GRIGOLETTI, Michelangelo
Nacque a Rorai Grande, ora incorporata nella città di Pordenone, il 2 sett. 1801 da Osvaldo e Teresa de Michieli. La numerosa famiglia, di origine contadina, fece da sfondo agli esercizi giovanili del pittore che nelle sorelle Elena (1825 circa: Roma, collezione privata, in M. G., 1971, p. 127, n. 109), Meri e Elisabetta (1829: Pordenone, Museo civico), nel fratello Lorenzo (1828: ibid.), nei nipoti Angelo e Maria Schiavi (1832: ibid.), negli stessi genitori (1829: ibid.) trovò i modelli ideali su cui approfondire la propria tecnica nel ritratto, genere che praticò sempre. A questa peculiare "galleria" domestica, cui va aggiunto un Autoritratto ad acquerello su carta databile al 1825 (Roma, collezione privata, in M. G. e il suo tempo, p. 127, n. 110), appartiene anche il Ritratto di don Antonio Grigoletti (1829: Pordenone, Museo civico), zio paterno, che, con il parroco di Rorai Grande D. Odorico, riuscì nel 1820 a far accedere il nipote all'Accademia di belle arti di Venezia.
Immatricolato nel 1820, il G. frequentò i corsi di T. Matteini, O. Politi e G. Borsato, applicandosi allo studio del nudo e alla copia dai maestri del Cinquecento veneto, come voleva il "culto" instaurato in Accademia dal presidente F.L. Cicognara: con una copia da Giovanni Bellini ottenne il primo premio al concorso accademico del 1824, "per la regolarità del disegno e l'armonia del chiaroscuro" (Marchi, p. 18), e con un'altra copia da Bonifacio de' Pitati si sdebitava, nello stesso anno, con il Comune di Pordenone che l'aveva appoggiato nella richiesta di esenzione dal servizio militare. Il cursus honorum del G. allievo dell'Accademia è fitto di riconoscimenti e i registri ne rammentano le doti non comuni (Discorsi, 1822-24; Venezia, Arch. dell'Accademia di belle arti, Ruolo degli alunni iscritti, Scuola di ornato, 1821-22, e Matricola degli alunni inscritti dall'a.a. 1807 al 1822-23, I, 1).
L'eccezionale alunnato del G. si compiva idealmente con l'ingresso nel corpo accademico nel 1830, per approdare alla docenza, dopo un fallito tentativo di nomina a conservatore della pinacoteca, come "aggiunto" di L. Lipparini nel 1839 e come ordinario nel 1849, sulla cattedra di elementi di figura.
Non stupisce quindi se la carriera dell'artista mosse le sue battute iniziali nell'alveo dell'istituzione accademica: una "commendatizia" di Cicognara favorì l'acquisto, nel 1824, del perduto Giove accarezza Amore da parte del duca di Lucca (il disegno è a Pordenone, Museo civico). Lucia ai piedi dell'Innominato, dipinto per la contessa L. Papafava di Padova e proposto a Brera nel 1829 (ora a Padova, collezione Papafava), a quattro anni dalla prima edizione dei Promessi sposi, riceveva poi le lodi dello stesso A. Manzoni che definì il pittore "degnissimo di riconoscenza" (Marchi, p. 21). In cerca di consensi, il giovane ripercorreva i passi del già celebre F. Hayez affacciandosi sulla difficile piazza milanese col genere allora più in voga, quello storico-letterario.
A questi temi si deve collegare anche Erminia assistita da Vafrinio fascia le ferite a Tancredi, che, iniziato per concorrere a Brera nel 1826, fu presentato solo nel 1835 all'esposizione veneziana dell'Accademia (oggi nel Civico Museo Sartorio di Trieste). Il 1836 fu la volta di un altro soggetto tassesco, Erminia che alla vista dell'esangue Tancredi precipita di sella, che insieme con il Ritratto dell'incisore Viviani gli valse le lodi del maestro P. Zandomeneghi sulla Gazzetta privilegiata di Venezia (perduto: bozzetto a Pordenone, Museo civico).
Il G. non esitava a usare l'importante tribuna delle mostre lagunari in occasioni di commesse prestigiose, ma destinate a un pubblico lontano: è il caso della Vergine bambina interpreta le profezie, presentata all'Accademia nel 1838 (Pavanello, p. 52) prima di prendere la strada di Trieste, destinata alla chiesa di S. Antonio Nuovo. Non era quello il primo incarico pubblico del G., che nel 1832 aveva dipinto un'Adorazione dei magi per S. Francesco della Vigna a Venezia; ma si trattava di un'importante commissione, all'interno di un cantiere che, in una città come Trieste, sin da allora simbolo dell'incontro tra culture, chiamava a confronto i migliori nomi delle accademie di Vienna e di Venezia. Per prepararsi il pittore aveva compiuto nel 1835 un viaggio di studio a Roma, raccomandato dal collega bolognese Lipparini: un taccuino inedito, conservato manoscritto nel Museo civico di Pordenone, tra brani tratti da guide permette di seguire gli interessi dell'artista, che dall'antico passavano, col doveroso omaggio al pennello dei veneti, al Seicento classicista degli emiliani e di N. Poussin, ai moderni A. Canova e B. Thorvaldsen.
