FAGNONI, Michelangelo
Nacque il 28 maggio 1740 da Romano e Maria Domenica Paccagnini a Orsigna, castello della montagna pistoiese. Ricevuti i primi rudimenti della grammatica dal parroco Giovanni Magnini, a quattordici anni scese a Pistoia per continuare gli studi nel locale seminario vescovile. Dopo aver ricevuto la tonsura il 1° ag. 1757, seguì vari corsi, tra cui quelli di diritto canonico e di storia ecclesiastica con Giuseppe Matani e di teologia dogmatica con Giovan Domenico Gori. Fu ammesso al diaconato nel gennaio 1763 e, previa dispensa papale, al presbiterato il 4 ag. 1763 (Pistola, Arch. della curia vescovile, Reg. per la congregazione degli ordinandi, c. 97v n. 455). Ordinato sacerdote il 24 settembre successivo (Pistoia, Bibl. comunale Forteguerriana, Raccolta Chiappelli, busta 228 n. 4), svolse le mansioni di cappellano curato della chiesa di S. Vitale per un anno.
Nel 1766 ottenne una cappellania di coro con annesso obbligo delle confessioni nella collegiata cittadina della Ss. Vergine dell'Umiltà. Ufficio che ricoprì per ben dodici anni. Nel frattempo continuò per proprio conto gli studi, con una particolare propensione verso le lingue greca ed ebraica. Nel 1774 si presentò al concorso per l'insegnamento nelle scuole pubbliche della città (Arch. di Stato di Firenze, Reggenza, n. 379 c. 44). Dopo aver partecipato a diversi concorsi per benefici curati, il 26 ag. 1778 vinse quello relativo alla parrocchia urbana dello Spirito Santo. Cinque mesi dopo fu anche ammesso nella ricca congregazione omonima di sacerdoti secolari.
In seguito all'avvento del nuovo vescovo Scipione de' Ricci, le istituzioni ecclesiastiche pistoiesi furono sottoposte a una radicale ristrutturazione patrimoniale, organizzativa e pastorale. Il F. dovette subire in prima persona le conseguenze delle riforme ricciano-leopoldine quando, con motu proprio 21 luglio 1783, venne soppressa la Congregazione dello Spirito Santo, dotata di un capitale di ben 85.000 scudi, e quando, di lì a poco, il 13 dic. 1784, fu decretata la sua rimozione dall'ufficio di parroco.
A spiegare le ragioni di questo duro provvedimento adottato dal Ricci contribuì lo stesso F., accusando il vescovo di aver presentato a Pietro Leopoldo un quadro non veritiero della Congregazione dello Spirito Santo "con dipingere quei Preti per un ammasso di Discoli, d'Ignoranti, di Simoniaci, di negligenti nel servizio divino, e di sollevatori della Nobiltà" (La voce della greggia di Pistoja e Prato, pp. 23 ss. n. 2, ma si v. anche pp. 115 ss.).
Rimasto privo di qualsiasi impiego - benché avesse ricevuto dalla cassa diocesana la modesta pensione di 40 scudi annui (Arch. di Stato di Firenze, Segreteria del regio diritto, n. 5402, cc. 257 ss.) -, il F. continuò a seguire attentamente le vicende tumultuose dell'esperimento riformatore del Ricci, badando bene di non attirare sospetti circa la sua opposizione alle idee del vescovo. A un anno e mezzo di distanza dal sinodo diocesano di Pistoia, nel maggio 1787, ruppe il silenzio, presentando all'arcivescovo metropolita Antonio Martini un lungo e dettagliato ricorso contro l'operato del Ricci, affinché fosse esaminato dai vescovi toscani, allora riuniti in assemblea a Firenze.
Nel documento il F. poneva in dubbio la legittimità del provvedimento con cui era stato rimosso dall'ufficio di parroco della chiesa dello Spirito Santo ed esprimeva il vivo rammarico per l'atteggiamento d'indifferenza del vescovo nei riguardi del suo servizio pastorale (Arch. di Stato di Firenze, Segreteria di gabinetto, n. 9 ins. 6).
Amareggiato per la sorte personale e di quella dell'intera diocesi, il F. espresse il suo dissenso alle riforme ricciane in uno scritto che ebbe grande successo, La voce della greggia di Pistoja e Prato al suo pastore monsignor vescovo Scipione de' Ricci..., pubblicato in forma anonima ad Assisi, presso lo stampatore Sgariglia nel 1789.
Di tale opera si conoscono due edizioni, con le false date "In Sondrio alla nuova Stamperia" (pp. 138) e "In Sondrio 1789 alla nuova Stamperia" (pp. 155). Sulla base del poemetto autobiografico La Fagnoneide, lo storico locale G. Beani rettificò nel 1902 l'attribuzione del Melzi all'altro pistoiese, il conte Fabrizio Cellesi (G. Melzi, Dizion. di opere anonime e pseudonime..., III, Milano 1859, p. 263; G. Beani, I vescovi di Pistoia e Prato..., pp. 26 ss.).
