METEORITI (anche aeroliti, uranoliti, bolidi)
S'indicano con questo nome quei corpi minerali che provengono dagli spazî cosmici.
In tempi passati, e ancora recentemente presso i popoli meno civili, furono adorati come divinità. Così, p. es., la pietra meteorica venerata nel tempio di Emesa quale immagine del Dio Sole e poi portata a Roma dall'imperatore Eliogabalo; la pietra nera della Ka‛bah, venerata alla Mecca ecc. Per molto tempo però l'origine cosmica fu esclusa, ritenendosi che essi fossero materiali eruttati dai vulcani terrestri e trasportati a grandissime distanze dai luoghi di origine (Lalande); oppure che provenissero dalla condensazione di materiali polverulenti turbinanti nelle alte zone dell'atmosfera. E anche quando E. F. Chladni, nel 1794, ne dimostrò la natura estratellurica, si continuò per molto tempo a escluderne l'origine cosmica, essendo stata da scienziati anche insigni come il Laplace, risollevata un'antica ipotesi emessa fino dal sec. XIII da P. M. Terzago, secondo la quale le meteoriti rappresentavano materiali eruttati dai vulcani lunari nell'antichissima epoca in cui erano ancora, attivi e la cui caduta sarebbe stata di molto ritardata perché per lunghissimo periodo di tempo avrebbero ruotato, come veri satelliti, intorno alla Terra. Ipotesi che fu in tempi recenti sostenuta da G. Tschermak con la sola variante che invece di vulcani lunari egli ammise trattarsi di vulcani appartenenti ad altri pianeti. Ora è generalmente ammessa l'origine cosmica.
St. Meunier successivamente sostenne che le meteoriti derivano dal disfacimento di uno o più corpi planetari. G. V. Schiaparelli, a un dipresso negli stessi anni, discutendo il problema dell'origine delle meteoriti in relazione a quella delle comete e delle stelle cadenti e rilevando che per talune meteoriti meglio osservate era stato possibile riconoscere che esse erano cadute sulla terra descrivendo orbite accentuatamente iperboliche, fu condotto a ritenere come più verosimile, fra le varie opinioni, quella dell'origine stellare. In tempi più recenti per molte altre meteoriti le orbite calcolate risultarono ellittiche e oramai è opinione prevalente che la maggioranza delle meteoriti appartenga al sistema planetario, mentre una minoranza (cioè le meteoriti iperboliche) proviene certamente dagli spazî intrastellari.
Le cadute delle meteoriti debbono essere piuttosto frequenti perché se ne trovano spesso durante le esplorazioni di regioni desertiche, e inoltre sembra accertata l'origine cosmica di certe concrezioni sferoidali, fibroraggiate, dette condriti, che s'incontrano spesso nei sedimenti marini profondi e che sono formate da bronzite (v. pirosseni) e olivina con caratteri identici a quelli di altre concrezioni proprie delle meteoriti e che rappresenterebbero gli ultimi residui di meteoriti cadute in mare. Esse, durante la caduta, a causa dell'attrito dovuto alla resistenza dell'aria, diventano incandescenti per riscaldamento superficiale e scendono con velocità gradatamente decrescente; giunte al suolo, o in prossimità di esso, esplodono specialmente per le differenze di temperatura fra le parti esterne e quelle interne, nelle quali ultime furono constatate temperature di - 50°, corrispondenti a quelle degli spazî interplanetarî. Per il forte riscaldamento che si verifica nell'attraversare gli strati dell'atmosfera si ricoprono di una corteccia fusa che nei ferri meteorici ha la proprietà della battitura di ferro e composizione analoga alla magnetite. Per il distacco di piccole schegge si formano piccoli incavi a scodella prima scabri e poi levigati e coperti anch'essi dallo strato di ossido (fossette piezoglitiche). Nelle pietre meteoriche esiste sempre la patina di fusione e in esse si può distinguere la parte anteriore convessa e arcuata (petto), dalla parte posteriore piatta e rugosa (dorso) e, per il distacco di particelle spinte all'indietro dalla violenza dell'urto contro l'aria, solchi sottili diretti dal centro del petto verso l'indietro. Le meteoriti hanno grandezza molto variabile da granuli microscopici di pulviscolo fino a parecchie migliaia di chilogrammi.
Come giganti della specie si possono ricordare, tra le meteoriti (olosideriti): la meteorite La Hoba a Grootfontein delle dimensioni 2,95 × 2,88 × 1,22 m. e del peso di circa 60 tonnellate; la meteorite di Ranchito (Messico) delle dimensioni di 31/2 × 2 × 11/2 m.; quella di Capo York (Groenlandia) che raggiunge il peso di kg. 37.500. Inoltre la meteorite di Chupederos (kg. 14.114) che si trova nel Messico, quella di Bendegò (kg. 5300) del Museo di Rio de Janeiro, quella di Peukarring Rock (kg. 909) del Hofmuseum di Vienna e la meteorite di Charcas (kg. 775) del Museo di Parigi. E infine, pur distanziandosi notevolmente dalle precedenti, si può ricordare il ferro meteorico di Uegit (kg. 251,800) descritto da F. Millosevich e conservato nel Museo mineralogico dell'università di Roma (v. tav. XI). Le pietre meteoriche difficilmente raggiungono notevoli dimensioni: la più grande può ritenersi quella caduta a Long Island, del peso di 558 kg.
