METTERNICH-WINNEBURG, Pauline, principessa di: dal 4 giugno 1897, principessa di Metternich-Sándor per il decreto del governo austriaco che l'autorizzava a unire, per sé e per la figlia Klementine, il nome e lo stemma di Metternich e di Sándor
Nacque il 26 febbraio 1836 dal conte Maurizio Sándor di Szlavnicza e da Leontina Metternich, figlia di primo letto del principe Klemens e sposò, il 30 giugno 1856, suo zio Richard (v.). Seguì il marito nelle sue missioni di Dresda e di Parigi. D'aspetto un po' sgraziato, ma simpaticissima e di grande vanità intellettuale, fu uno degli astri della brillante corte napoleonica. I suoi balli, celebre quello del 1867 in occasione dell'Esposizione, gareggiavano con quelli delle Tuileries. Cantava, ballava e suonava divinamente ed ebbe grandi successi nelle rappresentazioni di corte. Di costumi, anche nella Parigi di allora, eccentrici, sempre all'avanguardia della moda, adorava la musica e tentò d'introdurre in Francia Wagner: ottenne da Napoleone III che fosse rappresentato all'Opera il Tannhäuser, la sera del 13 marzo 1861, ma fu un fiasco completo. Donna nel senso più squisito della parola, non ebbe nulla dell'ambasciatrice politicante e superdonna, quale fu la contessa di Lieven: la sua influenza politica va rinchiusa pertanto in confini molto stretti. Quando l'imperatrice Eugenia, unita alla M. da affettuosa amicizia, fu costretta a fuggire (1870) con l'aiuto del marito di lei, Riccardo, e di C. Nigra, affidò alla M. i suoi gioielli. Anche la M. abbandonò, poco dopo, Parigi, per tornarvi a pace compiuta nel 1871, ma per breve tempo. Dalla fine del 1871 si stabilì a Vienna e tanto brillò in quella corte, che nella capitale asburgica correva il detto: "Non v'è che una città imperiale: Vienna; non v'è che una principessa: Pauline di Metternich". Morì a Vienna il 28 settembre 1921. Lasciò dei Souvenirs (ed. M. Dunan, Parigi 1922).
Bibl.: G. Lacour-Gayet, La princesse P. de M., in Revue de Paris, 1924, p. 1; Lanzac de Laborie, Une ambassadrice à Paris sous le second empire. P. de M., in Le Corespondant, n. s., 1924, p. 260.