GIACOMELLI, Michelangelo
, Figlio di Sebastiano e di Camilla Jacopetti, nacque a Pistoia l'11 sett. 1695. Fin da piccolo fu instradato nello studio dei classici latini e greci dallo zio paterno Giovanni, sacerdote. Trasferitosi a Pisa nel 1714, iniziò a frequentare la locale Università, dove approfondì lo studio della teologia e della storia ecclesiastica; si dedicò con passione anche alle scienze matematiche, suscitando la stima del suo maestro, G. Grandi, con il quale intraprese una corrispondenza epistolare incentrata su disquisizioni di argomento scientifico.
Risale al 1716 il primo componimento del G., un'opera in versi recitata a Pistoia durante le cerimonie per l'incoronazione dell'immagine della Vergine dell'Umiltà (Raccolta di poesie per la solenne incoronazione della sacra immagine di Maria Vergine…, Pistoia 1716).
Nel 1718, dopo essersi laureato in teologia presso lo Studio pisano (il 26 maggio) e aver preso i voti (il 24 settembre), fu richiamato a Pistoia dal vescovo C. Bassi, che gli commissionò la compilazione degli atti del sinodo diocesano. Nello stesso anno, grazie all'interessamento del suo concittadino monsignor Niccolò Forteguerri (l'autore del Ricciardetto), che lo aveva apprezzato già due anni prima, quando aveva presieduto a Pistoia la cerimonia per l'incoronazione dell'immagine della Vergine, il G. si trasferì a Roma, dove il cardinale C.A. Fabroni, segretario di Propaganda Fide, lo assunse al proprio servizio come bibliotecario. A Roma perfezionò lo studio delle lingue, aggiungendo al latino e al greco l'ebraico; ebbe inoltre un ruolo determinante nella disputa, condotta in quegli anni dallo stesso Fabroni, contro i giansenisti e i seguaci di P. Quesnel: curò infatti la stesura degli Avvisi al cristianesimo contro i trasgressori degli ordini pontifici, oltre ad alcuni scritti nei quali il Fabroni criticava l'elevazione al cardinalato di N. Coscia, protetto di Benedetto XIII, la cui nomina suscitò una forte opposizione in seno al Collegio cardinalizio.
Dopo la morte del cardinal Fabroni nel 1727, il G. fu bibliotecario dei cardinali C. Collicola e L. Valenti. Nello stesso periodo, acquisita una certa fama, divenne membro dell'Arcadia (con il nome di Dorilo Caradreo) e delle Accademie degli Infecondi, dei Quirini e del Disegno.
Papa Benedetto XIII gli affidò l'incarico di scrivere sulle controversie tra la Santa Sede, l'imperatore Carlo VI e casa Savoia (Informazione istorica delle differenze fra la Sede apostolica e la Real Corte di Savoja, Roma 1732).
Dal 1730 al 1737 fu impiegato, come istitutore, presso la famiglia Sacchetti, e in questi anni abbandonò gli studi. Nel 1737 fu nominato da papa Clemente XII cappellano segreto e prelato domestico; nel 1739 ottenne un beneficio nella basilica vaticana. A questo periodo risalgono i prologhi ad alcune commedie di Terenzio e di Plauto rappresentate da una società di letterati (Prologi in comoedias Terentii et Plauti, Roma 1738; una seconda edizione fu pubblicata, postuma, a cura di A. Matani, con il titolo Prologi in Terentium ab Antonio Matanio illustrati, Pistoia 1777).
Sotto il pontificato di Benedetto XIV divenne membro dell'Accademia dei Concili, che si riuniva nel palazzo di Propaganda Fide, e di quella di Antichità romane in Campidoglio, dove, a partire dal 1741, presentò numerose dissertazioni; lo stesso papa gli affidò la riforma del Breviario romano, che non fu portata a termine, e la traduzione in latino di due suoi scritti (Commentarii duo de D.N. Iesu Christi Matrisque eius festis…, Padova 1745). Inoltre, in questi anni il G. iniziò a corrispondere con B. Tanucci, che aveva conosciuto in gioventù a Pisa alla scuola di G. Grandi.