Le composizioni chimiche e mineralogiche delle meteoriti sono molto complesse. Esse presentano generalmente due parti, di cui una metallica costituita da leghe differenti di ferro-nichelio e l'altra litoidea formata principalmente di silicati con prevalenza dell'una o dell'altra e talvolta con inclusione di sostanze carboniose nella non metallica. Il Daubrée, a seconda della ricchezza in parte metallica, divide le meteoriti in quattro gruppi: il primo, detto delle olosideriti, comprende quelle che sono esclusivamente o quasi metalliche; in esse però le quantità relative del ferro e del nichelio variano assai come risulta dai seguenti esempî:
Il secondo gruppo, detto delle sissideriti, comprende quelle che sono costituite da una massa reticolata di ferro nichelifero nelle cui cavità sono contenuti granuli tondeggianti specialmente di olivina. La prima meteorite di tal genere fu trovata a Krasnojarsk in Siberia dal viaggiatore P. S. Pallas e in suo onore si dicono anche pallasiti. In esse la parte metallica, che può giungere fino a oltre l'80%, ha caratteri analoghi a quella delle olosideriti. Il terzo gruppo è quello delle sporadosideriti, nelle quali invece si ha una massa litoidea prevalentemente formata di silicati analoghi ai precedenti in cui sono disseminati con varia frequenza granuli di ferro nichelifero. Il quarto gruppo è quello delle asideriti, caratterizzate dall'assenza totale o quasi totale di parte metallica e dalla presenza in varî casi nella massa litoidea, analoga alle precedenti, di quantità non trascurabili di sostanze carboniose. A questi quattro tipi H. Daubrée ne aggiunse in seguito due altri, di cui il primo sarebbe costituito dalle polveri meteoriche e il secondo, indicato col nome di meteoriti gassose, sarebbe rappresentato dalle masse gassose che formano le comete. La parte metallica delle meteoriti, come già si è detto, è formata di leghe differenti di ferro e di nichelio di cui si riportano qui appresso le più comuni, con le rispettive formule e valori teorici delle loro composizioni centesimali:
Nelle olosideriti e nelle sissideriti si può facilmente riconoscere l'esistenza e determinare la disposizione delle varie leghe ferro-nichelifere adoperando il metodo di Widmanstätten che consiste nello scaldare all'aria un frammento di meteorite con superficie preventivamente levigata e nettamente speculare. Su di essa si nota che, a causa della maggiore ossidabilità delle leghe più ricche in ferro, la tinta inizialmente grigia e uniforme della superficie levigata scompare e si vede comparire una specie di traliccio, formato da strisce più o meno colorate . per ossidazione (figure di Widmanstatten), che s'intersecano sotto angoli corrispondenti a quelli caratteristici degli spigoli dell'ottaedro regolare, prolungandosi generalmente attraverso tutta la massa delle meteoriti. La comparsa delle figure di Widmanstatten (tav. XII) si può anche ottenere trattando le superficie levigate con un acido, perché, a causa della maggiore resistenza offerta a tale azione dalle leghe più ricche in nichelio, la superficie appare rugosa per il fatto che le singole leghe formano su di essa rilievi tanto più accentuati quanto meno sono intaccate. Oltre i ferri ottaedrici si hanno i ferri esaedrici nei quali si ha una struttura cubica. Essi sono omogenei, poveri di nichelio, con numerose geminazioni lamellari che appaiono all'azione dell'acido nitrico come una sottile damaschinatura (figure di Neumann) (tav. XII).
Le leghe più comuni costituenti le meteoriti sono: la kamacite che forma le larghe strisce grige proprie delle parti metalliche, mentre invece nelle sissideriti è sotto forma di piccoli arnioni sparsi nelle loro masse litoidee; la tenite che in generale è in sottili strisce con riflesso bianco roseo che orlano la kamacite; la plessite che appare solo come riempimento dei vani compresi fra le precedenti leghe. Nelle predette parti metalliche, oltre alle già accennate, si trovano tracce di stagno, piombo, manganese, arsenico, antimonio e platino (meteoriti di Cañon Diablo). Vi sono contenute inoltre molte specie minerali solo in parte corrispondenti a specie telluriche.
