Caine, Michael
Nome d'arte di Maurice Joseph Micklewhite, attore inglese, nato a Londra il 14 marzo 1933. Interprete tra i più rappresentativi del cinema inglese, spesso scelto anche da quello statunitense, ha arricchito i suoi personaggi con una ironia disincantata (che appare quasi un elemento di derivazione della 'commedia sofisticata'), ma anche con scatti di rabbia, mostrando una notevole mobilità sul set, appresa e perfezionata nel corso della sua iniziale carriera teatrale. Ha vinto due Oscar come miglior attore non protagonista, nel 1987 per Hannah and her sisters (1986; Hannah e le sue sorelle) di Woody Allen e nel 2000 per The cider house rules (1999; Le regole della casa del sidro) di Lasse Hällstrom.
Nato in una famiglia di umili condizioni, C. abbandonò gli studi a sedici anni e, prima di poter intraprendere la carriera artistica, dovette cimentarsi nei mestieri più modesti. Dopo aver combattuto nella guerra di Corea, divenne attore teatrale recitando in piccoli ruoli in alcune compagnie di provincia e per il Workshop Theater di Stratford. Dalla metà degli anni Cinquanta lavorò anche per la televisione. Nello stesso periodo, ricoprì una piccola parte nel film A hill in Korea (1956; I fucilieri dei mari della Cina) di Julian Amyes, seguito da tutta una serie di ruoli marginali in cui spesso non venne neppure accreditato. Si fece notare dalla critica in Zulu (1964) di Cy Endfield, ma raggiunse la notorietà con il personaggio del miope agente segreto Harry Palmer in The ipcress file (1965; Ipcress) di Sidney J. Furie. Con Palmer C. costruì una sorta di opposto del famoso James Bond, interpretato dal suo amico Sean Connery: meno appariscente, più solitario e dimesso, ma di raffinata riflessione. L'attore interpretò questo stesso personaggio anche nei due successivi sequels, Funeral in Berlin (1966; Funerale a Berlino) di Guy Hamilton e Billion dollar brain (1967; Il cervello da un miliardo di dollari) di Ken Russell. Nel frattempo aveva ottenuto la prima nomination all'Oscar per la parte dello scanzonato playboy di Alfie (1966) di Lewis Gilbert e aveva confermato le sue qualità di attore brillante in Gambit (1966; Gambit ‒ Grande furto al Semiramis) di Ronald Neame e nell'episodio Sete di Sette volte donna, noto anche come Woman times seven (1967) di Vittorio De Sica. A partire da Hurry Sundown (1967; E venne la notte) di Otto Preminger, nei panni di un cinico latifondista, la maschera di C. mutò sensibilmente. L'attore basò i suoi ruoli drammatici su un eroismo dal volto umano, come nel caso del personaggio di Too late the hero (1970; Non è più tempo d'eroi) di Robert Aldrich, oppure li arricchì di un temperamento gelido e al contempo violento come per il killer di Get Carter (1971; Carter) di Mike Hodges. Dopo un ritorno alla commedia con Zee & Co. (1972; X, Y & Zi) di Brian G. Hutton, dimostrò estrema bravura confrontandosi con Laurence Olivier in Sleuth (1972; Gli insospettabili) di Joseph L. Mankiewicz, autentico esempio di 'cinema di attori' in cui si misurano due diverse scuole di recitazione. Negli anni Settanta mostrò di sapersi adattare con esemplare professionalità ai diversi generi cinematografici come nel thriller The black windmill (1974; Il caso Drabble) di Don Siegel, nel film d'avventura The man who would be king (1975; L'uomo che volle farsi re) di John Huston, insieme a Sean Connery, nel kolossal bellico A bridge too far (1977; Quell'ultimo ponte), di Richard Attenborough, nella commedia California suite (1978) di Herbert Ross e nel catastrofico The swarm (1978) di Irwin Allen. Il ruolo più interessante e di rilievo di questo periodo fu però quello di uno scrittore affermato in The romantic Englishwoman (1975; Una romantica donna inglese) di Joseph Losey, dove manifestò pienamente i segni distintivi del suo metodo di recitazione nella combinazione tra eleganza esteriore e ambiguità. All'inizio degli anni Ottanta ha interpretato l'assassino di Dressed to kill (1980; Vestito per uccidere), film diretto da Brian De Palma. Dopo Victory (1981; Fuga per la vittoria) di Huston, ha confermato la sua multiforme capacità interpretativa impersonando un disegnatore di fumetti che ha perso la mano in un incidente stradale in The hand (1981; La mano) di Oliver Stone, un commediografo in Deathtrap (1982; Trappola mortale) di Sidney Lumet, il console di The honorary consul (1983; Il console onorario) di John Mackenzie, dal romanzo di G. Greene, un professore alcolizzato che dà lezioni di letteratura a una parrucchiera londinese in Educating Rita (1983; Rita) di Lewis Gilbert. Blame it on Rio (1984; Quel giorno a Rio) di Stanley Donen ha segnato il ritorno di C. ai congeniali toni della commedia brillante. E nel 1986 con Hannah and her sisters l'attore inglese si è trovato perfettamente integrato nel corale ritratto newyorkese tipico dell'opera di Allen. Nel periodo successivo, C. è entrato in una fase 'ripetitiva' della sua carriera, affrontando ruoli collaudati: personaggi dalla leggerezza ironica in Dirty rotten scoundrels (1988; Due figli di…) di Frank Oz, e in Without a clue (1988; Senza indizio) di Thom Eberhardt, o variazioni dell'Harry Palmer di Ipcress in The fourth protocol (1987; Quarto protocollo) di Mackenzie.Nel corso degli anni Novanta si è soprattutto messo in mostra in ruoli secondari, nei quali è però sempre riuscito a imporre il suo stile: l'anziano scassinatore di Blood and wine (1996) di Bob Rafelson, il medico abortista di The cider house rules, il sadico direttore del manicomio in Quills (2000; Quills ‒ La penna dello scandalo) di Philip Kaufman e il criminale di Get Carter (2000; La vendetta di Carter) di Stephen Kay, remake del film del 1971 che lo vide protagonista.
E. Andrews, The films of Michael Caine, London 1977; P. Judge, Michael Caine, New York 1985; E. Gallagher, Candidly Caine, London 1990.