MEZZADRIA (XXIII, p. 147)
Nel codice civile italiano 1942 la mezzadria è regolata nella seconda sezione del libro V, titolo II, capo II, dedicato alla impresa agricola; per quanto non espressamente disposto, si applicano, in mancanza di convenzione, gli usi (art. 1374). La mezzadria ha come funzione generale quella di servire strumentalmente all'esercizio dell'impresa agraria. Ma ha anche una funzione strumentale specifica, la quale è assolta in una con gli altri contratti coordinati nella medesima categoria dei rapporti di associazione agraria (colonìa parziaria e soccida), e consiste nel servire allo esercizio della impresa agraria in forma associativa. Principio, questo, confermato dall'art. 2141 secondo il quale "nella mezzadria il concedente e il mezzadro, in proprio e quale capo di una famiglia colonica, si associano per la coltivazione di un podere e per l'esercizio delle attività connesse, al fine di dividerne a metà i prodotti e gli utili". Soggetti del contratto di mezzadria sono dunque il concedente e il mezzadro. Per concedente si intende colui che, in persona propria o a mezzo di un rappresentante, dà il podere a mezzadria; egli può essere tanto il proprietario, quanto l'enfiteuta, ovvero l'usufruttuario, oppure l'usuario del podere dato a mezzadria. Per mezzadro s'intende il capo della famiglia colonica, in duplice veste, cioè in proprio e quale rappresentante dei membri della famiglia. Elementi essenziali del contratto di mezzadria sono: la causa, l'elemento parziario, l'associazione delle parti per uno scopo comune, l'oggetto, il consenso, la durata, la forma. La causa del contratto di mezzadria (causa nel senso giuridico) consiste nel provvedere alla coltivazione del podere, mediante l'esercizio, in forma associativa, della impresa agraria, fra concedente e mezzadro (con famiglia colonica) con la direzione e sotto la responsabilità del concedente e con l'acquisto a metà fra le parti degli utili e dei prodotti conseguiti. L'elemento parziario non è esclusivo, ma è tipico della mezzadria, perché non può concepirsi un contratto di mezzadria senza di quello. D'altra parte esso non è sufficiente per configurare il contratto di mezzadria, giacché anche l'affitto di fondo rustico può essere convenuto mediante il pagamento di un canone consistente in prodotto calcolato in forma quotitativa (art. 1639 cod. civ.). Vi è dunque un altro elemento: esso è l'associazione del concedente col mezzadro per uno scopo comune, con rapporti reciproci e partecipazione ai rischi della gestione. Di oggetto della mezzadria si può parlare in due sensi: uno immediato, costituito dalle prestazioni fornite dai contraenti (da parte del concedente: godimento del podere, direzione dell'impresa, secondo le norme della buona tecnica agraria; metà delle scorte vive e morte; da parte del mezzadro: altra metà della scorta, fornitura delle energie di lavoro occorrente per la coltivazione del podere) e l'altro mediato, che è il podere. Questo non consiste in un qualsiasi appezzamento di terra, ma in un terreno, di estensione sufficiente ad assorbire lavoro e a fornire il mantenimento di una famiglia colonica, pronto per la coltivazione, secondo le consuetudini locali, fornito della casa colonica e dei fabbricati accessorî, e dotato delle scorte vive e morte le quali, secondo gli usi locali, saranno apportate per intero dal concedente oppure a metà fra le parti. Altro elemento essenziale del contratto è il consenso, per il quale valgono i principî generali. La durata della mezzadria può essere determinata nel contratto e può invece non esserlo; nel silenzio del contratto, la durata è di un anno agrario, salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi, e si rinnova tacitamente di anno in anno, se non è stata comunicata disdetta almeno sei mesi prima della scadenza. Quanto alla forma, fatta eccezione per i contratti di mezzadria ultranovennali, per i quali vale l'obbligo della forma scritta e della trascrizione, per gli altri contratti non è stabilito dalla legge alcun obbligo, ma in pratica il contratto è concluso per iscritto, mediante firma dei patti mezzadrili, apposti nel libretto colonico.
