METODO (dal gr. μέϑοδος; lat. methŏdus)
Etimologicamente (da μετὰ e ὁδός) significa "via, direzione a un termine, a una meta". Ma presso gli antichi il vocabolo μέϑοδος o suona per lo più (Aristotele) "indagine, investigazione", o talora (Platone) è sinonimo di ϑεωρία "speculazione", di ἐπιστήμη "cognizione". Non mai ebbe il senso specifico che andò in seguito assumendo tra gli scienziati e nei trattati di logica e nella pedagogia: senso fissato in quella parte della vecchia logica formale, che prende il nome di metodologia.
Questa fu spesso confusa con la logica, ma a torto: poiché la logica suppone la verità come norma della conoscenza, e la sua struttura alla quale la conoscenza si deve adeguare; laddove la dottrina del metodo vuole essere piuttosto un'arte della ricerca della verità, movendo dal dubbio e cioè dal soggetto che non presume già di conoscerla. Tale studio, già tanto sviluppato dall'astratto punto di vista formalistico dai filosofi scolastici assunse un aspetto nuovo e una nuova valutazione presso i pensatori del sec. XVII, nella cui preoccupazione costante di trovare un mezzo sicuro onde giudicare tutte le cose e fondare contro ogni attacco dello scetticismo una scienza organicamente connessa e feconda di risultati teorici e pratici, il problema del metodo viene specialmente approfondito fino a identificarsi col problema del sapere. Il Novum organum di F. Bacone, il Discours de la méthode di R. Descartes, le Regulae philosophicae d'I. Newton, la Recherche de la vérité di N. Malebranche, il De emendatione intellectus di B. Spinoza, l'Art de persuader di B. Pascal, l'Art de penser dei solitari di Port-Royal esprimono tutti questa profonda esigenza che emerge dalla dissoluzione del pensiero antico e scolastico; e la nuova coscienza critica che si costituisce fomenterà la riforma della filosofia e il rinnovamento scientifico che caratterizzano la storia della speculazione del sec. XVII. In seguito la parola metodologia viene anche intesa in funzione della metafisica: così, ad es., in E. Kant la metodologia trascendentale è la determinazione delle condizioni formali di un sistema perfetto di ragione pura, e metodologia della ragione pura pratica è l'arte con cui le leggi della ragione pura pratica possono entrare nell'animo umano e influire sulle sue massime; in J. F. Herbart la metodologia è la prima delle quattro parti in cui si distingue la metafisica, e tratta precisamente del metodo dei rapporti con il quale si possono togliere le contraddizioni che viziano i nostri concetti fondamentali della natura.
Se però questo significato medievale e moderno era ignorato dagli antichi, non sfuggì loro del tutto il contenuto della nuova assunzione ideale. Aristotele l'esprime con la perifrasi ὁ τρόπος τῆς μεϑόδου "il modo della ricerca"; e in questo senso tanto lui quanto Platone si posero il problema del metodo, che con più matura consapevolezza delle esigenze del pensiero e con più felice intuizione della natura e dello spirito umano è stato, molti secoli dopo, riaffrontato da tutta una serie di pensatori, la quale va dai costruttori della nuova scienza e della nuova logica e dai teorici dell'educazione fino ai recentissimi critici del valore della scienza e della pedagogia.
Dall'idea implicita nell'etimo fu facile il passaggio a indicare un insieme successivo e ordinato di atti che l'uomo dispone e compie per conseguire un suo fine: onde, essendo infiniti i fini ai quali si può riferire l'attività umana nelle diverse sue forme, si usa parlare di metodi logici e di metodi pratici, tra i quali ultimi si distinguono, per es., i metodi di condotta, emendativi, penitenziarî, terapeutici, politici, amministrativi, militari, statistici, industriali, agrarî, e via dicendo. E i metodologi osservano che a costituire il metodo nel suo aspetto logico si richiede innanzi tutto l'intelligenza del fine e la volontà consapevole di esso; poi la successione di atti mediati e fra loro connessi, conducenti allo scopo; e infine il loro riferimento a un'idea direttiva che effettui la conformità o convenienza tra atti e fine.
Un'ulteriore specificazione del significato della parola si ha limitandone il concetto alle relazioni dell'attività propriamente conoscitiva col suo oggetto che è il vero, in qualunque modo lo si concepisca. E allora il metodo o equivarrà a direzione da seguire per ordinare in un tutto coerente sia il complesso delle cognizioni umane, sia la rispettiva materia delle singole discipline; oppure significherà procedimento da tenere per raggiungere o dimostrare o comunicare il vero. In ambedue i casi si ha il metodo scientifico o riflesso, che applica le forme logiche ai fini speciali della scienza e della filosofia: ma nel primo caso si chiama metodo sistematico, nel secondo si presenta sotto le specie principali di metodo inquisitivo o inventivo, metodo dimostrativo, metodo didattico, o, più ampiamente, pedagogico.
