METECI (μέτοικοι, metoeci)
Sono, nell'antica Grecia, i forestieri liberi che risiedono stabilmente nel territorio della città e vi hanno, a differenza degli altri forestieri, il condizionato e limitato godimento di quei diritti che al cittadino derivano dallo status civitatis. Lo stato delle fonti ci costringe a esporre quasi esclusivamente le condizioni dei meteci ateniesi.
Condizione giuridica dei meteci. - Come principio, nel territorio della città non possono risiedere se non i cittadini con le persone che si trovano in loro potestà: ugualmente, solo il cittadino ha diritto di partecipare ai pubblici poteri, di possedere immobili, di trafficare nell'agorà, di pascer le greggi nell'agro pubblico. Pur tuttavia anche nel periodo in cui la polis si afferma come organismo politico indipendente e sovrano, il geloso esclusivismo dei πολῖται non impedì che si accogliessero umanamente e, occorrendo, permanentemente i forestieri. Il meteco, però: 1. non poteva prendere parte all'assemblea, esser giudice, esser magistrato, esser sacerdote della polis, esercitare illimitatamente la pubblica accusa; non poteva possedere immobili, né contrarre legittime nozze con una cittadina; 2. per poter risiedere stabilmente nella città doveva pagare il μετοίκιον, per trafficare nell'agorà lo ξενικόν, per pascere i greggi nell'agro pubblico l'ἐπινόμιον. In caso di mancato adempimento di questi obblighi finanziarî, il meteco era venduto schiavo come usurpatore dei diritti del cittadino.
I diritti da cui i forestieri, anche se meteci, erano esclusi potevano essere singolarmente elargiti per decreto come privilegio personale: ἕγκτησις, diritto di possedere immobili, ἐπιγαμία, ius connubii (che però non risulta mai attribuito a un meteco); come poteva anche essere conferito per decreto il diritto di cittadinanza, ma allora il meteco cessava d'esser tale e diveniva cittadino ascitizio (ποιητὸς πολίτης). Altro privilegio per il meteco era l'esenzione dal μετοίκιον e dalle altre tasse. Questo privilegio, che poteva anche essere concesso ai non residenti come beneficio potenziale, è l'ἰσοτέλεια.
Ma anche il meteco non privilegiato aveva, a differenza degli altri forestieri: 1. l'adito al magistrato dei forestieri, il Polemarco, che gli altri forestieri avevano solo se elargito ad personam per decreto; 2. la capacità di stare in giudizio e in genere di parlare in pubblico entro i limiti segnati dalla sostanza dei suoi diritti; 3. una maggiore capacità sacrale (v. sotto).
Posizione dei meteci nell'organismo della polis. - I meteci sono un elemento di popolazione determinato e costante dal lato demografico e giuridico: la polis, come se ne serve per i suoi fini, così li inserisce nella sua struttura organica. L'esercizio del diritto del cittadino è subordinato all'effettiva appartenenza a una tribù (diritti politici), a un demo (diritti patrimoniali), a una fratria (diritti familiari e sacrali). Il meteco è escluso dalla fratria, ma è aggregato a un demo; ogni demo tiene un registro dei meteci ad esso aggregati; quindi, essendo la tribù un complesso di demi, il meteco rientra nel quadro della tribù. Ma quest'appartenenza al demo e, indirettamente, alla tribù, mentre per il cittadino ha un duplice carattere, cioè, di mezzo di attuazione dei suoi diritti e di subordinazione amministrativa alla polis, per il meteco ha solo quest'ultimo carattere. La polis, la quale eseguisce i decreti del popolo per mezzo di ordini trasmessi alle tribù, e da queste attuati mediante l'opera dei demi, raggiunge il meteco attraverso il demo. Si è discusso se l'iscrizione del meteco nel demo avvenisse per domanda (Wilamowitz) o d'ufficio (M. Clerc); la prima soluzione sembra la più probabile. Il meteco iscritto nel demo non viene, come altri pensa, seguendo il Wilamowitz, a far parte del demo, ma vi è aggregato mediante la finzione giuridica di un domicilio legale. A differenza dei cittadini, il cui demotico è segno dello stato di cittadinanza e appare di regola in documenti di ogni genere anche privati od onorifici, l'indicazione del demo per i meteci, avendo un puro ufficio amministrativo, non appare che in atti ufficiali di magistrati finanziarî: conti e inventarî. I meteci, infatti, non sono parte costitutiva della polis, ma un aggregato di essa, demograficamente stabile e giuridicamente ben definito; non cittadini, essi sono però sudditi della polis.
Capacità sacrale dei meteci. - Anche per capacità sacrale i meteci avevano una posizione intermedia fra i forestieri e i cittadini; come i forestieri, potevano attendere al culto dei loro dei patrî, purché un decreto della polis lo avesse autorizzato, ed erano ammessi, con restrizioni, a partecipare ai culti sia del loro demo, sia della città. Non potevano esser sacerdoti della polis, ma solo aver funzioni sacerdotali nella celebrazione dei loro riti; erano esclusi dalla fratria, ma potevano far parte di confraternite sacrali (οργεῶνες) simili a quelle che si raggruppavano nella fratria.
