METRODORO (Μητρόδωρος, Metrodōrus)
Vi sono varî autori di questo nome. 1. Il più antico e il più celebre è M. di Chio, allievo di Democrito, il quale combinava in modo singolare l'atomismo con lo scetticismo. Razionalista convinto, doveva credere che tutto il pensabile è reale, poiché ha lasciato detto che "una sola spiga di grano su un'immensa pianura sarebbe altrettanto straordinaria, come un solo mondo nell'infinità dello spazio". D'altra parte diffidava della verifica dei sensi: "Non ci è dato sapere nulla, nemmeno se sappiamo o non sappiamo". Il suo razionalismo raggiungeva così il relativismo: "Il tutto è ciò che ciascuno di noi può pensare". Nella cosmologia si discostò alquanto dal maestro.
2. Metrodoro di Lampsaco. - Filosofo greco del sec. V a. C., scolaro di Anassagora di Clazomene. Le poche testimonianze che lo concernono si trovano raccolte in H. Diels, Die Fragmente der Vorsokratiker, I, 4ª ed., Berlino 1922, p. 414. Egli è noto soprattutto come continuatore dell'interpretazione allegorica di Omero, e particolarmente del mondo degli dei e degli eroi omerici, iniziata da Anassagora. Tale interpretazione egli proseguì però nella forma più ingenua e crassa, identificando quegli eroi con elementi del cosmo (così in Achille egli vide il sole, in Ettore la luna, in Agamennone l'etere, in Elena la terra, in Paride l'aria) e quelle divinità con parti dell'organismo umano (Apollo fu per lui la cistifellea, Demetra il fegato, Dioniso la milza, ecc.).
3. Metrodoro di Lampsaco. - Filosofo greco, amico e scolaro di Epicuro, vissuto dal 331-30 al 278-77 a. C. Assai stretta fu la sua relazione di amicizia col maestro, a cui premorì, e che lo onorò in vario modo, sia dedicandogli l'Euriloco e intitolandogli il Metrodoro, sia accomunandolo a sé nelle periodiche commemorazioni previste dal testamento.
Gli scrittori antichi (e particolarmente Diogene Laerzio, X, 23) ricordano di lui molti scritti, varî dei quali di argomento polemico, come quello Πρὸς τοὺς σοϕιστὰς ἐννέα, che fu più tardi discusso da Galeno. Di tali scritti restano varî frammenti, prima raccolti da H. H. A. Duening (De M. Epicurei vita et scriptis, acced. fragm., Lipsia 1870) e poi, più compiutamente, da A. Körte (in Iahrbücher für Philologie, supplem. XVII, 1890, pp. 529-97). Ma nel complesso M. fu più un ripetitore ed esplicatore del verbo epicureo che un pensatore originale, e la sua notorietà non superò in genere i limiti dell'ambiente epicureo: lo stesso Epicuro non lo annoverava tra coloro che avrebbero potuto scoprire la verità da soli, pur considerandolo primo tra quelli che avrebbero saputo farlo con l'aiuto altrui. In ogni modo, M. fu, tra gl'immediati scolari di Epicuro, la personalità più notevole.
4. Metrodoro di Stratoniceia in Caria, prima epicureo, poi accademico e allievo di Carneade.
5. Metrodoro di Scepsi nella Frigia, filosofo della Nuova Accademia, retore e politico, antiromano e partigiano di Mitridate Eupatore, che fu da questo messo a morte nel 70 a. C. per averlo voluto tradire con Tigrane.
Vi sono varî altri scrittori minori di questo stesso nome nel periodo alessandrino: un M. di Bisanzio, naturalista aneddotico (sec. I a. C.), un M. di Chio storico, un M. di Smirne poeta, un M. omerico, un M. isocrateo, un M. comico, un M. autore di parecchi epigrammi algebrici dell'antologia greca, che hanno un valore notevole per la storia delle matematiche, vissuto secondo taluni al tempo di Costantino, secondo altri nel VI sec.
Si ricorda anche un Metrodoro di Atene, pittore e filosofo della prima metà del sec. II a. C. La sua attività si ricollega con la vittoria di Emilio Paolo a Pidna su Perseo, ultimo re macedone (168 a. C.). Plinio racconta (Nat. Hist., XXXV, 135) che il console romano, dopo la vittoria, chiese che da Atene gli s'inviasse un filosofo per l'educazione dei figli e un pittore per i quadri decorativi del suo trionfo. Gli si mandò M. che lo soddisfece in entrambi i desiderî, e fu il primo pittore greco di cui sappiamo la venuta in Italia e l'appartenenza a quella corrente d'arte e di cultura che dalla Grecia vinta passò a Roma. Il quadro o i quadri che M. fu chiamato a dipingere sono di quelli con i quali i vincitori romani solevano ornare i loro trionfi, e che rappresentavano le battaglie vinte, le immagini dei nemici sconfitti che non seguivano il trionfo, ecc. È stata da taluno sostenuta l'identificazione del nostro M. con il filosofo omonimo di Stratonicea (Diog. Laert., X, 9).
Bibl.: Per il M. scolaro di Anassagora: W. Nestle, Metrodors Mythendeutung, in Philologus, LXVI, p. 503 segg.; id., in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XV, coll. 1476-77; Th. Gomperz, Hellenica, I, p. 104. - Per il M. scolaro di Epicuro: E. Thomas, in Arch. f. Gesch. d. Philos., IV (1891), pp. 70-73 (nel framm. di M. citato da Seneca, Ep., 99, 25); S. Pellini, Il problema di M., in Classici e Neolatini, I, fasc. i; S. Sudhaus, Eine erhaltene Abhandlung des M., in Hermes, XLI (1906), pp. 45-58; Μητροδωρος περὶ πλούτου, in Hermes, XLII (1907), pp. 645-47; W. Kroll, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XV, Stoccarda 1932, coll. 1477-80. - Per il M. pittore: H. Brunn, Gesch. griech. Künstl., Stoccarda 1889, II, pp. 293 e 304; E. Pfuhl, Maler. u. Zeich. d. Griechen, Monaco 1923, par. 908.