Fra quelle corrispondenti a specie tellurica va ricordato il diamante individuato con sicurezza nelle meteoriti di Novo-Urei, di Toluca, di Magura e di Charcote sotto forma di granuli grigi o nerastri e in quelle di Cañon Diablo in nitidi cristallini microscopici; oltre la grafite, la pirite, la pirrotite, la millerite, la magnetite e la cromite. Fra quelle non rinvenute a costituire la litosfera è da ricordare la cliftonite, costituita da carbonio grafitoide sotto forma di microscopici cristallini cubici e che è da considerarsi come una paramorfosi del diamante in grafite, che si trova sempre inclusa nelle parti superficiali delle masse metalliche che vengono fortemente a riscaldarsi all'atto della caduta. Il riscaldamento rende possibile la trasformazione in grafite, mentre nelle parti più interne fredde rimane il diamante. Altre specie esclusive dei ferri meteorici sono la oldhamite (Ca, Mg)S, la daubreelite (Fe, Cr)S, la osbornite (ossisolfuro di calcio e di zirconio), la troilite FeS, la schreibersite e la rhabdite (fosfuri di ferro, nichelio e cobalto), la lawrencite FeCl2, la cohenite (Fe, Ni, Co)3C oltre a due incerte specie riferibili rispettivamente a un siliciuro e a un azoturo di ferro. Anche nelle masse litoidee delle meteoriti si hanno numerose specie minerali riferibili solo in parte a specie telluriche. Fra quelle del primo gruppo meritano speciale ricordo il quarzo, la tridimite, alcuni termini dei gruppi di feldspati, degli anfiboli e dei pirosseni rombici e monoclini, l'olivina, lo zircone, il granato, la titanite, e l'apatite. I pirosseni e l'olivina si presentano spesso in aggregati globulari fibrosi detti condriti ed è questa struttura condritica tanto comune nelle meteoriti che le caratterizza di fronte a rocce terrestri di uguale o di analoga costituzione mineralogica. Al secondo appartengono l'asmanite (incerta fase rombica dell'anidride silicica), numerose varietà di pirosseni rombici differenti più che altro per i loro nomi legati a quelli delle meteoriti in cui furono osservati, la maskelinite (silicato di potassio e alluminio affine alla leucite), e alcuni altri incerti silicati come il cosmocloro (silicato di cromo, ferro e nichelio), la chantonnite e la ferrosilicite (silicati di ferro). Nelle meteoriti carboniose, oltre alla grafite e al carbonio amorfo, si hanno molte sostanze organiche di cui talune, come la kabaite (sostanza molto affine alla ozocherite) e la könleinite (idrocarburo della serie delle olefine) si presentano in specie ben definite. Talune meteoriti poi, per trattamento con acqua, cedono quantità variabili di sostanze solubili rappresentate dai solfati di sodio, potassio, calcio, magnesio e nichelio; e dai cloruri di sodio, potassio, magnesio, calcio, nichelio, dal carbonato sodico e pare anche da tracce di iposolfiti. In ultimo se si esaminano le sostanze gassose che si possono espellere dalle meteoriti per riscaldamento prolungato si nota che esse sono specialmente costituite da idrogeno, che può giungere fino all'80% della loro massa totale, da azoto con tracce di elio e di argon, da anidride carbonica, da ossido di carbonio e da metano.
In appendice si possono ricordare le principali cadute di meteoriti in Italia per le quali si indica luogo e data di caduta: Albareto (Modena) 1766; Alessandria (S. Giulietta, S. Giuliano Vecchio) 1860; Alfianello (Brescia) 1883; Assisi 1886; Aussa (Valle dell'Isonzo, Gorizia) 1908; Borgo S. Donnino (Fidenza) 1808; Cereseto (Alessandria) 1840; Collescipoli (Terni) 1890; Girgenti 1853; Monte Milone (Pollenza, Macerata) 1846; Motta de' Conti (Vercelli) 1868; Orvinio (Rieti) 1872; Renazzo (Ferrara) 1824; Siena (Lucignano d'Asso, S. Giovanni d'Asso) 1794; Trenzano (Brescia) 1856; Vago (Verona) 1668; Val di Nizza (Pavia) 1903; Vigarano Mainarda (Ferrara) 1910. (V. tavv. XI e XII e tav. a colori).
Bibl.: A. Brezina, e E. Cohen, Die Structur und Zusammensetzung der Meteoreisen, Stoccarda 1887; E. Cohen, Meteoritenkunde, I e II parte, Stoccarda 1893-1903; H. Daubrée, Synthetische Studien zur experim. Geol., Brunswick 1880; id., Contribution à l'anatomie des météorites, Parigi 1867; S. Meunier, Méthode générale d'analyse immédiate des fers météoriques, Parigi 1868; id., Étude des alliages météoriques de fer et de nickel, Parigi 1868; id., Recherches sur la composition et la structure des météorites, Parigi 1869; G. T. Prior, Catalogue of Meteorites, Londra 1923, ecc.; G. V. Schiaparelli, Note e riflessioin intorno alla teoria astronomica delle stelle cadenti, Firenze 1867; id., Sulla relazione fra le comete, le stelle cadenti ed i meteoriti, Milano 1871.