Il prostates. - Secondo l'insegnamento dei lessicografi il meteco doveva essere assistito in ogni atto della vita pubblica da un patrono, il prostates (προστάτης); ciò sembra doversi ammettere per i meteci di Atene nel periodo anteriore a Clistene e, anche in età posteriore, per altre città greche; ma per Atene, dopo le ricerche del Wilamowitz, oggi in massima accettate, quest'intervento obbligatorio e continuo del prostates va escluso. Il prostates del meteco ateniese è il cittadino che presenta al demo il forestiero perch'egli venga iscritto nelle liste dei meteci e ne garantisce i requisiti necessarî all'iscrizione. Contro il meteco che si fosse fatto iscrivere fraudolentemente nelle liste dei meteci, senza l'intervento del prostates, era esperibile una δικη ἀποστάσιου.
Prestazioni dei meteci alla polis. - a) Carichi finanziarî. - Rappresentando i meteci un ceto ricco di patrimonio mobiliare, erano sottoposti, come i cittadini, alle contribuzioni finanziarie: alle εἰσϕοραί, imposte ordinarie in danaro, e alle ἐπιδόσεις, contribuzioni straordinarie in denaro o in natura. Per le contribuzioni finanziarie i meteci erano, come i cittadini, distribuiti in simmorie (συμμορίαι), ognuna delle quali doveva contribuire con una quota identica dell'εἰσϕορά: i più ricchi eran designati per anticipare quella quota allo stato (προεισϕορά). Come singolare privilegio i meteci potevano essere esentati dalle contribuzioni finanziarie (ἀτέλεια).
b) Servizio militare. - Esclusi dalla cavalleria, ammessi, non sappiamo a quali condizioni, ma limitatamente, fra gli opliti e gli armati alla leggiera, i meteci prestavano soprattutto nella marina il servizio a cui li obbligava la polis: della marina formavano il contingente più importante e potevano raggiungervi alti gradi.
Rapporti familiari fra meteci. - I meteci, si è visto, non possono contrarre legittimo matrimonio con una cittadina; però, anche fra i meteci vi è un legittimo matrimonio da cui si genera legittima prole di meteci. Non sembra che l'ordinamento interno della famiglia metecica fosse dissimile da quello della famiglia attica; sennonché, mentre i rapporti familiari dei cittadini sono controllati dalla fratria e cadono sotto la giurisdizione dell'arconte, i rapporti familiari dei meteci dipendono, come ogni altro rapporto, dal polemarco.
Partecipazione dei meteci alla vita pubblica. - Era ammesso che un meteco potesse essere eletto ambasciatore, che potesse validamente pronunziare come arbitro scelto fra contendenti, anche cittadini, che mediante autorizzazione (πρόσοδος) potesse essere introdotto nella bulè e nell'assemblea e parlarvi. Aperti ai meteci erano alcuni uffici pubblici che non rivestivano carattere di ἀρχή (v. magistrato): araldo, medico pubblico, appaltatore d'imposte (τελεώνης).
Sviluppo storico e consistenza numerica della classe dei meteci in Atene. - Il progresso degli ordinamenti democratici e l'incremento delle industrie e dei commerci determinarono una sempre maggiore affluenza di meteci in Atene. Già Solone, mirando all'avvenire economico di Atene, aveva favorito l'immigrazione di forestieri operai e industriali; con Clistene questa classe, divenuta numerosa e necessaria, fu liberata dalla soggezione al προστάτης, cosicché i meteci da clienti di un cittadino divennero clienti della città (Wilamowitz); anche la politica di Temistocle, che tendeva a far di Atene il maggior centro mercantile della Grecia, dové necessariamente favorire i meteci; e in genere, se si eccettui la persecuzione di cui furono oggetto i meteci sotto i Trenta, gli uomini di stato ateniesi nei secoli V e IV considerarono come utile alla floridezza economica della città una politica di benevolenza verso i meteci; Atene fu così la città della Grecia che ebbe il maggior numero di meteci (oltre 1/4 della popolazione cittadina nella metà del sec. V, secondo i calcoli di J. Beloch [inaccettabili le conclusioni del Clerc che li calcola 4/5]; sulla fine del sec. IV, secondo dati ritenuti sicuri, su 21.000 cittadini vi erano 10.000 meteci). Questa popolazione era composta in massima parte di Greci di altre città, ma anche di barbari. I più avevano la loro effettiva residenza al Pireo. Il favore di cui godevano i meteci non impedì che si osservassero rigorosamente le distinzioni fra cittadini e meteci, tanto più quanto maggiore era il loro numero e più grave quindi il pericolo che si alterasse la genuinità dei πολῖται. Per cui Pericle nel 451-450 fece approvare un decreto che richiedeva come requisito per esser cittadino la nascita ἐξ ἀμϕοῖν ἀστοῖν (da padre e madre cittadini); e Trasibulo, il restauratore della democrazia, vide cadere la sua proposta di estendere il diritto di cittadinanza a tutti i meteci che avessero contribuito ad abbattere gli oligarchi.