A partire dagli anni Cinquanta il G. curò alcune traduzioni in italiano di classici greci (L'Elettra di Sofocle volgarizzata ed esposta, Roma 1745; Di Caritone Afrodiseo dei racconti amorosi di Cherea e di Calliroe, libri ottotradotti dal greco, Roma 1752 e 1756, Venezia 1755; Prometeo legato. Tragedia d'Eschilo volgarizzata e con annotazioni sul testo greco illustrata, Roma 1754), giudicate con favore dai critici contemporanei. Tradusse inoltre testi religiosi dal greco in italiano (Giovanni Crisostomo, Del sacerdozio libri VI volgarizzati e con annotazioni illustrati, ibid. 1757) e dal greco in latino (S. Patris nostri Modesti archiepiscopi Hierosolymitani Encomium in dormitionem sanctissimae Dominae nostrae Deiparae semperque Virginis Mariae, ibid. 1760). La sua fama si accrebbe ulteriormente in seguito alla pubblicazione del celebre Giornale dei letterati, da lui promosso assieme con l'abate G. Cenni nel 1745, sul quale scrisse molti articoli scientifici e filosofici tra il 1745 e il 1747. Pubblicò anche opere a carattere religioso (De Paulo Samosateno, deque illius dogmate et heresi, ibid. 1741) e di argomento vario (Orazione in lode delle belle arti recitata in Campidoglio, ibid. 1739, Bologna 1754; Interpretatio Graecae inscriptionis, Roma 1748; La pace universale. Componimento in musica, celebrandosi in Roma le feste per la nascita del serenissimo duca di Borgogna, ibid. 1751; Versi per la ricuperata salute del re del Portogallo, s.n.t.).
Al 1757 risale l'incontro con J. Winckelmann, che segnò l'inizio di una lunga e intensa amicizia. L'antiquario tedesco nella sua corrispondenza epistolare rivela una grande ammirazione e riconoscenza nei confronti del G., che ebbe il merito di insegnargli l'italiano e il greco antico.
Grazie a Clemente XIII Rezzonico il G. acquisì nuove cariche: cameriere segreto del papa e segretario delle lettere latine (1759); segretario dei Brevi ai principi (1762); canonico della basilica vaticana e arcivescovo di Calcedonia (1766); negli anni seguenti fu nominato vescovo assistente al soglio pontificio, protonotario apostolico, conte palatino e lateranense, cavaliere aureo, nobile romano. Gli fu anche concessa la facoltà di unire il proprio stemma con quello della famiglia del papa. Il G. ebbe un ruolo importante anche nella difesa dell'Ordine dei gesuiti: fu infatti incaricato di redigere la bolla Apostolicum pascendi munus, emanata il 7 genn. 1765, nella quale venivano confermati tutti i decreti introdotti in favore della Compagnia di Gesù dai predecessori di Clemente XIII.
Sotto il pontificato di Clemente XIV il G. non ebbe eguale fortuna: l'essersi schierato apertamente a favore dei gesuiti, visti negativamente dal successore di Clemente XIII, ebbe come conseguenza l'allontanamento dalle cariche pubbliche, che vennero affidate ai suoi avversari. Si rifugiò allora nella filosofia, nello studio della musica e nella traduzione di nuove opere (Philonis episcopi Carpasii enarratio in Canticum canticorum…, Roma 1772; I quattro libri di Senofonte dei Detti memorabili di Sofocle, pubblicati postumi a Brescia, 1806, con prefazione e annotazioni di A. Verri); si dedicò inoltre all'edizione critica delle opere di Platone, che non riuscì a portare a termine.
Morì, dopo una breve malattia, il 16 (come riporta il ms. della Biblioteca apostolica Vaticana, Ferrajoli 366, c. 71) o (secondo i biografi) il 17 apr. 1774 a Roma, dove fu sepolto.
Fonti e Bibl.: J. Winckelmann, Lettere italiane, a cura di G. Zampa, Milano 1961, ad indicem; B. Tanucci, Epistolario, I-II, a cura di R.P. Coppini - L. Del Bianco - R. Nieri, Roma 1980; III, a cura di A.V. Migliorini, ibid. 1982; IV, a cura di L. Del Bianco, ibid. 1984; IX, a cura di M.G. Maiorini, Roma 1985, ad indices; A. Matani, Elogio di M.A. G., Pisa 1775; A. Fabroni, Elogi d'alcuni illustri italiani, Pisa 1784, pp. 24-47; E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri, V, pp. 458-461; G. Moroni, Diz. di erudizione storico-ecclesiastica, XXX, pp. 200 s.; E. Bindi, Notizia biografica di mons. Michelangiolo G. arcivescovo di Calcedonia, in Prefazione e memorie di mons. Giacomelli premesse alla edizione pratese del suo volgarizzamento del sacerdozio di s. Giovanni Crisostomo, Prato 1852, pp. XXVII-LXVI; Édouard d'Alençon, in Dictionnaire de théologie catholique, VI, 1, Paris 1920, s.v. L. von Pastor, Storia dei papi, XVI, Roma 1933, 1, pp. 137, 479, 499, 725 s.; 2, p. 83; R. Ritzler - P. Sefrin, Hierarchia catholica…, VI, Patavii 1958, p. 161.