METOPA (μετόπιον e μετόπη)
Nel vivo della trabeazione, particolarmente degli edifici di ordine dorico, e precisamente al di sopra dell'epèistilio, erano lasciate in origine delle aperture a guisa di finestrelle, per l'inserzione delle estremità delle grosse travi (transtra), che formavano le basi delle capriate o di altro genere di armature destinate a sorreggere il tetto vero e proprio, e alle cui testate venivano poi collocati i triglifi. Le dette aperture in greco erano chiamate ὀπαί (Vitr., IV, 2, 4); e perciò metopa non è che la porzione di muro compresa fra due ὀπαί, in altri termini, fra due testate di travi, e quindi fra due triglifi. Meno attendibile sembra l'ipotesi, affacciata da G. Perrot, che la parola μετόπη debba intendersi come sinonimo di μέτωπον (fronte); e oscuro rimane tuttora il passo d'Euripide (Ifigenia in Tauride, 113 segg.) circa il vuoto presso i triglifi, attraverso il quale Oreste e Pilade avrebbero potuto penetrare nel tempio di Artemide. Per estensione e per analogia, si dava il nome di metopa anche ai piccoli spazî compresi fra gli sporti dei dentelli nelle trabeazioni degli edifici ionici (Vitr., loc. cit.; cfr. III, 5, 11). Quando, con l'affermarsi dell'architettura in pietra, molti degli elementi costruttivi, che si presumono derivati dalle strutture lignee, non ebbero che funzioni decorative, il fregio a triglifi e metope fu esteso a tutta quanta la trabeazione, cioè fin sopra l'epistilio frontale e sul postico, sui quali non potevano poggiare testate di transtra.
Le metope erano generalmente costituite da blocchi monolitici, presso a poco dello stesso spessore dell'epistilio; talvolta, specialmente in edifici minori, formavano unico blocco con uno dei triglifi contigui; e in altri edifici, molto piccoli, in uno stesso blocco s'intagliavano parecchie metope con i corrispondenti triglifi e con la corrispondente porzione del sottostante architrave. Ma, con l'introdursi della decorazione a rilievo nelle metope stesse, ai blocchi si sostituirono lastroni che, per essere di minor spessore, riuscivano più maneggevoli. Lastre di terracotta sono le metope dipinte dell'arcaico tempio d'Apollo a Termo, nell'Etolia. Non è improbabile che anche le metope in pietra contenessero decorazioni a colori e non soltanto una tinteggiatura uniforme; ma negli edifici superstiti, se pure c'erano, sono sparite. Si conservano invece notevoli esempî di quelle a rilievo.
Il più antico esempio di metope scolpite è quello dell'edificio classico di Micene. Uno dei più antichi è ritenuto dai più quello del tempio di Asso nella Troade, attribuito alla fine del sec. VII a. C. o al principio del VI. Checché ne sia, non si ha precisa conoscenza né del numero né della collocazione delle metope scolpite. F. Sartiaux ritiene che ne fossero ornate le due fronti, senza escludere che se ne trovassero anche nei lati lunghi. Sarebbe anche da ricordare il tesoro dei Sicionî a Delfi; ma non è provato che certe lastre scolpite siano delle metope. Invece numerose metope a rilievo conteneva sicuramente il tesoro degli Ateniesi nello stesso santuario: sono della fine del sec. VI o, piuttosto, del principio del V a. C.
Il luogo, ove l'uso di decorare i templi dorici con metope scolpite sembra sia stato più frequente che altrove, è Selinunte.
Gli avanzi di decorazioni metopali, ivi recuperati in varie epoche, si trovano tutti raccolti nel Museo Nazionale di Palermo. Al principio del sec. VI a. C. sono attribuite quattro piccole metope, unico residuo d'un tempietto, per il resto sconosciuto; rappresentano rispettivamente: Eracle in lotta con il toro cretese; Europa sul toro; una Sfinge; un gruppo di divinità (Apollo con Artemide e Latona). Pure allo stato sporadico è stato trovato un altro piccolo rilievo che sembra una metopa, con scena di danza, riferibile alla metà del sec. VI. Il tempio C sull'acropoli, all'incirca dello stesso periodo, ci mostra la decorazione a rilievo non estesa a tutte le metope, ma limitata a quelle della fronte orientale. Se ne conoscono tre, con soggetti varî, come le quattro del tempietto dianzi ricordato: la quadriga del Sole; Perseo che decapita la Gorgone alla presenza di Atena; Eracle con i Cercopi. Pure limitate alla fronte est erano le metope scolpite del tempio F, del gruppo orientale; le due sole superstiti, frammentate, contengono scene della Gigantomachia: sono attribuite alla fine del secolo VI a. C. Al principio del successivo va riferita un'altra piccola metopa scolpita, con Aurora e Cefalo, rinvenuta allo stato sporadico. Nel tempio E, dello stesso gruppo orientale, e appartenente alla metà circa del sec. V a. C., le metope scolpite si trovavano soltanto nella trabeazione del pronao. Se ne conservano cinque, oltre a varî frammenti, e rappresentano soggetti varî: Eracle in lotta con l'Amazzone Ippolita; le nozze di Zeus ed Era; Atteone aggredito dai cani, aizzati da Artemide; due episodî della Gigantomachia. Particolarità notevole di queste metope, eseguite in pietra locale, è l'uso del marmo per le parti nude dei corpi femminili.