Fonti del contratto. - La prima è il contratto stesso; i contraenti però sono vincolati, nella formazione delle clausole che costituiscono il contenuto del contratto, a due ordini di misure: e cioè alle norme cogenti stabilite dal codice civile o da leggi speciali in tema di mezzadria, e alle disposizioni dei contratti collettivi. Solo in quanto i patti espressi del contratto non provvedano, trovano applicazione talune disposizioni del codice civile (norme dispositive), gli usi locali e infine altre regole stabilite dal codice civile (norme suppletive), la cui efficacia è subordinata alla mancanza, sul punto controverso, di usi locali. Le norme legislative cogenti in tema di mezzadria, quelle cioè che il legislatore ha imposto con carattere obbligatorio alle parti, riguardano: la disdetta (art. 2144); la direzione attribuita al concedente (art. 2145 capov.); i miglioramenti (art. 2152); le anticipazioni di carattere alimentare (art. 2154); il libretto colonico (articoli 2161, 2162). Il secondo vincolo alla libertà contrattuale è costituito dai contratti collettivi e dalla Carta della mezzadria (Gazzetta Ufficiale, 6 dicembre 1933, n. 282), che la giurisprudenza riconosce ancora in vigore. Per quanto riguarda le norme di legge non cogenti, alcune di esse prevalgono sugli usi locali, mentre altre trovano applicazione soltanto in mancanza di usi (queste ultime sono quelle contenute negli articoli 2146, 2147, 2151, 2152, 2153, 2155, 2163 cod. civ.).
Contenuto. - Riguarda gli obblighi del concedente e quelli del mezzadro. I primi sono: 1) mettere e mantenere il mezzadro nella condizione di adempiere gli obblighi che il contratto pone a suo carico, soprattutto il principale, cioè la coltivazione del podere; 2) dividere col mezzadro i frutti del podere, sopportare le spese di gestione che gli spettano e partecipare, in unione col mezzadro, ai rischi della impresa; 3) dare personalmente, o per mezzo di persona capace, l'opera di direzione della impresa. I secondi sono: 1) coltivare e custodire il podere: 2) partecipare alle spese e al capitale dell'azienda mezzadrile.
Garanzia. - Occorre a questo proposito rilevare che i crediti dipendenti dal contratto, in favore tanto del concedente quanto del mezzadro, sono assistiti da privilegio mobiliare speciale, sulla parte rispettiva dei frutti e sulle cose che servono a coltivare o a fornire il fondo concesso a mezzadria (art. 2765 cod. civ.).
Libretto colonico. - Serve all'accertamento delle reciproche posizioni di debito e di credito dei contraenti. Esso deve essere istituito dal concedente e deve essere tenuto in due esemplari, perfettamente corrispondenti nelle registrazioni: uno per il concedente e l'altro per il mezzadro. Spetta al concedente la funzione di eseguire le relative annotazioni (articoli 2161-2182 cod. civ.).
Termine del contratto. - Il contratto cessa per le seguenti cause: 1) la disdetta entro il tempo fissato dalla consuetudine; 2) la sopravvenienza di fatti che non consentano la prosecuzione del rapporto; 3) la morte del capo della famiglia colonica, salvo che fra gli eredi vi sia persona idonea a sostituirla e che i componenti della famiglia colonica si accordino nel designarla; 4) la sopravvenuta perdita del godimento del podere; 5) il recesso del mezzadro per mutamento della persona del concedente, in seguito a trasferimento del diritto al godimento del podere.