Valore del metodo. - Benché nessun metodo valga a supplire il difetto d'intelligenza naturale o a dare il genio d'invenzione, né si possa pretendere col Cartesio che l'inuguale valore delle menti sia dovuto alla sola differenza dei metodi usati a coltivarle, tuttavia non si può negare l'efficacia del metodo sia nell'indagine sia nell'apprendimento. Non si coglie il vero di primo acchito, se non in via eccezionalissima: d'ordinario si procede per tappe successive, e il metodo è appunto l'itinerario che il pensiero percorre o traccia a sé stesso pensando. Evidentemente un metodo razionale non si costruisce a priori, in margine dell'esperienza, bensì è il prodotto di lunghe e reiterate esperienze. A profittare di esse, come di moniti e di suggestioni, anche il genio ci guadagna, non foss'altro perché gli risparmiano tentativi inutili o deviazioni pericolose; mentre le investigazioni condotte senza metodo falliscono.
Va però subito eliminato il pregiudizio di considerare il metodo in funzione d'un concetto statico della cultura, che è a quanto dire antitetico alla vita spirituale. La cultura, il sapere, lungi dall'essere un patrimonio che abbia esistenza reale fuori dello spirito umano, deve la sua conservazione soltanto alla continuità della reviviscenza delle idee e dei sentimenti nello spirito dei singoli; e se è vero che lo spirito non trova in sé che ciò che proviene dagli antenati, dall'educazione e dalla tradizione, è pure vero che ogni idea nella sua realtà concreta è una creazione della mente in cui è nata. Il metodo adunque non è un complesso di regole fisse, avulso dall'attualità viva del pensiero, ma si risolve nel flusso continuo, nel processo sempre nuovo e sempre diversamente determinato dello spirito pensante. Così è della filosofia. Ogni atto spirituale, non diciamo dei singoli individui, ma del medesimo individuo, crea insieme il suo fine e i suoi mezzi, volta per volta; quel fine determinato e quei determinati mezzi, del tutto soggettivi e incomunicabili: "quidquid creatur ad modum creantis creatur". Quando pure si metta a profitto per la propria azione metodica l'esperienza o la dottrina altrui, questa, che fuori della pianta nativa dello spirito è un'astrazione, andrebbe sempre rivissuta in guisa affatto soggettiva, sì che non sarebbe più quel certo predeterminato astratto modo di procedere: "quidquid recipitur, ad motum recipientis recipitur". Parimenti il metodo della scienza e della filosofia non si può distínguere, se non per economia mentale, dalla scienza e dalla filosofia, poiché tanto l'una quanto l'altra vivono nel ritmo eterno del nostro processo speculativo, che è uno per tutti e varia all'infinito secondo gl'infiniti momenti dello sviluppo spirituale.
Differenziazioni del metodo. - Anche dunque nel senso limitato al campo del sapere, vi sarebbero tanti metodi, quanti sono i momenti spirituali dell'individuo, gli scopi particolari che persegue e le materie a cui si applica. E ognuno ha il suo valore: poiché l'individuo pure rappresentandosi come una personalità sperduta nella moltitudine dei suoi simili, non può non riconoscere che nell'attività riflessiva della sua intelligenza brilla un valore che è lo stesso per ogni essere intelligente, e l'atto spirituale e il suo particolare metodo s'illuminano dell'intima razionalità che li fa validi per ogni essere pensante.
Ma la razionalità stessa che li investe con tutte le sue leggi, che sono le leggi eterne dello spirito, ci permette di ridurli sotto pochi capi: onde abbiamo la distinzione fondamentale, sopra accennata, dei metodi: sistematico, inquisitivo, dimostrativo, pedagogico. Essi riflettono i procedimenti del pensiero, in quanto: 1° ordina i fatti e gli oggetti, disponendo i concetti loro in modo da costituire un sistema razionale, mediante la coordinazione e la subordinazione; 2° o scopre fatti e oggetti prima ignorati, cause comuni di fatti, da cui si costruiscono le leggi, qualità comuni degli oggetti oncle si determinano i generi e le specie, e inventa nuovi modi di riprodurre e utilizzare i fatti; 3° o cerca di produrre la certezza intorno a ciò che ha scoperto, inventato e ordinato, sia mostrandone la dipendenza da principî della ragione, sia sottoponendolo a osservazioni ripetute, e ad esperimenti; 4° o insegna. V'è chi inserisce in questa prima distinzione anche il metodo espositivo, considerando il particolare momento in cui si comunicano le verità scoperte, ordinate e dimostrate, coordinandole con quanto era prima noto, sia in universale, sia relativamente alle persone a cui si comunicano. Ma spesso si confonde il metodo espositivo col metodo didattico o pedagogico: e in verità a primo aspetto l'uno appare identico all'altro, o il secondo specificazione del primo. Si tratta però d'identità apparente. Chi insema non espone soltanto né soltanto spiega, come lo scopritore e il trattatista; suo compito non è solo che il nuovo dato si coordini col già noto in un'esposizione sistematica valevole per tutti, ma che esso abbia vita e diventi fomite e impulso di vita nell'organismo culturale del discente. Inoltre l'insegnare abbraccia anche, nei limiti consentiti dai suoi scopi, gli altri metodi: il sistematico, in quanto l'insegnamento non solo mantiene o rinnova l'ordine delle cognizioni, ma anche mantiene il procedimento normale confacente allo sviluppo dell'intelligenza; l'inquisitivo o inventivo, sia perché nell'insegnamento a volte si scoprono nuovi rapporti fra le cognizioni e nuove analogie, sia perché il procedimento per cui lo scienziato scopre e inventa è spesso rifatto dall'insegnante per presentare in forma più efficace la nuova cognizione; il dimostrativo, non solo nel modo dello scienziato, ma soprattutto perché la mente dell'alunno imparando alcunché di nuovo apprenda anche il processo col quale la mente umana se ne rende certa.