Il sistema della collocazione delle metope a rilievo nella trabeazione della cella si ritrova nel tempio di Zeus a Olimpia, con la differenza che qui le metope scolpite adornavano le fronti tanto del pronao che dell'opistodomo: sei per parte. I soggetti appartengono a un unico ciclo: le fatiche d'Eracle. Con il cosiddetto Thēseĩon, in Atene, si torna alla collocazione delle metope scolpite all'esterno; ma delle complessive 68, soltanto 18 erano tali, e collocate tutte sulla fronte orientale (10) e sui tratti contigui dei lati lunghi (4 per parte). Quelle della fronte, danneggiatissime, rappresentano nove delle fatiche di Eracle; le laterali, meglio conservate, imprese di Teseo. Il Partenone era forse l'unico edificio che avesse tutte le metope della trabeazione esterna decorate a rilievo: in tutto ben 92, delle quali 14 su ciascuna delle fronti e 32 su ciascuno dei lati lunghi. Il prevalente cattivo stato di conservazione non ha permesso una sicura identificazione di tutti i soggetti raffigurati sulle metope; sembra tuttavia che quelle della fronte orientale rappresentassero scene della Gigantomachia, e scene di Amazzonomachia quelle della fronte occidentale. La battaglia dei Lapiti coi Centauri era il soggetto delle metope del lato sud, che sono le meglio conservate; ma, nel mezzo, la serie era interrotta da un gruppo di nove metope con rappresentazioni diverse, mentre altre, pure con scene della Centauromachia, erano intercalate tra quelle del lato nord, la maggior parte di difficile interpretazione a causa del pessimo stato di conservazione, ma forse ispirate dalla Iliupersis.
Altre località, ove si trovavano edifici con metope scolpite, sono: Argo, Figalia, Tegea, Nuova Ilio, Pesto. Delfi va ancora ricordata per la sua thólos.
Dato che caratteristica delle metope è la forma quadrangolare, ne è conseguito che la qualifica di decorazione a metope si estendesse anche a opere d'arte che con le metope vere e proprie non hanno in comune se non il sistema d'inserire una qualunque ornamentazione, o una composizione figurata, entro un riquadro, ovvero più d'una in una serie di riquadri. Così, per esempio, sono decorate a metope alcune placche arcaiche di bronzo trovate a Olimpia; così possono dirsi decorati a metope i rilievi in nenfro che erano messi in opera in certe tombe a camera nella necropoli etrusca di Tarquinia e che sono caratterizzati, oltre che dalle serie di fossette a sezione trapezoidale, da serie di quadretti figurati (v. etruschi, XIV, p. 528, figura) e così finalmente si dicono decorati a metope i vasi dipinti che presentano figurazioni o semplici ornati chiusi entro riquadri, e particolarmente quelle anfore a figure nere, nelle quali la composizione figurata è limitata, su ciascuna faccia, a un riquadro a fondo rosso, mentre tutto il resto del corpo del vaso è uniformemente verniciato di nero.
Bibl.: G. Perrot e Ch. Chipiez, Histoire de l'art dans l'antiquité, VII, Parigi 1898; Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, III, ii, p. 1886 segg.; E. Katterfeld, Die griechischen Metopenbilder. Archaeologische Untersuchungen, Strasburgo 1911. - Sul tempio di Thermos: G. Sotiriadis e G. Kawerau, Antike Denkmäler, II, tavole 49-52 A. - Sul tempio di Micene: K. Kuruniotis, Porossculpturen aus Mykene, in Jahrbuch d. deut. arch. Instituts, XVI (1901), p. 18 segg. - Sul tempio di Asso: F. Sartiaux, Les sculptures et la restauration du temple d'Assos, in Revue archéologique, 1913, II, p. 1 segg.; 1914, I, pp. 191 segg., 381 segg.; id., Les sculptures et la restauration du temple d'Assos en Troade, Parigi 1915. - Sul tesoro dei Sicionî: G. Perrot e Ch. Chipiez, Hist. de l'art, VIII, Parigi 1904, p. 455 segg. - Sul tesoro degli Ateniesi: Fouilles de Delphes, IV. - Sulle piccole metope di Selinunte: A. Salinas, Nuove metope arcaiche selinuntiane, in Monumenti dei Lincei, I (1892), colonne 957 segg., tavv. I-III; E. Gabrici, in Memorie dell'Accademia di archeologia, lettere e belle arti di Napoli, V (1924). - Sui templi e le altre metope di Selinunte: D. Serradifalco, Antichità della Sicilia, II, Palermo 1834; O. Benndorf, Die Metopen von Selinunt, Berlino 1873; J. Hulot e G. Fougères, Sélinonte, Parigi 1910. - Sul tempio di Zeus a Olimpia: V. Laloux e P. Monceaux, Restauration d'Olympie, Parigi 1889. - Sul Partenone: A. Michaelis, Der Parthenon, Lipsia 1870; M. Collignon, Le Parthénon, Parigi 1914. - Sul Theseion: Br. Sauer, Das sog. Theseion und sein plastischer Schmuck, Lipsia 1899. - Sulle placche di Olimpia: Ausgrabungen zu Olympia, IV, tav. XXXIX. - Sui rilievi tarquiniensi in particolare: Notizie degli scavi, 1930, pp. 114 segg., 164 segg.