MEZZADRIA (XXIII, p. 147; App. II, 11, p. 306)
A parziale modifica della disciplina della m. contenuta nel codice civile sono intervenute le norme dell'Accordo per la tregua mezzadrile e delle leggi di proroga dei contratti agrarî.
L'art. 4 della legge 4 agosto 1948, n. 1094, ha attribuito valore di legge all'Accordo per la tregua mezzadrile, stipulato il 24 giugno 1947 tra le organizzazioni dei concedenti e dei mezzadri, prorogato di anno in anno in virtù delle leggi di proroga dei contratti agrarî ed applicabile soltanto al contratto di mezzadria classica di cui agli artt. 2141 sgg. cod. civ. Per tale accordo al mezzadro è assegnata, ferma la divisione del prodotto al 50%, una quota del 3% della produzione lorda vendibile del podere, da prelevarsi sulla parte padronale, mentre il ricavato del 4% della produzione lorda vendibile, da prelevarsi sempre sulla parte padronale, deve essere impiegato per opere di miglioria nell'azienda. Per facilitare il calcolo del 3% e del 4%, all'accordo è annesso un regolamento per la sua applicazione. Per tutta la durata dell'accordo, le prestazioni di lavoro gratuite dovute dal mezzadro a titolo di obbligo personale, non aventi attinenza con la normale coltivazione del fondo, le regalie ed i compensi dovuti per gli animali di bassa corte, ovini e suini allevati, secondo la consuetudine locale, per il fabbisogno della famiglia, sono sospesi (art. 5 della legge n. 1094 del 1948). La decisione delle controversie relative all'applicazione dell'accordo è devoluta a una Sezione specializzata per le proroghe presso il Tribunale (art. 7 della legge n. 1094 del 1948 e art. 1 della legge n. 392 del 1950).
Per la legge 11 luglio 1952, n. 765, e la legge 28 marzo 1957, n. 244, i contratti verbali o scritti di mezzadria, stipulati con coltivatori manuali, sono prorogati fino al termine dell'annata agraria in corso al momento dell'entrata in vigore di una nuova legge di riforma dei contratti agrarî.
Il concedente può opporsi alla proroga: 1) se il mezzadro siasi reso colpevole di grave inadempimento contrattuale particolarmente in relazione agli obblighi inerenti alla normale e razionale coltivazione del fondo e alla fedeltà nell'esecuzione del contratto (art. 4, d. l. l. 5 aprile 1945, n. 157); 2) se il concedente, che sia o sia stato coltivatore diretto, dichiari di voler coltivare direttamente il fondo e la capacità lavorativa della sua famiglia sia all'uopo proporzionata, oppure se il concedente dichiari di voler far coltivare direttamente il fondo da un figlio, che sia o sia stato coltivatore diretto, e la cui famiglia abbia capacità lavorativa all'uopo proporzionata (art.1, lett. a, d. l. c. p. s. 1° aprile 1947, n. 273); 3) se il concedente voglia compiere nel fondo radicali ed immediate trasformazioni agrarie, la cui esecuzione sia incompatibile con la continuazione del contratto e il cui piano sia già stato dichiarato attuabile e utile ai fini della produzione agraria dall'Ispettorato compartimentale dell'agricoltura (art. 1, lett. b, d. l. c. p. s. 1° aprile 1947, n. 273); 4) quando la capacità lavorativa della famiglia mezzadrile risulti gravemente sperequata in meno rispetto alle esigenze di coltivazione del fondo e il concedente abbia dato o dia tempestivamente disdetta nel corso dell'anno agrario (art. 2, legge 4 agosto 1948, n. 1094); 5) se il mezzadro si trova nel godimento, quale proprietario, enfiteuta o usufruttuario, di altro fondo sufficiente ad assorbire la capacità lavorativa della propria famiglia (art. 1, co. 2°, legge 11 luglio 1952, n. 765). Tuttavia, nel caso di cui al n. 4, l'insufficiente capacità lavorativa non è di ostacolo alla proroga se il mezzadro s'impegna ad integrare stabilmente la constatata sperequazione, entro trenta giorni dalla data del provvedimento del giudice che ammette l'integrazione. Inoltre, perché il concedente possa opporsi alla proroga in base al motivo di cui al n. 2, occorre che il fondo richiesto non sia stato acquistato per atto tra vivi dopo il 31 dicembre 1950, salvo il caso in cui la famiglia dell'opponente non abbia alcun altro fondo in conduzione od abbia altri fondi che non assorbono la capacità lavorativa familiare (art.1, co. 3°, legge 11 luglio 1952, n. 765). Infine, qualora il concedente ottenga la disponibilità del fondo per coltivarlo direttamente o farlo coltivare da un figlio, ovvero per compiervi radicali ed immediate trasformazioni agrarie, e non adempia agli obblighi assunti, è tenuto alla restituzione del fondo, oltre che al risarcimento dei danni verso il mezzadro (art. 4, d. l. c. p. s. 1° aprile 1947, n. 273).
L'avente diritto alla proroga può rinunciarvi, ma la rinuncia deve, a pena di nullità, risultare da atto scritto o da dichiarazione resa dinanzi all'autorità giudiziaria. Le rinuncie sono efficaci solo se risultano da documenti di data certa successiva all'entrata in vigore delle leggi di proroga o da accordi stipulati con l'assistenza delle rispettive associazioni sindacali.
La decisione di tutte le controversie relative alla proroga spetta, in primo grado, alle apposite sezioni specializzate dei Tribunali e, in grado di appello, alle Sezioni specializzate presso le Corti d'Appello.
Bibl.: M. Bandinelli, Mezzadria toscana, Firenze 1951; E. Betti, Lezioni di diritto civile sui contratti agrarî, Milano 1957, p. 31 ss., 67 ss.; G. Carrara, I contratti agrarî, 4ª ed., Torino 1959, p. 573 ss.