Accanto a questi quattro metodi fondamentali, molti altri se ne distinguono in relazione alle diverse scienze o ai diversi gruppi di scienze. Essi si possono ridurre nella loro massima generalità ai seguenti: metodo deduttivo, per cui dalla verità di un giudizio universale o generale si vuole ricavare la verità di un giudizio particolare; induttivo, per cui dall'osservazione di più particolari s'inferisce la causa o la legge ossia il giudizio universale. Questi due metodi rispondono a due forme originali e necessarie del pensiero, che nella dialettica dello spirito umano si richiamano, si presuppongono e si compiono a vicenda. A volte sono qualificati con altri nomi: così il metodo deduttivo fu pure detto a priori, ideale, formale, soggettivo, sintetico; e il metodo induttivo fu chiamato a posteriori, empirico, sperimentale, oggettivo, analitico. Ma sono omonimie pericolose per gli equivoci ed errori a cui possono dare luogo. Così, ad esempio, il metodo empirico, propriamente detto si limita all'affermazione del fatto, mentre l'induttivo assurge dal fatto alla legge: il metodo a priori muove da idee o principî astratti o soggettivi e sottomette loro i fatti particolari, non cavati rigorosamente dall'osservazione sensibile, mentre il deduttivo può argomentare anche dalla legge o verità generale costruita o scoperta mediante l'esame dei fatti o con i procedimenti del metodo induttivo: il metodo analitico, oltre che muovere dai particolari per giungere agli universali (funzione che a rigore coincide con quella del metodo induttivo), ha pure l'ufficio d'esaminare e distinguere gli elementi compresi in un composto ideale o in una verità generale e allora può pure fare la funzione del procedimento deduttivo; alla sua volta il metodo sintetico, che parte da principî necessarî e semplici per combinarli insieme e dedurne rapporti nuovi, serve anche a mostrare deduttivamente che l'ipotesi posta a conclusione dei procedimenti induttivi concorda con altre esperienze. Quanto importino l'analisi e la sintesi nel metodo induttivo, si vede soprattutto dalla loro mutua integrazione nel metodo sperimentale del Galilei, teorizzato da Bacone contro la logica aristotelica: onde le scienze si costituirono su solide basi e continuarono a progredire. Analisi e sintesi emergono pure dal giuoco dei particolari metodologici che il Descartes pone a fondamento della costruzione d'ogni scienza e della filosofia; ma la preferenza per il piocedimento analitico creò il matematismo filosofico che costruisce deduttivamente, more geometrico, le sue verità, e sboccò in una nuova forma di dommatismo.
Il metodo dommatico prende le mosse da principî aprioristici imposti e accettati come verità assolute senza preoccuparsi della loro problematicità e che le loro conseguenze siano giustificate dai fatti e dall'esperienza. Tali principî possono essere: o la rivelazione divina consegnata in un libro e trasmessa per tradizione; o l'autorità della ragione investita d'un valore assoluto come interprete veritiero della realtà; o l'autorità d'un maestro assunto a criterio infallibile. Nel primo caso il metodo dommatico s'infeuda in grado eminente alla teologia confessionale, nel secondo s'impersona tra altro con lo scolasticismo e col razionalismo cartesiano, nel terzo diventa caratteristica delle scuole prone a "iurare in verba magistri" contro l'evidenza delle conquiste positive del pensiero. Al metodo dommatico, che per una parte sopravvaluta l'argomento dell'autorità, per l'altra confida ciecamente nella forza del pensiero e nella validità dei suoi presupposti, si contrappongono il metodo storico e il metodo critico. L'uno risale alle origini delle affermazioni e costruzioni intellettuali e studiandole nella loro ragion d'essere, nei loro sviluppi successivi, nelle opposizioni incontrate, ne scopre la parte caduca del tempo e l'eterno che sopravvive nell'attualità dello spirito, vale a dire il genuino loro senso e valore. Il metodo critico invece, al quale s'informa per eccellenza la filosofia kantiana, indaga con severa analisi la forma sotto la quale si presentano di fatto i prodotti dell'attività mentale, e ne esamina la portata per discernere quali sono i limiti della nostra conoscenza e fin dove questa può condurre.