Occupazioni dei meteci. - La maggior parte dei meteci erano artigiani; alcune industrie, in particolare la ceramica, erano in mano loro. I più poveri facevano mestieri umili, o anche disonoranti: rivenduglioli, mezzani, sicofanti. Eran di solito donne di meteci le balie, le flautiste, le cortigiane. Minori di numero, i capitalisti meteci costituivano la classe più importante per l'economia di Atene: organizzatori di aziende industriali, banchieri, importatori di grano all'ingrosso, sovventori di commercianti dediti al traffico transmarino (ἔμποροι) e di proprietarî di navi (ναύκληροι). Si può dire che di fatto i meteci controllassero commercio, industria, banca. Altri meteci trovavano forti guadagni nell'esercizio di arti liberali, come medici, architetti, scrittori di orazioni giudiziarie (λογογράϕοι): celebri fra questi ultimi furono Iseo, Lisia, Dinarco.
I meteci fuori di Atene. - Le indagini del Clerc hanno condotto a stabilire che in circa 70 città greche vi era una classe di meteci. Numerosi in particolare sono i meteci nell'isola di Rodi in età ellenistica. Persino Sparta, nonostante la tradizionale avversione ai forestieri, tollerava un certo numero di residenti (τρόϕιμοι ξένοι), che avevano tuttavia scarsa importanza economica e politica. In età ellenistica la composizione della classe dei meteci diviene più varia, per l'introduzione di elementi orientali, soprattutto Ebrei nelle città dell'Africa. Non è possibile, per la scarsità dei dati d'informazione, stabilire con precisione quale fosse la condizione giuridica dei meteci fuori di Atene.
Bibl.: V. Thumser, Untersuchungen über d. att. Metoiken, in Wiener Studien, VII (1885), p. 45 segg.; U. von Wilamowitz-Moellendorff, Demotika der attischen Metöken, in Hermes, XXII (1887), p. 107 segg.; M. Clerc, Les metèques athéniens (Bibl. des écoles françaises d'Athènes et de Rome, fasc. 64, 1893); id., De la condition des étrangers domiciliés dans les diff. cités grecques, in Revue des Univ. du Midi, n. s., 1898; id., in Daremberg e Saglio, Dictionn. d. antiq. gr. et rom., III, ii (1904), pp. 1876-1886; Hommel, Metoikoi, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XV, col. 1413 segg. - Opere generali nelle quali si tratta anche il problema dei meteci sono: G. De Sanctis, 'Ατϑίς, 2ª ed., Torino 1912, p. 126 segg.; G. Busolt, Griechische Staatskunde, 3ª ed., Monaco 1920, p. 292 segg.; E. Weiss, Griechisches Privatrecht, I (1923), p. 171 segg.; J. Lipsius, Attisches Recht, Lipsia 1905-15, pp. 370 segg., 791 segg.; M. Calhoun, The Business Life of anc. Athens, Cambridge 1926; J. Hasebrock, Staat u. Handel, Tubinga 1928; id., Griech. Wirtsch. u. Gesellschaftsgeschichte bis zur Perserzeit, ivi 1931; E. Ziebarth, Beiträge zur Gesch. des Seeraubs und Seehandels im alten Griechenland, Amburgo 1929; U. E. Paoli, Studi di diritto attico, Firenze 1930, p. 88 segg. - SUlla terminologia usata per i meteci, G. Cardinali, Note di terminologia epigrafica (III: κατρικοῦντες, κάτοικοι, πρασικοῦντες μέτοικοι πάροικοι), in Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, XVII (1908), p. 184. - Sulla capacità processuale dei meteci, oltre alle opere generali citate sopra: C. Welsing, De inquilinorum et peregrinorum apud Athenienses iudiciis, Münster 1887; H. F. Hitzig, Der griechische Fremdenprozess, II, in Zeitschr. d. Savigny Stiftung, XXVIII (1907), Roman. Abteil., p. 217 segg.; G. Bortolucci, De iure gentium criminali apud Graecos, in Riv. di st. ant., n. s., IX (1904), p. 421 segg.; E. Ziebarth, Neue Beiträge zum griechischen Seehandel, in Klio, XXVI (1923), p. 231 segg. Sui dati demografici relativi ai meteci e sulla loro valutazione: G. Beloch, La popolazione del mondo greco-romano, vol. IV della Bibl. di st. econ. di V. Pareto, IV, p. 111 segg.