Kalatozov, Michail Kostantinovič
Nome d'arte di Michail K. Kalatozišvili, regista cinematografico georgiano, nato a Tiflis (Georgia) il 28 dicembre 1903 e morto a Mosca il 26 marzo 1973. La formazione di K. come montatore e soprattutto come operatore caratterizzò la sua successiva produzione registica, nella quale mostrò una grande capacità nel drammatizzare le immagini e nel cogliere, attraverso l'attenzione ai gesti minimi, ai rituali e alle tradizioni di una cultura, la tragedia di esistenze ai margini della Russia moderna e urbanizzata, utilizzando la sua abilità tecnica (oltre alla regia, curò spesso anche il montaggio dei suoi film) per rappresentare il quotidiano, con un'attenzione particolare alla vita comune di uomini semplici che diventa epica e lirica quando entra in contatto con i grandi eventi della Storia. Tutto ciò emerge nel film Letjat žuravli (1957; Quando volano le cicogne) con il quale raggiunse la fama internazionale e nel 1958 vinse la Palma d'oro al Festival di Cannes. Dopo gli studi di economia, iniziò a lavorare nell'industria del cinema. Entrato in contatto con Lev V. Kulešov prima e con Esfir′ I. Šub poi, studiò le tecniche di montaggio, lavorando come montatore e come operatore presso gli studi cinematografici di Tiflis. Esordì con un film di montaggio, Ich carstvo (1929, Il loro impero), sulla storia dei menscevichi in Georgia. Si fece notare successivamente con Sol′ Svanetij (1930, Il sale della Svanezia), sua prima regia, un documentario girato nella località omonima nel mezzo della catena montuosa del Caucaso, in cui si narra la difficile esistenza di un popolo prima e dopo la rivoluzione. Trasferitosi a Leningrado, continuò la sua attività di regista di documentari e l'opera Gvozd′ v sapoge (1932, Il chiodo nella scarpa) gli procurò contrasti con le autorità sovietiche. Dal 1936 al 1939 ebbe l'incarico di amministratore degli studi di Tiflis e tornò alla regia durante la Seconda guerra mondiale con Valerij Čakalov (1941). Dal 1943 al 1945 si trasferì negli Stati Uniti come rappresentante del Comitato del cinema dell'Unione Sovietica in quel Paese. Tornato in URSS, venne promosso capo della Direzione della produzione di film di fiction a Leningrado e, dopo una serie di opere schematiche e in linea con le direttive estetico-politiche del regime, realizzò il capolavoro Letjat žuravli. Il rapporto tra la vita e la Storia mostra la propria conflittualità in questa vicenda d'amore interrotta dallo scoppio della guerra. Nel film, nonostante l'artificioso finale, le esigenze del singolo contrastano drammaticamente con quelle della collettività e K. riuscì a costruire un tragico affresco di straordinaria intensità figurativa, grazie all'apporto di attori di talento, come, per es., Tat′jana E. Samojlova e Aleksej V. Batalov, e alla creatività dell'operatore Sergej P. Urusevskij. Il linguaggio di K. risultò originale, barocco e rigoroso al tempo stesso; il film, che ebbe uno straordinario successo di critica e di pubblico, segnò l'inizio della stagione del 'disgelo' in campo cinematografico. In seguito, K. tentò ancora di coniugare le forti esigenze di sperimentazione linguistica con i dettami estetico-politici del realismo socialista, senza tuttavia ripetere il successo già ottenuto, sfociando ora in un eccesso di artificiosità formale, come in Neotpravlennoe pis′mo (1960; La lettera non spedita), che narra l'avventuroso viaggio di tre uomini e una donna alla ricerca di diamanti in Siberia, ora in un'eccessiva condiscendenza nei confronti di un cinema didascalico e pedagogico, come nel film Ja Kuba ‒ Yo soy Cuba (1964, Io sono Cuba), coproduzione sovietico-cubana e apologia della rivoluzione cubana. La grande capacità di K. di rendere in immagini la natura come luogo grandioso e al tempo stesso denso di pericoli emerge tuttavia anche in un film, tutto sommato di mestiere, come Krasnaja palatka, noto anche con il titolo italiano La tenda rossa (1969), una coproduzione italo-sovietica basata sull'impresa del comandante Nobile e del dirigibile Italia al Polo Nord.
G. Kremlev, Michail Kalatozov, Moskva 1968.
M. Šlemrová, Michail Kalatozov, Praha 1974.
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