Un posto a parte va dato al metodo dialettico: il quale è inteso in due sensi. Può significare l'arte di raggiungere e cogliere il vero mediante la critica delle opinioni, delle quali rivela le lacune, le infondatezze e gli errori; e in tal caso si serve del metodo elenctico, che mira a confutare gli errori, e può degenerare in quella forma chiamata eristica, che è l'arte di disputare per disputare, di contraddire l'avversario a ogni affermazione, senza alcuna intenzione costruttiva. O anche si intende il metodo usato dal Fichte e dal Hegel, che procede per tre momenti, tesi, antitesi e sintesi, ossia converte ogni concetto nel suo opposto e deriva dalla loro contraddizione il concetto più elevato, di fronte al quale si erge un'altra antitesi che richiede una sintesi più alta, e via dicendo. Questo procedimento, che aveva il vizio originario d'includere molti concetti empirici, che come determinazioni astratte erano insuscettivi d'ogni mediazione e sintesi mentale, è stato sdoppiato da B. Croce in una dialettica degli opposti e in una dialettica dei distinti, comprendente, quest'ultima, le quattro forme fondamentali dello spirito (artistica, filosofica, economica, etica). E una più radicale riforma vi ha sostituita G. Gentile, il quale, risolvendo tutto il reale nell'attualità dello spirito assoluto, distingue l'attività spirituale nei suoi tre momenti, soggetto, oggetto e sintesi soggettiva, e vi fa corrispondere puntualmente le forme assolute del sapere: l'arte, che rappresenta la pura soggettività, la religione che rappresenta la pura oggettività, la filosofia, sintesi vivente dell'una e dell'altra, in cui soltanto l'una e l'altra hanno la loro concreta realtà, mentre la scienza della natura partecipa della pura soggettività e della mera oggettività.
Metodo pedagogico e suo valore. - Il metodo pedagogico si può definire l'insieme ordinato e successivo degli atti e dei procedimenti per i quali l'educatore trae l'educando alla formazione della propria cultura spirituale. Inteso in questo senso, il metodo pedagogico esclude sia la frammentarietà e la sconnessione del suo processo, sia l'inconsapevolezza dell'ideale educativo e dei fini, sia l'ignoranza delle condizioni spirituali dell'educando; e inoltre sembra avere un'accezione più larga che il metodo didascalico o didattico, in quanto il fine dell'opera pedagogica abbraccia tutta la vita dello spirito e non si limita al semplice effetto dell'istruzione. Ma in realtà, poiché non si dà sapere, per puro che sia, al quale non sia immanente un carattere etico e perciò propriamente educativo, vengono considerati sinonimi metodo pedagogico e metodo didascalico o didattico. Quella parte della pedagogia che ne tratta in generale si chiama metodica, mentre l'applicazione della metodica alle singole materie da insegnare costituisce specificamente la didattica. Oggi però la metodica si chiama didattica generale, e l'applicazione della metodica all'insegnamento delle singole discipline è chiamata didattica speciale.
Che sia necessario il metodo nella prassi educativa, è ovvio argomentare dai risultati stessi che produce l'assenza di metodo. S'intende il metodo che nasce dalla consapevolezza del fare e dalla valutazione di ciò che si è fatto; non qualcosa di predeterminato che si possa insegnare distintamente dalla sua scienza e dalla sua arte e che valga per tutti i maestri e per tutti gli alunni. Se così fosse, si porterebbe chiuso in pugno il segreto inviolabile dei grandi e si potrebbero fabbricare scienziati e artisti a volontà. Il metodo così inteso è antispirituale e astratto: vi si considera infatti ciò che è materia di educazione come contenuto, prescindendo dalla forma, e si considera quella forma di cultura indipendentemente sia dalla mentalità e personalità di chi la deve generare, sia da quella di chi se la deve formare. Ora l'imposizione preventiva di schemi e di precetti generali riesce inutile e dannosa, inutile all'opera del maestro, perché inceppa la sua attività personale e sostituisce alla fonte viva del sapere un organismo morto; dannosa all'alunno, perché induce a trascurare la sua elaborazione attiva, fondata sulle cognizioni e tendenze da lui possedute.
Non c'è dunque un sapere che insegni l'arte di fare scuola, di farla cioè sul serio, a certi giorni, a certe ore, a certi alunni sempre nuovi, con animo sempre nuovo, in circostanze sempre diverse, su problemi che mai si ripetono. Continua creazione, l'arte del maestro non si rifà mai a un passato né a un qualcosa di eteronomico, se non come a richiamo per approfondire o, comunque, rinnovare la sua prassi, e invero al contatto dello spirito dell'alunno si rinnova con lui e rinnova perennemente il suo metodo, tenendo conto di tutte le positive condizioni nelle quali si effettua quella divina comunione di anime che è il dramma dell'educazione.
