ARDIZZONE, Michelangelo
Nacque a Napoli, da Marco Antonio, conservatore dei grani. Della vita dell'A. prima del 1647 non sappiamo molto: si addottorò in diritto civile, avrebbe avuto un negozio di farine sulla piazza del Mercato, ma anche lo stesso ufficio di conservatore dei grani che era stato del padre. Questa carica doveva necessariamente mettere l'A. in posizione di evidenza durante i moti del luglio 1647. Egli difatti si diede ad applicare con particolare zelo la decisione del viceré, duca d'Arcos, di aumentare il pane del popolo sino a 32 once la palata, secondo le píú~ immediate richieste di Masaniello. Così si guadagnò la stima del " generalissimo ", che lo fece eleggere dall'assemblea delle ottine capitano dell'ottina dello Spirito Santo.
L'A. già allora probabilmente meditava di approfittare dell'intimità con Masaniello per sopprimerlo, sia che a ciò lo spingessero,i sentimenti antipopolari tradizionali nella sua famiglia, sia che ambisse guadagnarsi il favore e le ricompense della nobiltà e del viceré.
Il giorno fissato l'A. riuscì ad isolare Masaniello dai suoi partigiani, accompagnandolo in una gita in barca a Posillipo, ma non si risolvette )oi ad approfittare dell'occasione favorevole. Appena tornato dalla gita, decise di organizzare altrimenti l'assassinio. Prese contatto con i fratelli Cattaneo, col Rama, con certo Tonimaso De Caro e alcuni altri e con essi decise di assalire Masaniello il martedì 16 luglio.
Masaniello era ospite allora in una cella del monastero del Carmine. LI si diresse l'A. con i suoi compagni. Il Rama fu lasciato con G. B. Ardizzone, fratello di Michelangelo, ed altri, nelle vicinanze del monastero per fronteggiare le eventuali reazioni dei partigiani di Masaniello. L'A., con gli altri congiurati, entrò nel monastero e chiamò a gran voce Masaniello, il quale, udita la voce dell'amico, si fece sulla soglia della cella e di lì fu raggiunto da una scarica di archibugiate. I congiurati immediatamente gli tagliarono la testa, della quale si impadronì l'A., per portarla al viceré.
Nei giorni successivi l'assassinio di Masaniello l'A. ed i suoi complici cominciarono a temere il risentimento popolare e si rifugiarono in Castelnuovo. Ma poiché il popolo protestava vivacemente per la ospitalità concessa agli uccisori di Masaniello il viceré dispose che si allontanassero provvisoriamente da Napoli. Essi partirono nella notte del lunedì 29 luglio e si diressero a Gaeta con una galera. Da Gaeta l'A. si portò in un secondo tempo a Terracina.
In loro assenza il viceré fu.costretto a decretare il 31 ag. 1647 Pespulsione dal Regno, pena la morte, e la proibizione per i discendenti di ricoprire cariche governative o baronali, contro l'A., i Cattaneo, il Rama e altri. Costretto a questamisura dalla volontà di stringere un accordo con i popolari, il vicerè, quando si venne a guerra aperta, richiamò l'A. ed i suoi compagni che il 19 ottobre tornarono a Napoli. Pur non ricoprendo cariche militari. l'A. si distinse nel corso della guerra, utilizzato dal viceré in missioni in provincia. Particolarmente importante fu la missione svolta a Salerno nell'agosto 1648. Non si hanno altre notizie sull'A. se non che nel 1682 era morto.
Bibl.: G. Ganuccio, Il Masanìello ossia La Rivoluzione di Napoli nel 1647. Memorie, Napoli 1860, PIP. 253-255; G. Vincenti, Gli uccisori di Masaniello, Napoli 1900, passim; B. Capasso, Masaniello,Napoli 1918, p. 76; M. Schipa, La cosidetta rivoluzione di Masaniello, Napoli 1918, passim; Id., Masaniello ,Bari 1925, pp. 108, HO.