Vertenza della mezzadria. - È sorta nel 1945 ed è tuttora in corso: si tratta di richieste avanzate dalle organizzazioni dei mezzadri e tendenti, in un primo momento, ad ottenere per i mezzadri e a carico dei concedenti degli spostamenti nelle quote di ripartizione dei prodotti, a titolo di compenso per i danni subìti a causa della guerra e per i maggiori oneri di disagiata lavorazione sopportati pure a causa della guerra; e tendenti poi, in successivi momenti, a rivendicare, in sede di trattative per la formazione di un nuovo patto nazionale collettivo di mezzadria mutamenti sostanziali a tutta la disciplina del rapporto. Le relative questioni possono così raggrupparsi: 1) giudizio (impropriamente detto lodo) De Gasperi; 2) tregua mezzadrile 1947; 3) trattative per la formazione del nuovo patto nazionale collettivo di mezzadria.
Giudizio De Gasperi. - In data 3 marzo 1946 la Confederazione generale italiana del lavoro aveva invitato l'on. De Gasperi a interporsi, come arbitro, nella vertenza mezzadrile che da lungo tempo agitava gli agricoltori, soprattutto nella Toscana e in alcune provincie dell'Umbria e dell'Emilia; a tale invito si era associata la Confederazione dei coltivatori diretti, non però quella degli agricoltori; quindi l'on. De Gasperi, invece di emettere una decisione arbitrale, per la quale, del resto, non era stato espressamente investito dalle parti, aveva pronunciato un giudizio nella speranza che esso potesse operare come strumento di pacificazione fra le parti. Le risoluzioni principali del giudizio sono le seguenti: a) fermi restando l'attuale contratto di mezzadria e la ripartizione dei prodotti al 50 per cento, i concedenti erogheranno ai mezzadri, a titolo di compenso per i danni di guerra e per disagiata produzione per causa diretta e indiretta della guerra, una somma pari al 24 per cento del prodotto lordo di parte padronale di un anno agrario; b) allo scopo di ripristinare nell'azienda le migliori condizioni di produttività, il ricavato del 10 per cento del prodotto di parte padronale nell'anno agrario 1946, al prezzo rispettivamente di commercio libero o di ammasso, verrà accantonato dall'amministrazione allo scopo di eseguire lavori di ricostruzione o di miglioria; c) il bestiame razziato o comunque perduto a causa della guerra sarà considerato venduto al prezzo dell'epoca in cui si è verificata la razzia e la perdita, e sarà accreditato al colono per la sua parte; d) le eventuali modificazioni ai patti di mezzadria dovranno essere liberamente concordate fra le parti, iniziandosi le relative trattative il 14 ottobre 1946. Il giudizio De Gasperi fu reso applicabile con decr. legisl. luog. 27 maggio 1947, n. 495; col quale decreto fu istituita presso il tribunale di ogni capoluogo di provincia una commissione arbitrale con l'incarico di provvedere, in relazione alle condizioni degli anni agrarî 1944-45 e 1945-46, alla modificazione del patto colonico provinciale, applicando le disposizioni del giudizio De Gasperi, con salvezza degli accordi provinciali e di zona e di quelli individuali liberamente stipulati in qualsiasi tempo fra le parti interessate.
Tregua mezzadrile. - Le trattative previste dal giudizio De Gasperi, debitamente iniziate all'epoca stabilita (1° ottobre 1946), non portarono a intese sulle modificazioni da apportare ai patti collettivi di mezzadria. Fu così che, per iniziativa del ministro per l'Agricoltura, si addivenne, in data 24 giugno 1947, fra l'organizzazione degli agricoltori, quella dei coltivatori diretti e quella dei lavoratori della terra a un accordo, del tutto provvisorio, che fu denominato accordo per la tregua mezzadrile. In tale accordo si premetteva: a) che la stagione avanzata, assorbendo ogni attività a causa della imminenza dei raccolti, consigliava di rinviare un'esauriente discussione del nuovo patto di mezzadria a un ulteriore periodo, con l'impegno di concluderlo entro il 31 maggio 1948; b) che le disposizioni dell'accordo provvisorio di tregua non potevano costituire precedente per la stipulazione dei patti futuri. Si stabiliva quindi che a titolo di traduzione anticipata di quei miglioramenti economici che avrebbero potuto derivare da una ponderata revisione dei patti: a) al colono si assegnava una quota del 3% della produzione lorda vendibile del podere da prelevarsi sulla parte padronale; b) che il ricavato del 4%, della produzione lorda vendibile del podere, da prelevarsi sulla parte padronale, doveva essere impiegato per opere di miglioria dell'azienda; c) che l'accordo rappresentava una tregua mezzadrile valevole per l'annata in corso.