È condannato quindi in radice il pedantismo pedagogico, l'uso degli imparaticci manualistici, l'interpretazione formalistica dei programmi. Se una regola generale si può stabilire, è quella che affida tutto il lavoro allo zelo e all'abilità del docente sempre vigile e sempre in cammino. Il metodo si risolve nel maestro, e precisamente nella sua autoeducazione promossa dalla cultura educativa. Certo egli dovrà prima procurarsi solida e vasta cultura; e la critica didattica gl'indicherà, più che la via da seguire, quali metodi vadano eliminati, perché dimostrati dall'esperienza nocivi o, comunque, contrarî alle esigenze spirituali: tali, ad esempio, il verbalismo e il mnemonismo e ogni altro metodo implicante meccanicità e passività dell'alunno. Fuse poi armonicamente in uno le varie forme del suo sapere e della sua esperienza, il maestro le spenderà in servigio dell'educando, inserendosi nel processo di vita spirituale di lui con un atto d'affetto simile a quello con cui i genitori accompagnano lo sviluppo mentale e morale del figlio: e mettendosi dentro il mondo dell'alunno vi parlerà come la voce di ciò che è più intimo ad esso, e riuscirà o prima o poi a fargli amare la cultura, quella formativa s'intende, che ne foggerà l'anima e la personalità, filiazione della personalità dell'educatore e tuttavia diversa perché costituita con energia autonoma.
Ma l'analogia di procedimenti comuni, che si coglie nella varia prassi educativa, poiché lo spirito umano permane sempre lo stesso sotto i diversi atteggiamenti che assume nella sua storia, permette di classificare sotto capi speciali i numerosi metodi che si dànno. Ne accenneremo alcuni tra i principali:
Metodo intuitivo. - È quello che facendo appello alla concretezza dell'esperienza, che è percezione e intuizione oggettiva, mira a educare l'attività conoscitiva non con ragionamenti astratti, bensì con l'osservazione e la riflessione sui fatti. Esso è particolarmente propugnato dal Comenio in poi. Non si deve però dimenticare che l'intuito è non soltanto senso, ma anche intelligenza, e quindi conoscenza, per la quale esiste l'oggetto; e d'altra parte che il lavorio della riflessione ulteriore avviene non per un'organizzazione estrinseca dei dati offerti dall'esperienza sensibile, ma per uno svolgimento e approfondimento intrinseco all'esperienza, che così media la propria immediatezza.
Metodo socratico. - Così denominato perché lo usò magistralmente Socrate, il quale paragonava appunto l'arte sua dialettica all'arte della propria madre, la levatrice Fenarete. Consiste in abili e opportuni interrogatorî, con cui si guida l'interlocutore a scoprire quel che tiene nascosto a sua insaputa nella profondità della coscienza, e lo si aiuta a mettere fuori, a partorire (μαιεύομαι = faccio la levatrice) quelle idee che sono in lui come allo stato latente: onde è detto anche metodo maieutico. Applicato all'educazione, tiene desta l'attenzione dell'alunno ed esige la sua collaborazione nella produzione del sapere. Il maestro si limita a presentargli l'oggetto, a suggerirgli un'idea; e poi con tempestive e progressive domande l'obbliga a compiere da sé il lavoro d'osservazione, di comparazione e di sistematizzazione necessario all'acquisto delle nuove cognizioni: cosicché l'alunno, invece di riceverle passivamente, le produce da sé. Con tale procedimento, che eccita e acuisce in lui le attività intellettuali, gli si dà anche la gioia e il gusto del lavoro. Il metodo certamente non è facile, esigendo dall'insegnante più intenso amore, più larghe conoscenze, più viva operosità e un tatto spirituale a tutta prova, ma è quant'altro mai utile, specialmente se fuso con l'intuitivo: poiché l'uno e l'altro insieme provocano il sorgere del senso critico, per il quale s'impone l'esigenza del fondamento sperimentale e della giustificazione logica induttiva di ogni cognizione e di ogni dottrina.
Metodo attivo. - È quello che esercita armonicamente tutte le energie dell'alunno mediante esercizî che valgano, secondo i bisogni, le possibilità, le aspirazioni, le attitudini della scolaresca e dei singoli educandi, a svegliare e promuovere lo spirito d'osservazione e di ricerca, la spontaneità e il giudizio, assicurando in tal modo la formazione del carattere e l'unità della cultura. Esso si esplica anzitutto nel giuoco e nel lavoro, ma si applica perfettamente in tutte le discipline e in ogni esercizio per il loro apprendimento; ed è fondato sul concetto che l'uomo si fa agendo, cioè edificando sé stesso e il proprio mondo nel laboratorio della propria coscienza: onde ogni disciplina - lingua, matematica, scienze fisiche, geografia, storia, ecc. - viene conquistata dal fanciullo attraverso la sua attività, e il maestro perciò deve sapere suscitare per ognuna di quelle l'esercizio appropriato che dapprima avvii la mente al sapere e poi ne indichi le successive applicazioni.
Il metodo attivo ha dato origine alle note iniziative dell'inglese C. Reddie ad Abbotsholme presso Rochester, alla Landerziehungsheim (casa d'educazione in campagna) a Fulda per opera di E. Lietz, all'École des Roches del Demolins in Francia, ai felici tentativi di Mompiano in Italia, seguiti dalle più note fondazioni della Montessori e delle sorelle Agazzi. Al medesimo metodo, con le variazioni imposte dalle diverse condizioni dei popoli e dalle diverse età, si cerca d'informare nel sec. XX tutta la scuola moderna, anche la media.