La piazza triestina si rivelò favorevole anche all'incontro col gusto dei privati; una borghesia commerciale e laica, oltre al ritratto, mostrava di prediligere quel genere storico-letterario parimenti scelto dall'élite intellettuale veneta, dal trevigiano S. Giacomelli (Casta Susanna, 1838 circa: Treviso, Museo civico) al nobile J. Treves de' Bonfili (L'incontro di Giacobbe con Giuseppe, 1846: Venezia, collezione privata, in M. G. e il suo tempo, p. 190, G140). A Trieste per S. Parente dipinse l'Erminia precipita di sella nel 1836; nel 1838 L. Hierschel gli richiedeva un Tancredi visita la salma di Clorinda e un'altra Susanna (perduti: un disegno del primo a Pordenone, Museo civico); P. Sartorio decorava il salottino gotico della sua nuova villa con l'Erminia e Tancredi e con Paolo e Francesca (1840: Trieste, Museo civico Sartorio). Il G., a partire dal 1830 prese ad annotare i nomi dei suoi committenti privati su un quaderno "degli incassi e degli esborsi" (in collezione privata: una copia anche a Pordenone, Museo civico). Tra gli intimi dell'artista va menzionata la famiglia dei nobili Fossati, protagonisti di molti ritratti eseguiti dal G. nella villa estiva di Pordenone (il più celebre nel genere è Isabella Fossati con la figlia Maria Clorinda, il genero e le nipoti, 1832: Venezia, collezione privata, in M. G. e il suo tempo, p. 136 n. 124).
La consacrazione del G. nella pittura a soggetto storico doveva però giungere nuovamente da un incarico pubblico. In visita nelle province lombardo-venete, nel 1838 l'imperatore Ferdinando I d'Austria lo invitava a concorrere alle commemorazioni del padre Francesco I; venne scelto, come per Hayez a Milano, un soggetto tipicamente romantico per il riferimento a G. Byron e per le sottese implicazioni patriottiche, I due Foscari (Vienna, Kunsthistorisches Museum). L'enorme tela, portata a compimento nel 1842, venne esposta a Venezia fino al 1843, quando il G. stesso l'accompagnò a Vienna ottenendo, oltre a un compenso di 1000 zecchini, la nomina a socio onorario dell'Accademia e un grande successo personale.
La più nota commissione del G. all'estero si deve tuttavia alla Chiesa d'Ungheria. Nel 1837 il cardinale J.L. Pyrker ordinò per la cattedrale di Eger un S. Michele Arcangelo e una Sacra Famiglia (1838-39); nel 1846 fu il primate J. Kopaczy a richiedere, per 1200 fiorini, la gigantesca pala dell'Assunta in gloria - vera parafrasi da Tiziano - per la cattedrale di Esztergom, cui il pittore lavorò fino al 1854, ottenendo l'anno seguente l'incarico della Crocifissione e del S. Stefano re d'Ungheria offre la corona alla Vergine a completamento del coro, portati a termine dopo la morte da C. Blaas e N. Nani.
Fu proprio con l'interpretazione del tema sacro che il G. raccolse in definitiva i maggiori favori degli ambienti internazionali: l'Immacolata Concezione, dipinta per l'ex imperatrice Maria Anna di Savoia nel 1864 (Galliera, ospedale), venne poi replicata per un'infanta di Spagna.
A parte i grandi lavori per l'estero, la tarda attività del G. andò concentrandosi in soggetti d'impronta pietistica e devozionale destinati alla provincia.
Dopo che a Brescia (1844), Auronzo (1851), Agordo (1852), Trento (1853), Cles (1854), il G. fu attivo a Montebelluna (1856-58), Udine (1857), Pordendone (1840 e 1857), Este, Malo (1863-66) e Cordenons (1868). L'affezione alla propria terra è testimoniata dal dono di una S. Lucia a Rorai Grande, ma soprattutto dal testamento che legò la collezione d'oggetti d'arte alla città di Pordenone, purché fossero "raccolti ed esposti uniti in una stanza del Municipio", primo nucleo del Museo civico.
Il G. morì a Venezia l'11 febbr. 1870.
Fonti e Bibl.: Pordenone, Museo civico, Viaggio di Roma li 2 aprile (1835); Discorsi letti nella I.R. Accademia di belle arti in Venezia per la distribuzione de' premii il dì 4 ag. 1822, Venezia 1822, pp. 95, 97; Discorsi letti… il dì 3 ag. 1823, ibid. 1823, p. 72; Discorsi letti… il dì primo ag. 1824, ibid. 1824, pp. 65 s.; P. Zandomeneghi, Erminia, quadro del sig. G., in Gazzetta privilegiata di Venezia, 1836, n. 157; M. Marchi, M. G., Udine 1940 (con documenti e bibliografia); M. G. e il suo tempo (catal.), Milano 1971 (con bibl.); F. Mazzocca, in Il Veneto e l'Austria. Vita e cultura artistica nelle città venete, 1814-1866 (catal.), a cura di S. Marinelli - G. Mazzariol - F. Mazzocca, Milano 1989, pp. 243 s.; A. Tiddia, in La pittura in Italia. L'Ottocento, II, Milano 1991, pp. 860 s. (con bibl.); G. Pavanello, M. G. (1801-1870): appunti per un profilo, in Il Museo civico d'arte di Pordenone, a cura di G. Ganzer, Vicenza 2001, pp. 50-59; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XV, pp. 33 s.