Trattative per la formazione del nuovo patto nazionale collettivo di mezzadria. - I punti sui quali si sono svolte le trattative, riprese all'epoca fissata nell'accordo di tregua, sono i seguenti:1) la definizione del rapporto; 2) la durata; 3) la disdetta; 4) la direzione dell'azienda; 5) il conferimento dei capitali; 6) la quota di riparto dei prodotti. Circa il punto primo l'accordo era raggiunto nel senso di accogliere la stessa definizione data dal codice civile nell'art. 2141 segg. Circa il secondo punto l'accordo si otteneva sulla formula che il contratto di mezzadria è a tempo indeterminato con facoltà di disdetta annua, da darsi almeno sei mesi prima della scadenza. Circa il terzo punto nessun accordo definitivo si poteva raggiungere, perché i rappresentanti degli agricoltori sostenevano che, essendo la mezzadria con contratto a struttura associativa e quindi basato sulla reciproca fiducia, deve essere nella piena libertà di ciascuna parte di porvi fine con la semplice osservanza del termine di disdetta, ma senza obbligo di indicare e di dimostrare la giusta ragione della estinzione del rapporto. Circa il quarto punto non si raggiungeva alcun accordo, perché i rappresentanti degli agricoltori sostenevano che la direzione non può essere che unica e deve spettare al concedente, secondo la formula adottata dal cod. civ., salvo l'impegno del concedente di consultarsi preliminarmente col mezzadro prima di prendere una qualsiasi determinazione inerente la gestione del podere; i rappresentanti dei mezzadri sostenevano invece che la direzione debba essere attribuita unitamente al concedente e al mezzadro. Circa il quinto punto, in linea di massima, si conveniva di mantenere la formula del cod. civ., nel senso che le scorte vive siano conferite dal concedente e dal colono ovvero dal solo concedente, secondo i sistemi in uso nelle singole zone: motivi di contrasto su questo punto si determinavano però allorquando i rappresentanti dei mezzadri richiedevano che fosse riconosciuto, per i mezzadri che avessero operato il conferimento, il diritto di asportare, al termine del contratto, la metà del bestiame, in natura, oggetto del conferimento medesimo; mentre i rappresentanti degli agricoltori si opponevano, per ragioni tecniche ed economiche. Circa il sesto punto l'accordo non si raggiungeva, perché i rappresentanti degli agricoltori sostenevano che la divisione del prodotto a metà è elemento essenziale della mezzadria.
Nuovo disegno di legge sulla mezzadria e gli altri contratti agrari. - È attualmente (febbraio 1949) in esame innanzi alla commissione per l'agricoltura della Camera dei deputati un disegno di legge (n. 175) avente per oggetto: "Disposizioni sui contratti agrarî di mezzadria, affitto, colonia parziaria e compartecipazione".
Bibl.: G. Bolla, Mezzadria, in Dizionario pratico di diritto privato, s. v.; G. Carrara, Il contratto di mezzadria, Urbino 1936; id., I contratti agrari, Torino 1946; E. Rossi, Mezzadria, in Nuovo digesto italiano; M. Bandini, La quota di conguaglio nel sistema della mezzadria, Bologna 1947; id., Ricerche sulla distribuzione del reddito nella mezzadria, Roma 1947; La mezzadria, Relazione presentata al ministro per l'Agricoltura dalla commissione ministeriale per lo studio dei contratti agrarî, Roma 1947.