Metodo materno. - È l'indirizzo che informa l'educazione infantile fondata appunto sull'assistenza materna e sulla fattività del bambino. Esso non si limita all'aspetto affettivo e morale, ma si riferisce anche alla funzione più propriamente detta intellettuale, ritraendo quanto può il procedimento spirituale della madre, che non è solo bontà, dolcezza e sollecitudine per le più minute cose, ma offre altresì un insegnamento vero e proprio. Né per il fatto che si chiama metodo materno, va concepito come un'onerosa precettistica, bensì come riflessa maternità educativa in atto, a cui sono presenti alcuni principî essenziali ricavati dallo studio del fanciullo nella sua realtà vivente di uomo: amare l'infanzia con un amore fatto di devozione, di assistenza, di conforto, di difesa; rispettare e promuovere il processo spirituale del bambino, cioè la sua spontaneità; trarre profitto dalla sua naturale curiosità di sapere; secondare il momento essenziale del suo spirito, che è l'arte, nelle cui forme elementari appropriate all'età, quali il giuoco, l'imitazione, il canto, il disegno, devono svolgersi le prime fasi dell'educazione; secondare insieme il suo momento religioso, fondamento e coronamento di tutta l'educazione infantile, innalzando le piccole anime verso Dio come ideale di cui sentono tutta la necessità.
Alla stregua di tale concezione è stata operata in Italia, per effetto della riforma Gentile, una trasformazione radicale dell'istituto per l'educazione infantile, ribattezzato col nome di scuola materna, che ci ricorda la schola materni gremii del Comenius. In virtù dei rr. decr. legge 1 ottobre 1923, n. 2185, 31 dicembre 1924, n. 3106, e di altre disposizioni ora contenute nel testo unico delle leggi sull'istruzione elementare, approvato con r. decr. legge 5 febbraio 1928, n. 577; stabilita della durata di cinque anni la scuola elementare, di cui gli ultimi due costituiscono il grado superiore e i primi tre il grado inferiore, vi si è premesso un grado preparatorio o scuola materna, triennale e che accoglie i bambini dal 3° al 6° anno: onde questa rappresenta in realtà il primo dei tre gradi che abbraccia l'istruzione elementare, secondo il concetto unitario a cui s'ispira la riforma nell'ordinamento e nei programmi delle scuole primarie. Il personale insegnante negl'istituti per l'educazione dell'infanzia dev'essere fornito del titolo legale di abilitazione all'insegnamento del grado preparatorio, che si consegue presso le scuole di metodo; e tutti gli enti che mantengono scuole materne sono sottoposti, per quel che concerne l'istruzione che vi s'impartisce, alla vigilanza del Ministero dell'educazione nazionale. Tale istruzione ha carattere ricreativo e tende a disciplinare le prime manifestazioni dell'intelligenza e del carattere del bambino. Essa comprende: le preghiere più semplici, il canto e l'audizione musicale, il disegno spontaneo, i giuochi, facili esercizî di costruzioni, di plastica, e di altri lavori manuali, giardinaggio e allevamento di animali domestici, i primi rudimenti di più generale possesso e la correzione di pregiudizî e superstizioni popolari.
Accanto alla scuola materna, vanno ricordati altri tipi di scuole infantili in Italia: le Agazziane e le Montessoriane (v. agazzi, rosa; montessori, maria); quelle della Montesca, e di Rovigliano, fondate da A. e L. Franchetti per i figli degli agricoltori, dove regna sovrano il culto della natura e predominano gli esercizî di giardinaggio e di coltura dei campi; l'asilo annesso alla Scuola Rinnovata di Giuseppina Pizzigoni a Milano, organizzato sulla base dell'igiene, dell'osservazione, del giardino, dello spirito d'iniziativa e di autoconquista; il giardinaggio d'infanzia di Rina Nigrisoli a Portomaggiore (Ferrara), dove spira un'aura pascoliana, con osservazione della natura, colture, allevamenti, vita all'aperto. E fuori d'Italia si deve un cenno alle esperienze di J. Dewey nell'America Settentrionale e di O. Decroly nel Belgio. Il giardino d'infanzia del Dewey è riallacciato agli alti gradi dell'educazione e costituito centro di gravità della scuola in genere: il suo ordinamento fondato sugl'istinti infantili, cioè istinti sociali, istinto di fare e costruire, dell'investigazione e dell'arte, spinge l'insegnante a porsi dei problemi da risolvere, tratti dall'osservazione e dallo studio dei bambini. Il metodo del Decroly s'ispira al concetto di preparare il fanciullo alla vita con i mezzi che offre la vita stessa, di togliere alla scuola il suo carattere convenzionale e di consentire ai piccoli alunni di vivere in un ambiente naturale.
le scuole di metodo.
