Mann, Michael
Regista e produttore statunitense, nato a Chicago il 5 febbraio 1943. Autore dotato di una cifra stilistica fortemente connotata, ha ideato, assieme ad Anthony Yerkovich, Miami vice (1984), serie televisiva di grande successo, di cui è stato anche produttore esecutivo. Già in questo telefilm sono presenti alcuni elementi che avrebbero caratterizzato il cinema di M.: la progressione incalzante del ritmo, l'uso persistente della colonna sonora, la qualità delle immagini, che sembra rifarsi alla forma patinata dei primi videoclip musicali. Al tempo stesso i suoi film aspirano alla spettacolarità e alla grandiosità di quelli di Michael Cimino, sia per l'ampiezza narrativa sia per la propensione a rendere illimitati gli spazi (in M. spesso rappresentati dalle metropoli). I suoi protagonisti sono eroi malinconici, violenti e romantici, quasi un incrocio tra quelli di Jean-Pierre Melville e quelli di Robert Aldrich, e il loro destino è di fronteggiarsi in uno scontro finale. Le atmosfere notturne e decadenti, frequentemente supportate dall'illuminazione iperrealista di Dante Spinotti, con cui ha collaborato da Manhunter (1986; Manhunter ‒ Frammenti di un omicidio) a Insider (1999; Insider ‒ Dietro la verità), per il quale ha avuto una nomination all'Oscar, e l'utilizzo del ralenti, sono i segni più riconoscibili di un cinema che aggiorna, ribaltandola continuamente, la struttura del noir e del western.
Dopo aver studiato all'Università del Winsconsin, verso la metà degli anni Sessanta si trasferì a Londra dove si diplomò alla London Film School. Dalle riprese delle rivolte degli studenti, girate nel 1968 a Parigi, ricavò Insurrection. Tornato negli Stati Uniti, diresse i suoi primi cortometraggi, Janpuri (1971) e 17 days down the line (1972). Negli anni Settanta fu sceneggiatore di alcuni telefilm di successo, come Police story (1973; Sulle strade della California) e Starsky & Hutch, e diresse l'episodio pilota di Vega$ (1978). Esordì quindi nel lungometraggio con il carcerario The Jericho mile (1979; Jericho mile), film inizialmente destinato alla rete televisiva ABC e poi distribuito nelle sale, ma è nel successivo Thief (1981; Strade violente) che appaiono delineati gli elementi costitutivi del suo cinema: il ritratto urbanistico di Chicago, che diventa spazio di ambientazione di un noir crepuscolare, la frammentazione del flusso temporale, la figura del protagonista (Frank, un ladro professionista), sospeso tra utopia sentimentale e violenza brutale. Diresse poi The keep (1983; La fortezza), da un romanzo di F.P. Wilson, forse l'opera più anomala della sua filmografia, dominata da un'atmosfera a metà tra la fantascienza e l'horror, e l'anno seguente creò una delle serie televisive più popolari, Miami vice (andata in onda per cinque stagioni, per un totale di 114 episodi), incentrata sui due poliziotti Crockett e Tubbs (Don Johnson e Philip Michael Thomas) costretti a combattere quotidianamente contro la criminalità. È stato quindi produttore esecutivo di un'altra serie televisiva, Crime story (1986-1989) e nel 1986 ha realizzato l'opera in cui si manifesta pienamente il suo talento visivo, Manhunter. Tratto dal romanzo Red dragon di Th. Harris, il film ha per protagonisti un agente di polizia e un serial killer, soprannominato 'Dente di Fata', che uccide nelle notti di luna piena. Grazie anche all'illuminazione di Spinotti, l'opera penetra in maniera sublime dentro l'oscurità e crea tensione facendo avvertire il pericolo più che mostrandolo (la famiglia dell'agente spostata in un'altra abitazione, la ragazza cieca che lavora in un laboratorio fotografico, attratta da 'Dente di Fata'). Dopo un'altra regia televisiva (L.A. takedown, 1989) è tornato al cinema con The last of the Mohicans (1992; L'ultimo dei mohicani), dal romanzo omonimo di J.F. Cooper, in cui le caratteristiche del film di avventura vengono progressivamente ribaltate in una rappresentazione onirica. Con Heat (1995; Heat ‒ La sfida) M. ha spinto all'estremo gli elementi propri del 'film di caccia', ponendo al centro della vicenda la figura del tenente di polizia Vincent Hanna (Al Pacino) che deve catturare il ladro professionista Neil McCauley (Robert De Niro), e accentuando il suo stile allucinato e 'fisico': la macchina da presa sembra attaccarsi ai corpi dei due protagonisti, le scene d'azione sono girate in modo essenziale e Los Angeles diventa così lo spazio di un noir notturno. Del 1999 è invece Insider, film ispirato a un articolo pubblicato su "Vanity fair", in cui M. riesce a filmare il delirio autodistruttivo e le fasi di una progressiva disgregazione familiare, recuperando al tempo stesso gli elementi del miglior cinema di impegno civile degli anni Settanta. Il successivo Ali (2001; Alì), apparentemente costruito sulla struttura del film biografico (la storia di Mohammed Alì dal 1964 al 1974), in realtà rappresenta il pugile come una figura leggendaria, e lo fa muovere come in un musical.
A. Borri, Michael Mann, Alessandria 2000; C. Viviani, La carrière de Michael Mann. Briser la ligne pour mieux la retrouver, "Positif", mars 2000, 469, pp. 9-11; P.M. Bocchi, Michael Mann, Milano 2002.