NEY, Michel
Duca d'Elchingen, principe della Moscova, maresciallo di Francia, nato a Sarrelouis il 10 gennaio 1769, fucilato a Parigi il 7 dicembre 1815. Di modeste origini, insofferente di vita sedentaria, abbandonò lo studio di notaio presso il quale era scrivano e si arruolò diciottenne in un reggimento di ussari regi. Scoppiata la rivoluzione e passato al nuovo regime, conquistò le spalline di ufficiale durante la guerra del 1792. Due anni dopo, avendo condotto brillantemente in guerra gruppi di squadroni, fu promosso colonnello di cavalleria. Nel 1797 raggiunse il generalato, continuando a distinguersi come capo di grande audacia. Dopo Hohenlinden (1800) fu inviato dal Primo Console a Berna, con una missione diplomatica ch'egli assolse con pieno successo. Nel 1803 Comandante di corpo d'armata, fu l'anno seguente compreso da Napoleone nella prima lista dei marescialli dell'impero. Partecipò, coprendosi di gloria, alle campagne di Germania e di Polonia (1805, 1806, 1807) e nel 1808 fu nominato duca d'Elchingen e inviato alla guerra di Spagna in sottordine ad A. Masséna. Il disaccordo manifestatosi fra i due grandi capi, obbligò l'imperatore a richiamare il N. Ebbe il comando di un corpo della Grande Armata durante la campagna di Russia; alle sue qualità di audace manovratore furono principalmente dovute le vittorie di Smolensk e della Moscova. Durante la disastrosa ritirata il N. si prodigò in azioni di retroguardia, riuscendo a evitare il completo sfacelo dell'esercito. Alla fine della campagna ebbe il titolo di principe della Moscova. Fu instancabilmente alla testa delle sue truppe durante le successive campagne di Germania (1813) e di Francia (1814). Aderì ai Borboni dopo l'abdicazione dell'imperatore, ma quando Napoleone riapparve, dall'isola d'Elba, sul suolo francese, il N. dopo un momento di titubanza, eccitato da un invito rivoltogli per lettera dall'antico capo, si schierò dalla parte di questo e prese parte, al comando di un corpo d'armata, alla campagna del Belgio. Sul campo di Waterloo cercò invano la morte. Alla seconda restaurazione fu dai Borboni accusato di tradimento e sottoposto a un consiglio di guerra. Dichiaratosi, questo, incompetente, il N. fu fatto comparire - come pari di Francia - dinnanzi alla Camera alta costituita in corte di giustizia, condannato a morte e fucilato. Sul luogo dell'esecuzione gli fu eretta poi una statua di bronzo.