A) Si chiamarono scuole di metodo o di metodica quelle che l'Austria nell'ordinamento dell'istruzione elementare fatto nel 1821 nel Lombardo-Veneto aveva annesse alle scuole elementari maggiori nei capoluoghi di provincia, allo scopo di preparare i maestri. Per esservi ammessi, bastava una cultura di poco superiore a quella delle scuole elementari; e ad avere la patente bastava un modesto esame, dopo 6 mesi d'assistenza alle lezioni per i maestri delle classi elementari maggiori, dopo 3 mesi per i maestri delle minori. Chi aveva intelligenza e agio di studiare poteva poi farsi da sé. Nel Piemonte, dopo che nel bimestre agosto-ottobre del 1844, F. Aporti fu chiamato da re Carlo Alberto a inaugurare e dirigere nell'università di Torino la prima scuola pratica di metodo per i maestri, furono stabilite nell'agosto 1845 le scuole di metodo di due tipi: scuola superiore destinata a formare i professori di metodo, con quattro corsi e durata d'un anno; e scuole provinciali (stabilite cioè nei capoluoghi di provincia), con tre corsi (corso del professore, corso dell'assistente, corso del maestro di calligrafia) e durata di due mesi e mezzo. Dette scuole, che in seguito furono migliorate, rifletterono e alla loro volta promossero un grande risveglio pedagogico, la cui efficacia non fu estranea al moto politico, tanto che uno dei corifei della reazione subalpina, Giacomo Margotti, le mise in canzonatura nell'articolo "Le fave e le scuole di metodo", in L'Armonia del 4 dicembre 1852.
B) Per effetto del r. decr. legge 31 dicembre 1923 si chiamano scuole di metodo per l'educazione materna le scuole istituite dal governo nazionale d'Italia per la preparazione delle maestre del grado preparatorio, conosciute anche sotto il nome di scuole di metodo per le educatrici dell'infanzia. Tali scuole sono di due tipi: regie e riconosciute. Le scuole di metodo regie, oltre le Montessoriane, hanno sede a Sacile, Fossombrone, Trento, Matera, e Marcianise. Le riconosciute sono quelle appartenenti a enti morali: uno di questi è l'Associazione educatrice italiana, che, eretta in ente morale nel 1927, ha rilevato per decreto ministeriale del 5 febbraio 1929 la grande maggioranza delle scuole di metodo riconosciute a tutti gli effetti legali, allora esistenti in Italia, e altre ne ha istituite per proprio conto; sicché alla fine del 1933 essa ne dirigeva ben ventotto.
Il corso delle scuole di metodo dura tre anni. Per l'ammissione al primo corso si richiede normalmente la licenza complementare o la licenza di ottava classe elementare (corso integrativo completo) o il diploma d'ammissione alla quarta ginnasiale o al primo anno superiore d'istituto tecnico o d'istituto magistrale. Al secondo o al terzo anno non si è ammessi che mediante esami di promozione rispettivamente dal primo e dal secondo. L'istruzione che s'impartisce in tali scuole comprende: religione, lingua italiana, storia e geografia, matematica e scienze naturali, igiene e pedagogia infantile, economia domestica, canto, disegno, plastica e lavori donneschi. Poiché, data la natura degli uffici che è chiamata ad assolvere la maestra del grado preparatorio, questa deve sapere intelligentemente preparare cibi e allestire vestiti per i bambini, essere brava collaboratrice del medico e ottima vigilatrice sanitaria, intendere i piccoli nei bisogni loro spirituali, essere capace di assisterli e di farsi partecipe della loro gioia: e tali abilità sono inquadrate da una sobria ma solida cultura letteraria, storico-pedagogica, scientifica e religiosa.
Il centro della scuola di metodo è l'istituto infantile che vi è annesso, dove le candidate al magistero dei piccoli possono convivere con essi, conoscerli, amarli, studiarli, e così cogliere la psicologia dell'infanzia nella concretezza del suo manifestarsi, verificare la conoscenza critica dei pedagogisti dell'infanzia, acquistare con l'esperienza una sempre più ricca e più aderente consapevolezza dell'educare i bambini. In ciò consiste la grande attività del tirocinio, inteso non come meccanica e spesso imparaticcia lezione ai piccoli, bensì come partecipazione all'intera loro vita nella scuola materna dal momento della piccola esercitazione predisposta, o lezioncina, ai momenti della ricreazione, dei giuochi, della refezione, delle occupazioni manuali, della pulizia, durante i quali si rivela nella sua maggiore spontaneità l'anima dei bimbi: sicché il tirocinio diventa un continuo riferimento e coordinamento della cultura acquistata dalla candidata con le difficoltà proprie di un positivo insegnamento materno.
