Romm, Michail Il′ič
Regista cinematografico russo, nato a Irkutsk (Siberia) il 24 gennaio 1901 e morto a Mosca il 1° novembre 1971. Personalità di talento, ebbe una carriera discontinua nel corso della quale risentì negativamente dell'influenza di fattori politici, rimanendo soffocato, come la grande maggioranza dei cineasti sovietici, dalla pesante atmosfera dell'URSS degli anni Trenta e oltre. Può tuttavia annoverare nella sua filmografia pagine ragguardevoli e fu, in età avanzata, uno degli intellettuali che più contribuirono al dibattito delle idee e al rinnovamento del cinema sovietico.
Nato in Siberia dove il padre, un medico ebreo, era stato esiliato, fu allievo a Mosca della Scuola superiore di Belle Arti dove studiò scultura. Militò nelle file dell'Armata rossa durante la guerra civile, tra il 1918 e il 1921, e successivamente lavorò come traduttore dal francese. Nel 1928 ebbe l'incarico di dirigere la sezione di cinema per l'infanzia presso l'Istituto dei metodi di lavoro extrascolastici. Appartenente alla seconda generazione degli 'innovatori' (Sergej I. Jutkevič, Georgij N. e Sergej D. Vasil′ev ecc.), dopo essere stato sceneggiatore di Revanš (1931, La rivincita) di Vasilij N. Žuravlëv e aiuto regista di Aleksandr V. Mačeret in Dela i ljudi (1932, Lavori e uomini), esordì nel 1934 con Pyška (Cavoletto), tratto dal racconto Boule de suif di G. de Maupassant, girato e distribuito in edizione muta. Ammirato dallo scrittore M. Gor′kij e da R. Rolland, il film si impose per il vigore plastico della composizione figurativa e per il tratteggio psicologico della protagonista. Il successivo Trinadcat′ (1937; Sangue sulla sabbia), realizzato su proposta del direttore generale della cinematografia B. Šumjakij, convertì provvisoriamente il regista ai moduli del film d'avventura; il soggetto riecheggia infatti la trama di The lost patrol (1934; La pattuglia sperduta) di John Ford. Ma la maggiore notorietà gli venne dalle biografie Lenin v Oktjabre (1937, Lenin nell'Ottobre) e Lenin v 1918 godu (1939, Lenin nel 1918) che furono tra i primi tentativi di portare sullo schermo e di umanizzare la figura del fondatore dello Stato sovietico; aneddotici, sapientemente recitati, i due medaglioni non sfuggivano però ai vizi dell'apologia e della schematizzazione. In particolare il secondo, ambientato durante 'il comunismo di guerra' e realizzato a ridosso delle grandi purghe, non dissimulava una palese giustificazione delle sanguinose repressioni staliniane.
A eccezione di Čelovek n. 217 (1945, Matricola n° 217), caustico pamphlet contro la piccola borghesia tedesca che aveva sostenuto il nazismo identificandosi nella sua ideologia, e di Sekretnaja missija (1950, Missione segreta), i successivi film di R. persero la forza di Pyška. Mediocri furono infatti Mečta (1943, Il sogno), Russkij vopros (1948, La questione russa, tratto dal dramma di K.M. Simonov), Admiral Ušakov (1953, Ammiraglio Ušakov) e Ubijstvo na ulice Dante (1956, Un delitto in via Dante). Il periodo di maggior crisi creativa coincise però con un'intensa attività didattica presso il VGIK, dove R. tenne lezioni di regia ed ebbe tra i suoi allievi Grigorij N. Čuchraj, Aleksej A. Saltykov, Vasilij M. Šukšin e Andrej A. Tarkovskij, esponenti di una nuova leva che permise alla cinematografia sovietica di uscire dalle secche in cui si era incagliata dopo la Seconda guerra mondiale. Il regista tornò al successo nel 1962 con il film, premiato al Festival di Karlovy Vary, Devjat′ dnej odnogo goda (Nove giorni in un anno), lavoro originale sotto il profilo della costruzione narrativa e del taglio visivo, e coraggioso nell'affrontare problematicamente il tema della responsabilità nell'uomo di scienza in un'epoca di grandi conquiste e sfide. L'ultima opera, nel 1966, fu un memorabile film di montaggio, Obyknovennyj fašizm (Il fascismo quotidiano), acuta e spietata analisi dell'ubriacatura nazista, delle sue ritualità e dei suoi crimini.
Kino. Enciklopedičeskij slovar′, Moskva 1987, ad vocem; G. Buttafava, Il cinema russo e sovietico, Roma 2000, pp. 77-78, 104-106 e 152-53.