BERGONZI, Michelangelo (Michel'Angelo)
Nacque a Cremona intorno al 1720. Figlio di Carlo, esercitò anch'egli l'arte di liutaio, lavorando sotto la guida del padre, al quale rimase però sempre nettamente inferiore, sia nella tecnica della costruzione, sia in quella della verniciatura. Nel 1746 si stabilì, col padre, nella bottega già appartenuta a Stradivari, in piazza S. Domenico. Ebbe tre figli, Nicola, Zosimo e Carlo, anch'essi liutai, e lavorò presumibilmente sempre a Cremona, dove morì intorno al 1770.
Inizia col B. la decadenza della grande scuola liutistica cremonese. I più accreditati liutologi fanno infatti notare, nei suoi strumenti, una considerevole deviazione dallo stile paterno, anche se di questo si trova qualche traccia in alcuni violini di piccolo formato. Ma siamo ormai lontani dalla nitidezza di contorni e dall'accurata precisione di particolari che erano proprie all'arte di Carlo. Qui si nota, piuttosto, la tendenza a un tipo di lavoro in genere più approssimativo, come risulta dall'imprecisione dei contorni, appesantiti da una sproporzione di rapporti nelle curve, dalla scelta non sempre felice del legno, e dal tipo di vernice, a volte spessa e dura e a volte trasparente e brillante. Il suono, inoltre, è sempre piuttosto scarso e caratterizzato da un timbro nasale molto spiacevole. Non mancano tuttavia, fra i suoi strumenti, esemplari di suono più gradevole, lavorati con maggior cura e rifiniti con una bella vernice rosso-arancione.
Il B. adottò due diversi modelli, per i suoi violini; uno più grande del normale, di ispirazione stradivariana, e uno di formato ridotto, derivato dai modelli del padre. In entrambi i tipi, l'individualità di stile è piuttosto spiccata, anche se priva di autentiche qualità artistiche. Pare che eccellesse invece nella costruzione dei contrabbassi, molto ricercati, per la bella qualità e la potenza del suono, oltre che per la pregevole fattura.
Si ha notizia anche di una pandurina - piccolo strumento della famiglia dei liuti - intarsiata e ornata con lo stemma della famiglia Dosi, costruita dal B. nel 1755; secondo lo Henley, essa sarebbe appartenuta a lord Howard de Walden, mentre, a quanto sostiene il Vannes, lo strumento avrebbe figurato nella collezione del barone de Léry.
Figlio primogenito del B., e suo allievo, NICOLA (Nicolaus, Nicolò, Niccolò) nacque a Cremona intorno al 1740 e non risulta si sia allontanato mai dalla città natale, dove lavorò fino alla morte, avvenuta fra il 1782 e il 1790
Il periodo compreso fra il 1755 e il 1782 è considerato il più fecondo, per quanto riguarda la sua produzione, che fu molto abbondante dal punto di vista quantitativo, ma non altrettanto accurata nella qualità. Infatti, se anche i suoi strumenti denotano una indubbia abilità di mano, la scelta dei legni, a vena stretta e di aspetto rigido, e la scarsa rifinitura dei particolari tolgono al lavoro molto del suo pregio. Lo stile di Nicola manca inoltre di carattere; infatti, oltre che a quelli paterni, i suoi strumenti si ispirano ai modelli delle più disparate scuole liutistiche. Nei violini di forma larga e piatta, con angoli allungati e ampie rientranze centrali, si riconosce - per esempio - l'imitazione di suo nonno Carlo, mentre la viola costruita presumibilmente nel 1781 e descritta nel catalogo del conte Cozio di Salabue, richiama nella forma delle f e dei bordi la scuola tedesca e, nel riccio, il modello di Andrea Guarneri.
Esiste tuttavia, anche di Nicola, un ristretto numero di esemplari notevoli per finezza di lavorazione, ben verniciati e di suono eccellente.
Zosimo, figlio secondogenito di Michelangelo, nacque verso il 1745 a Cremona, dove lavorò fra il 1760 circa e il 1777. Sebbene la liuteria classica cremonese fosse ormai nel periodo della piena decadenza, il suo lavoro risulta, a quanto dicono i maggiori liutologi, nettamente superiore a quello del fratello Nicola. I suoi strumenti denotano una abilità notevole, in particolare nella curvatura piuttosto pronunciata della cassa armonica e nel riccio. Il suo stile, derivato da quello paterno, rivela però, nei modelli larghi e piatti, una reminiscenza delle forme di Amati. La brillante vernice rosso-bruna e il suono gradevole rendono molto apprezzabili i suoi strumenti, specie i violoncelli e i contrabbassi, di fattura più accurata.
Quasi certamente l'ultimo rappresentante della famiglia Bergonzi fu Benedetto, nato a Cremona alla fine del sec. XVIII. Di lui si sa soltanto che, fra il 1810 e il 1840 - anno presumibile della sua morte -, lavorava ancora, a Cremona, nella bottega di piazza S. Domenico. Più che liutaio, pare sia stato un ottimo restauratore di strumenti ad arco, tanto che a lui si sarebbe rivolto, più di una volta, Tarisio, il noto commerciante di strumenti antichi, per varie riparazioni. Secondo il Vannes, Benedetto sarebbe stato anche costruttore di aerofoni, tanto valente da vincere, nel 1824, una medaglia d'argento dell'Istituto delle scienze e delle arti di Milano per l'invenzione di un particolare corno a chiavi. Lo Schmidl sostiene, dal canto suo, che Benedetto, oltre che liutaio, fosse anche violinista e compositore, e ricorda alcuni Temi variati sulle più famose opere di G. Rossini e l'opera Malek-Adel (libretto di Gaetano Rossi), rappresentata al Teatro Concordia di Cremona nella primavera dell'anno 1835. Secondo il De Piccolellis, invece sarebbe discutibile perfino l'identità dell'ultimo discendente dei Bergonzi.
Bibl.: G. Hart, The violin: its famous makers and their imitators, London 1884, pp. 95 s.; G. De Piccolellis, Liutai antichi e moderni, Firenze 1885, pp. 18 s.; W. L. Lütgendorff, Die Geigen und Lautenmacher vom Mittelalter bis zur Gegenwart, Frankfurt a. M. 1904, pp. 44 (per Benedetto), 45 s.; H. Poidras, Dict. des luthiers anciens et modernes, Rouen 1924, p. 9; R. Vannes, Dict. universel des luthiers, I, Bruxelles 1951, pp. 27 s.; K. Jalovec, Italienische Geigenbauer, Prag 1957, pp. 41 (per Benedetto), 42 s., 88; W. Henley, Universal Dict. of violin and bow makers, I, Brighton 1959, pp. 108 (per Benedetto), 110 s.; A. Vidal, Les instruments à archet, I, London 1961, p. 158; F. Hamma, Meisterwerke italienischer Geigenbaukunst, Stuttgart 1964, pp. 91, 95. Per Nicola, v. anche C. di Salabue, Carteggio, Milano 1950, pp. 270 s. Per Benedetto: C. Schmidl, Dizionario universale dei musicisti, I, v. 160.