PEONICI, METRI
. Si chiama nella metrica greca παιών (la forma ionico-attica di παιάν, peana: v.) una misura che consta teoricamente di cinque tempi primi. Normalmente o le due prime brevi o le due ultime sono contratte, cioè -⌣⌣⌣ oppure ⌣⌣⌣-. Più consuete ancora sono le forme -⌣- (cretico) oppure ⌣-- (baccheo). Il peone è adatto a una danza saltellante, e come tale è specialmente conveniente alle parti liriche della commedia.
Aristofane ha una speciale predilezione per metri peonici: con particolare amore egli usa in serie (κατὰ στίχον) tetrametri peonici. Questo metro è fortemente rappresentato nelle sue commedie più antiche: negli Acarnesi, nei Cavalieri, nelle Vespe: poi esso scompare quasi del tutto. Essi erano adoperati anche nel dramma satiresco, come mostrano gli Ichneutai di Sofocle. Quanto alla tragedia, solo il tragico più antico, Eschilo, ha un canto tutto in peoni, e questo nella più antica tragedia, le Supplici, che anche per altri rispetti s'avvicina più di ogni altra alla commedia; cretici e bacchei si trovano talvolta nei tragici, in prossimità di docmî. È dubbio se essi non siano qui soltanto docmî incompleti, sincopati. Apparenti cretici e bacchei in mezzo a giambi e trochei lirici sono soltanto forme metriche (v. piede), indicano sincope. Cantici in cretici e bacchei sono caratteristici di Plauto (v. metrica, XXIII, p. 105); essi derivano forse dalla tragedia romana contemporanea.
Bibl.: U. von Wilamowitz-Möllendorff, Griech. Verskunst, Berlino 1921, p. 330 segg.; O. Schröder, Nomenclator metricus, Heidelberg 1929, p. 34; Grundriss der griechischen Versgeschichte, ivi 1930, p. 65 segg.