MICELLE E MICROEMULSIONI
Le micelle sono aggregati che si formano in soluzione acquosa per associazione spontanea di particolari molecole, dette anfifiliche, che sono costituite dall'unione di un gruppo idrofobico con un gruppo idrofilico. Il primo, detto ''coda della molecola'', è costituito tipicamente da una catena lineare di tipo idrocarburico; il secondo, detto ''testa della molecola'', è un gruppo polare o ionico. La struttura di alcune tipiche molecole anfifiliche è presentata nella tab. 1. Nell'aggregato le molecole si dispongono in modo da minimizzare la superficie di contatto tra le catene idrofobiche e l'acqua. Infatti nella micella le molecole anfifiliche si organizzano secondo una struttura radiale con le catene idrofobiche all'interno e i gruppi idrofilici all'esterno in contatto con il solvente (fig. 1). I composti anfifilici sono detti anche tensioattivi.
Se aggiungiamo alla miscela acqua-anfifile un terzo componente che sia insolubile in acqua (un olio), si può ottenere, sotto opportune condizioni, una fase stabile, isotropa, di bassa viscosità e trasparente che contenga grandi quantità sia di acqua sia di olio (per es., 46% acqua, 46% olio, 8% anfifile). Tale fase viene chiamata microemulsione. È quindi possibile, con l'aggiunta di piccole quantità di molecole anfifiliche, formare miscele di composti fra loro incompatibili. La ricerca sulle microemulsioni ha avuto recentemente grande sviluppo per le sue potenziali applicazioni nell'estrazione di petrolio dai pozzi.
I primi studi sistematici delle proprietà di soluzioni acquose di tensioattivi furono compiuti da Hartley negli anni Trenta. Il termine ''micella'', che è stato talvolta usato per indicare vari tipi di aggregati o microparticelle, nella letteratura più recente è stato però ristretto alla definizione data all'inizio di questa voce. Il termine ''microemulsione'' è stato introdotto da Schulman nel 1943. La scelta di questo termine ha una semplice spiegazione: se la miscela contiene più acqua che olio, si formerà una dispersione di goccioline di olio che vengono mantenute stabilmente in sospensione acquosa da un rivestimento di molecole anfifiliche (fig. 2); mentre il prefisso micro è utilizzato perché le goccioline sono estremamente piccole (tipicamente hanno un diametro di 10 nm). Naturalmente, se la miscela contiene più olio che acqua si formerà una struttura simile, ma con ruoli invertiti: avremo goccioline d'acqua disperse in olio, e le molecole di tensioattivo sulla superficie delle goccioline avranno la testa idrofilica verso l'interno e la coda idrofobica a contatto con l'olio. Come discuteremo in seguito, le microemulsioni possono presentare anche strutture diverse da quella a goccioline.
Micelle. − Se tentiamo di mescolare un idrocarburo (olio) con l'acqua, notiamo che i due liquidi tendono immediatamente a separarsi. In generale vengono dette idrofobiche tutte le sostanze che non possono venire sciolte in acqua. Una molecola di tensioattivo viene costruita legando a una molecola d'idrocarburo un gruppo idrofilico (cioè un gruppo che può essere sciolto in acqua, quale, per es., un sale). Un tipico tensioattivo è il solfato dodecilico di sodio, formato dal legame di una molecola di dodecano con il solfato di sodio (v. tab.).
Se poniamo molecole anfifiliche in un recipiente contenente acqua, esse cercheranno una posizione nella quale la testa idrofilica può bagnarsi senza esporre la coda idrofobica al contatto con l'acqua. Esse quindi migreranno alla superficie esponendo la parte idrofobica all'aria. Sulla superficie si forma quindi un monostrato di molecole che ha l'effetto di variare notevolmente la tensione superficiale della soluzione. Per questo motivo le molecole anfifiliche sono anche chiamate tensioattivi. Nel caso del solfato dodecilico di sodio, basta aggiungerne all'acqua due parti per mille per portare la tensione superficiale aria-acqua da 70 a 30 dine/cm. Va notato che ridurre la tensione superficiale vuol dire aumentare la bagnabilità di oggetti idrorepellenti. La proprietà più interessante delle molecole anfifiliche è però la capacità di autoorganizzarsi nella soluzione acquosa, formando strutture aventi le parti idrofobiche all'interno e le parti idrofiliche sulla superficie esposta all'acqua. In realtà la formazione di aggregati avviene solo se la concentrazione di tensioattivo è al di sopra di un valore critico, detto ''concentrazione critica micellare''. Per catene idrofobiche lineari di tipo dodecilico tale concentrazione critica è dell'ordine di una parte su diecimila. L'aggregato più semplice è una micella di forma globulare, formata da 50÷100 molecole (fig. 1), e avente un raggio all'incirca uguale alla lunghezza della singola molecola (tipicamente tra 2 e 3 nm). La forma degli aggregati è condizionata da vincoli geometrici: le teste idrofiliche devono essere tutte sulla superficie, e le code idrofobiche devono riempire lo spazio interno senza lasciare zone vuote. Questo significa che la crescita della micella può avvenire in una dimensione (strutture cilindriche) o in due dimensioni (struttura a disco, e quindi a doppio strato o membrana, come mostrato nella fig. 1).
