castrum sorto in età repubblicana nella parte orientale di Metaponto.
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