Bibl.: Per il metodo scientifico e filosofico, oltre la bibliografia data alle voci: bacone; induzione; lachelier, vedi: R. Caverni, Storia del metodo sperimentale in Italia, Firenze 1891 segg.; F. Masci, Elementi di filosofia, I: Logica, Napoli 1899, pp. 389-439; H. Poincaré, Science et méthode, Parigi 1907; De la méthode dans les sciences, Parigi 1914, voll. 2; E. Goblot, Le système des sciences, Parigi 1922; G. Gentile, Sistema di logica, 2ª ed., Bari 1922, I, pp. 216-235, passim, II, pp. 241-244; A. Perieteanu, La méthode scientifique, Parigi 1932; J. de la Vaissière, Méthodologie scientifique, Parigi 1934.
Per la questione del metodo in pedagogia, v.: G. Cesca, Cultura ed istruzione, Messina 1907; J. Dubois, Le problème pédagogique, Parigi 1911, passim; S. Caramella, Studi sul positivismo pedagogico, Firenze 1921; G. Vidari, La teoria della educazione, Milano 1924, tutta la sez. 2ª; G. Gentile, SOmmario di pedagogia, 3ª ed., Bari 1923, I, pp. 142-62; II, pp. 7-27; id., Scritti pedagogici, Milano 1932, capitoli 1° e 2°; C. Licitra, La nuova scuola italiana, Roma 1924; E. Codignola, IL problema dell'educazione nazionale in Italia, Firenze 1925, specialmente la parte quarta; A. Carlini, La nostra scuola, Venezia s. a.; E. Mazzoni, L'idealismo italiano e la nuova pedagogia in rapporto ai problemi della scuola, Piacenza s.a.; L'aube de l'école sereine en Italie, Parigi 1927, monografia miscellanea, a cura di A. Ferrière (reca in fine da p. 182 a p. 223 una copiosissima bibliografia sulle "Scuole nuove" e sul loro compito nella cultura italiana a cura di E. Mazzoni); M. Casotti, Maestro e scolaro, Milano 1930, passim; G. Lombardo-Radice, Saggi di critica didattica, a cura di L. Stefanini, Torino 1927; id., Orientamenti pedagogici, II, Torino 1931; L. Stefanini, La pedagogia dell'idealismo giudicata da un cattolico, ivi 1927; id., Il rapporto educativo, Padova 1932, passim.
Per il metodo materno, oltre alla bibliografia alle voci agazzi, rosa; aporti; asilo; fröbel; montessori, v.: G. Vidari, La teoria dell'educazione, 2ª ed., Milano 1924; E. Gasca, Dalla scuola alla madre, Torino 1928; R. Cavallini, L'educazione dell'infanzia, Torino 1928; G. Lombardo-Radice, Il problema dell'educazione infantile, Venezia 1929 (in fine reca un ragionato cenno bibliografico della didattica nuova italiana, dalle esperienze didattiche precedenti la riforma Gentile, alle varie illustrazioni della riforma stessa); G. Gentile, Preliminari allo studio del fanciullo, 3ª ed., Milano 1929; G. Lombardo-Radice, Per la scuola infantile, in Orientamenti pedagogici per la scuola italiana, Torino 1931, II, pp. 197-297; M. Casotti, Il metodo Montessori e il metodo Agazzi, Brescia 1931; A. Franzoni, Metodo Agazzi, Roma 1931; id., Storia dell'educazione infantile e femminile, Milano 1932; M. La Torraca, Il metodo Decroly, Roma 1931; V. Benetti Brunelli, Metodi e probl. di educazione infantile, Roma 1932.
Per le scuole di metodo nel Risorgimento italiano, v.: F. Aporti, Delle scuole magistrali in Lombardia, in L'educatore primario, Torino, 20 giugno 1845; id., in Annali univers. di statistica, Milano, luglio 1845, pp. 22-23; id., Ordinamento dei pubblici studii in Lombardia, in Giornale della Società d'istruz. e d'educaz., Torino 1950, pp. 733-749; D. Berti, Del metodo applicato all'insegnamento elementare, Torino 1849; L. Capello, Le prime scuole di metodo nel Piemonte, in Atti della R. Accad. delle scienze in Torino, 1918, p. 390 segg.; P. Gobetti, Le scuole di metodo, in Risorgimento senza eroi, Torino 1926; G. Vidari, Le prime scuole di metodo e i primi principii di metodica, in Rivista pedagogica, 1921, fascicoli 9-10; A. Gambaro, I due apostoli degli asili infantili in Italia, in Levana, I-II del 1927, pp. 63-66.
Per le scuole di metodo fondate in Italia nel 1923, v.: G. Lombardo-Radice, Quale sia lo spirito informatore delle scuole di metodo per l'educazione materna, in L'educaz. nazionale, Roma, novembre 1925; A. Franzoni, Scuola di metodo, in Atti del primo convegno delle scuole di metodo (Roma, 7-11 sett. 1925), Roma 1926; id., Il concetto del fanciullo e l'educatrice, ivi; id., I principali indirizzi dell'educazione infantile, ivi; G. Lombardo-Radice, L'aridità della scuola media e la educazione delle madri, ivi; Associazione educatrice italiana, Alle scuole di metodo dell'A. E. I., Roma 1928-29; R. Agazzi, Guida per le educatrici dell'infanzia, Brescia 1932.