I processi di aggregazione di molecole anfifiliche hanno un'enorme importanza biologica: le membrane cellulari sono costituite da un doppio strato di anfifili biologici, i fosfolipidi, che presentano una doppia catena idrofobica (tab. 1). Un esempio elementare di membrana che si richiude su se stessa formando una sacca sferica è mostrato nella fig. 1. Tale struttura è chiamata vescicola o liposoma. Una membrana cellulare reale ha una struttura più complessa perché presenta inglobati nel doppio strato diversi altri componenti, quali colesterolo e proteine (v. membrana, in questa Appendice).
Le caratteristiche delle soluzioni di tensioattivi sono dipendenti dalla concentrazione di tensioattivo e dalla temperatura della soluzione.
Un tipico diagramma di fase è mostrato in fig. 3. La regione i corrisponde a una soluzione di molecole di tensioattivo disperse individualmente. In questa regione la concentrazione è troppo bassa per permettere la formazione di aggregati. La regione ii è la regione micellare. Le micelle sono in equilibrio dinamico con una concentrazione di momenti liberi che è pari alla concentrazione critica per la formazione di micelle. Si noti che la forma e dimensione delle micelle può cambiare muovendosi entro questa regione. Tipicamente, aumentando la concentrazione sarà più probabile la formazione di micelle cilindriche. Se, partendo dalla regione ii, si abbassa la temperatura, quando si raggiunge il confine tra la regione ii e la regione iii il tensioattivo precipita dalla soluzione formando cristalli idratati e lasciando in soluzione solo l'equivalente della concentrazione critica micellare. La temperatura di precipitazione si chiama ''temperatura di Krafft'' (Tk). Nel caso dei tensioattivi ionici, il valore di Tk cresce considerevolmente quando la soluzione contiene sali disciolti. La conoscenza del valore di Tk è molto importante per le applicazioni, poiché occorre, ovviamente, che la temperatura di utilizzo sia maggiore di Tk per evitare che il tensioattivo precipiti dalla soluzione.
Nella regione iv la soluzione micellare si separa in due soluzioni micellari coesistenti aventi concentrazione determinata dalla linea di separazione tra le regioni ii e iv. Nella regione v il sistema si trova in una fase liquido-cristallina che consiste di micelle cilindriche disposte parallelamente secondo un reticolo esagonale, con l'acqua localizzata sulle superfici e nelle intercapedini (fig. 4). Tale fase si chiama liquido-cristallina perché ha proprietà intermedie tra quelle di un solido e di un liquido (v. cristalli liquidi, in questa Appendice). I cristalli liquidi prodotti da soluzioni di tensioattivi sono detti cristalli liquidi liotropici. La differenza basilare tra i cristalli liquidi liotropici e quelli usuali (detti termotropici) è che nei secondi l'elemento base è costituito da lunghe molecole, mentre nei primi si parte da piccole molecole in soluzione che formano aggregati che si comportano come lunghe molecole. Oltre che esagonale, i cristalli liquidi liotropici possono presentare struttura lamellare (una sequenza parallela di doppi strati, v. fig. 4) o altre strutture più complesse.
I tensioattivi si possono dividere in due categorie: i tensioattivi ionici, le cui molecole si ionizzano in acqua (per es., il solfato dodecilico di sodio libera lo ione positivo sodio in soluzione acquosa e rimane quindi carico negativamente), e quelli nonionici, che rimangono elettricamente neutri. Le proprietà dei primi possono essere influenzate notevolmente dall'aggiunta di sale alla soluzione, mentre i secondi sono normalmente più sensibili alle variazioni di temperatura.
Microemulsioni. - Si chiama emulsione una dispersione di goccioline liquide (per es. di olio) in un altro liquido (per es. acqua). L'emulsione viene preparata agitando violentemente la miscela dei due liquidi, ma il sistema non è in uno stato stabile: quando cessa l'agitazione (cioè cessa l'apporto di energia dall'esterno), i due componenti tendono nuovamente a separarsi. Si può rendere molto lento il processo di fusione delle goccioline con l'aggiunta di opportuni additivi, ma non si può evitare che il sistema alla fine si separi. In una tipica emulsione metastabile (cioè a separazione molto lenta) la dimensione delle goccioline è dell'ordine di 1 μm. Al contrario, una microemulsione è una soluzione stabile che può quindi esistere per un tempo indefinito senza che i componenti si separino.