A nome di tutto il clero pistoiese, il F. intendeva rispondere a due precedenti lettere pastorali del Ricci e correggere l'immagine che della diocesi era stata data nei numerosi opuscoli apparsi a favore o contro il vescovo. L'opera si divide in quattro parti, rispettivamente dedicate a: "mettere in vista quale era il vero stato della Diocesi di Pistoia, e di Prato prima di ogni riforma; onde possa giudicarsi se vi erano in realtà quegli abusi, di cui siamo stati sì largamente addebitati..."; "addurre le ragioni per le quali ci siamo creduti in obbligo di far fronte a una grande parte delle riforme stesse, col far vedere, che cosa sono le riforme, che cosa sono i riformatori"; "di mostrare quanto sia falsa, e mal fondata la nostra pretesa animosità contro il vescovo"; "Finalmente quanto sia nova ed atroce la calunnia di addebitarci d'ignoranza dei doveri, che ci corrono verso il Sovrano" (pp. 5 ss.). Nonostante esprimesse il proprio dissenso dalle riforme ecclesiastiche introdotte dal Ricci, il F. conservava comunque - a differenza della polemica sfrontata di Giovanni Marchetti - un sostanziale rispetto verso la figura del vescovo. La requisitoria più dura è infatti rivolta contro gli "adulatori" di cui egli si era circondato, i quali, "dopo essersi divorate ad un tempo le sostanze della Greggia, e del Pastore, non hanno fatto, che sporcar bruttamente il buon nome, e la religione dell'uno, e dell'altra" (ibid.). A causa dell'ingenuità del vescovo, la diocesi di Pistoia e Prato era divenuta "il ricetto dei mal contenti, degli sfratati, e degli esteri". Il nuovo istituto per il sostentamento del clero aveva supplito abbondantemente a tutti loro "nel tempo stesso, che i poveri Diocesani hanno dovuto languire, e vedere cogli occhi propri la loro eredità trasferirsi agli estranei" (ibid., p. 118).
La crisi e la fine del riformismo ricciano coincisero con l'avanzamento e la promozione del F. negli impieghi diocesani. Nel 1789 gli fu conferito, tramite la famiglia nobile Bracciolini, un canonicato nella cattedrale di Pistoia; negli anni successivi fu chiamato ad altri incarichi onorifici dal nuovo vescovo F. Falchi Picchinesi e, nel luglio 1800, ottenne la nomina a parroco della chiesa dello Spirito Santo, che gli era stata tolta dal Ricci. Essendosi in gioventù laureato in teologia nell'Accademia fiorentina, sotto il Falchi fu anche chiamato ad insegnare teologia morale, storia ecclesiastica ed ermeneutica sacra nel locale seminario vescovile.Morì a Pistoia il 3 maggio 1819.
Il F. compose diversi altri scritti, tutti rimasti inediti e andati quasi del tutto perduti: i trattati sull'Impiego del denaro e sull'Ermeneutica sacra, la Vita di mons. G. Ippoliti, la Guida della città e diocesi di Pistoia, nonché due poemetti, il Congresso delle ombre alla locanda di Adamo, di genere satirico, e la Fagnoneide, poemetto in ottava rima, in otto canti, di genere autobiografico (Firenze, Bibl. naz., Collez. Rossi-Cassigoli, n. 324).
Fonti e Bibl.: Giornale eccles. di Roma, 27 giugno 1789, pp. 207ss.; G. Beani, I vescovi di Pistoia e Prato dall'anno 1732 al 1871. Notizie biogr., Pistoia 1881, pp. 26 ss., 60 ss., 135 ss.; V. Capponi, Biografia pistoiese o notizie della vita e delle opere dei pistoiesi..., Pistoia 1878 (ma l'Appendice è posteriore al Beani), pp. 416 ss. dell'Appendice; G. Beani, La Compagnia di Gesù in Pistoia. Il suo collegio e la sua chiesa, Pistoia 1902, pp. 38 ss.; B. Matteucci, Scipione de' Ricci. Saggio storico-teologico sul giansenismo italiano, Brescia 1941, pp. 198, 205; Carteggi di giansenisti liguri, a cura di E. Codignola, II, Firenze 1942, p. 254; Tipografia ed editoria in Umbria, Assisi, a cura di F. Morotti, Perugia 1966, p. 64 n. 469; G. Pignatelli, Aspetti della propaganda cattolica a Roma da Pio VI a Leone XII, Roma 1974, p. 103; M. Pieroni Francini, Immagine sacre in Toscana dal tumulto di Prato al "Viva Maria", in Culto dei santi, istituzioni e classi sociali in età preindustriale, a cura di S. Boesch Gajano-L. Sebastiani, L'Aquila 1984, pp. 847 ss.; Atti e decreti del concilio diocesano di Pistoia dell'anno 1786, a cura di P. Stella, II, Firenze 1986, p. 78; C. Fantappiè, Per una rilettura del sinodo di Pistoia, in Cristianesimo nella storia, III (1988), p. 547; Lettere di Scipione de' Ricci a Pietro Leopoldo 1780-1791, a cura di B. Bocchini Caniaiani-M. Verga, III, Firenze 1992, p. 1549.