Una microemulsione che contenga poco olio ha una struttura a goccioline di olio che rimangono stabilmente in soluzione acquosa perché sono circondate da uno strato di anfifile (fig. 2). Analogamente una microemulsione che contenga poca acqua avrà una struttura a goccioline di acqua rivestite di anfifile e disperse in una fase continua di olio. Il diametro delle goccioline è fra i 5 e i 20 nm: questo spiega perché la microemulsione è trasparente (le particelle diffondono poco la luce visibile perché hanno dimensioni piccole rispetto alla lunghezza d'onda). Più complicata è la situazione quando acqua e olio sono in quantità paragonabili: si può formare una struttura bicontinua in cui acqua e olio sono separati da uno strato di anfifile.
In fig. 5 sono presentati due possibili esempi di struttura. Il caso A è simile alla struttura di una spugna, il caso B presenta una divisione dello spazio in due sottovolumi identici entrambi connessi (nel senso che ci si può spostare indefinitamente all'interno di una fase senza attraversare mai lo strato di tensioattivo). Naturalmente, nella situazione reale l'interfaccia presenterà una struttura più irregolare di quella mostrata in figura, trattandosi di un sistema fluido che presenta ampie fluttuazioni sia nel tempo che nello spazio.
Il quesito fondamentale è il seguente: assegnati i due componenti base, acqua e idrocarburo, quale tensioattivo devo aggiungere per formare la microemulsione? La microemulsione infatti non si forma se gli ingredienti sono scelti a caso. La risposta è che occorre scegliere un tensioattivo che renda molto piccola la tensione della superficie di contatto acqua-olio. Il motivo è molto semplice: se la fase dispersa è suddivisa molto finemente, la superficie di separazione diventa molto estesa. È possibile avere una fase stabile con tanta superficie interna solo se costa poco, in termini energetici, creare tale superficie.
In molti casi, specie quando il tensioattivo è ionico, si è rivelato più facile preparare la microemulsione aumentando il numero dei componenti: oltre al tensioattivo, si aggiunge anche un co-tensioattivo (un alcool, quale il butanolo o il pentanolo) e talvolta anche un sale. Occorre inoltre tener presente che, oltre che dal tipo di componenti, la formazione della microemulsione dipende anche dalle percentuali relative dei componenti. Se, per es., la miscela contiene troppa acqua rispetto alla composizione ottimale, ci sarà un processo di separazione in due fasi liquide, una contenente l'acqua in eccesso e l'altra la microemulsione vera e propria. Analogamente, se la miscela contiene troppo olio, ci sarà una separazione dell'olio in eccesso. Se la miscela contiene una quantità insufficiente di tensioattivo, può avvenire una separazione in tre fasi che si presentano, dall'alto verso il basso del recipiente, nel seguente ordine: olio, microemulsione e acqua.
Applicazioni. - Dal punto di vista applicativo la proprietà più importante delle strutture micellari è la loro capacità di solubilizzare all'interno del nocciolo idrofobico sostanze che sarebbero altrimenti insolubili nell'acqua. Questa proprietà è utilizzata nella produzione di detergenti (il sapone forma micelle che solubilizzano i grassi), nella fabbricazione di polimeri in soluzione acquosa (per es., i nuovi polimeri fluorurati), nelle preparazioni farmaceutiche e cosmetiche, e nel nostro organismo (i sali biliari sono anfifili naturali che solubilizzano il colesterolo nelle loro micelle). Ricordiamo anche che molecole anfifiliche di origine sintetica, costruite con una struttura simile a quella dei fosfolipidi, sono utilizzate per realizzare membrane artificiali.
Per quanto riguarda le microemulsioni, ricordiamo, oltre a prodotti detergenti e cosmetici, i lubrificanti per motori e le vernici. Un campo in grande sviluppo è quello dell'uso delle microemulsioni nella preparazione di microparticelle (catalizzatori, pigmenti, granuli di polimero) attraverso reazioni chimiche che avvengono direttamente nella microemulsione. Il vantaggio è quello di aumentare la velocità di reazione, e di controllare in modo molto più soddisfacente la dimensione delle microparticelle.
Un'applicazione ancora alla fase di studio è quella legata alla preparazione di sangue artificiale: si tratta di preparare una miscela liquida che sia in grado di trasportare ossigeno e anidride carbonica in modo simile a quello del sangue. A tale scopo si potrebbe utilizzare una microemulsione con idrocarburo e tensioattivo entrambi fluorurati.
Bibl.: Physics of amphiphiles. Micelles, vesicles and microemulsions, a cura di V. Degiorgio e M. Corti, Amsterdam 1985.