GUIDI, Michelangelo
Nacque a Roma il 19 marzo 1886, terzogenito di Ignazio, insigne semitista dell'Università di Roma, e di Carolina Guerrieri. I suoi studi iniziali furono classici e, nel 1909, si laureò all'Università di Roma con una tesi in letteratura greca. Il suo interesse per il mondo greco cristiano fu da subito vivissimo, coniugato con la conoscenza presto acquisita della lingua e letteratura copta. Allo studio dell'arabo, che sarebbe stato poi il suo principale campo di ricerca, giunse successivamente alla laurea e dopo l'apprendimento di numerose altre lingue semitiche e del persiano antico e neopersiano.
Dopo avere collaborato per qualche tempo agli Annali dell'Islam diretti da L. Caetani, vinse una cattedra di arabo nell'Istituto universitario orientale di Napoli, alla quale rinunziò a favore del premio Gori Feroni per le lingue orientali, la cui ricca borsa gli consentì di dedicarsi per tre anni alla sola ricerca. Richiamato nell'arma del genio aeronautico durante la prima guerra mondiale, conseguì nel 1917 la libera docenza in filologia semitica presso l'Università di Roma, e nel 1919 ebbe l'incarico di lingua e letteratura araba nella stessa Università, contemporaneamente all'insegnamento del copto nell'Università pontificia dell'Apollinare. L'incarico fu confermato negli anni successivi finché, nel 1925, egli divenne ordinario.
La carriera accademica e scientifica del G. fu da allora in ascesa; dal 1926 al 1929 tenne l'insegnamento di filologia araba presso l'Università egiziana del Cairo; dal 1932, e fino alla morte, fu direttore della Rivista degli studi orientali; nel 1938 successe a C.A. Nallino alla cattedra di storia e istituzioni musulmane nell'Università di Roma, e contemporaneamente gli furono attribuiti gli incarichi di lingue semitiche e copto. Nello stesso anno fu nominato commissario straordinario dell'Istituto universitario orientale di Napoli e direttore della scuola orientale dell'Università di Roma. Alle cariche universitarie e scientifiche si aggiunsero le associazioni alle principali accademie italiane ed europee: egli fu accademico dei Lincei prima e dopo la seconda guerra mondiale, e accademico d'Italia nell'intervallo.
In età non avanzata, mentre lavorava alla stesura della sua opera più ambiziosa, la Storia e cultura degli Arabi, il G. morì a Roma il 15 giugno 1946, stroncato da un ictus a un anno di distanza dalla prima manifestazione dello stesso male.
Gli interessi scientifici del G. oscillarono fra il polo linguistico e filologico, relativo alle lingue antiche e moderne (delle quali conobbe fra l'altro turco e russo), e quello della storia delle grandi religioni semitiche, dove una profonda fede personale lo guidava alla comprensione intima dei fenomeni religiosi. In quest'ultimo ambito la sua ricerca si concentrò in particolare sui movimenti settari ed ereticali (si veda il gruppo di articoli, densi e problematici, scritti per l'Enciclopedia Italiana: Gnosticismo, Monofisiti, Nestorio e nestoriani), che egli considerò veicolo di concezioni, immagini e riti religiosi fra le diverse regioni del Vicino e Medio Oriente, nel corso delle migrazioni alle quali i loro membri erano costretti. In questo senso concreto, e solo in questo, il G. riteneva si potesse parlare di un sincretismo religioso orientale, e così spiegava, per esempio, le influenze "ellenistiche" che altri studiosi del suo tempo ritenevano di aver identificato nella predicazione maomettana.
Negli studi islamici, il tema delle eresie percorre la ricerca del G. a partire dal suo primo saggio in questo campo, su una confutazione del manicheismo fatta dall'imām zaydita al-Qāsim ibn Ibrāhīm, fino all'ultimo da lui pubblicato in vita, sulla setta dei kharigiti. Nel manicheismo persiano, che egli tornò a studiare a più riprese, il G. riconosceva un'eresia sorella dello gnosticismo orientale, e come quello una sorta di reazione spirituale del paganesimo razionalizzante al contatto con le grandi religioni monoteistiche. I temi gnostici ricorrono anche nell'ampia sintesi sulla Storia della religione dell'Islam, contenuta nella Storia delle religioni a cura di P. Tacchi Venturi (Torino 1936 ed edizioni successive), comunemente considerata il maggior contributo del G. agli studi islamici. L'analisi della formazione del credo islamico è infatti fortemente ispirata da una lettura "gnostica" degli influssi che avrebbero agito su questa fase, per la quale la predicazione gnostica giudeo-cristiana sarebbe in gran parte responsabile del passaggio alla religione islamica di spunti dottrinali e miti del cristianesimo orientale, in opposizione alla contemporanea tesi "nestoriana" che vedeva il tramite in quest'ultima eresia.
Il grande tema di quest'opera, e vero Leitmotiv della ricerca del G. negli studi islamici, è tuttavia quello dell'"arabismo" dell'Islam, carattere che si esprime in uno "stile" inconfondibile e costituisce il fondo ineliminabile di questa religione e della civiltà che essa ha ispirato. La maggiore conferma a questa tesi sarebbe venuta, nelle intenzioni dell'autore, dal grande saggio sulla storia e la cultura degli Arabi al quale attese fino al giorno della morte. Nella parte effettivamente pubblicata dell'opera (a cura della moglie Laura e di G. Levi Della Vida, Storia e cultura degli Arabi fino alla morte di Maometto, Firenze 1951), la ricerca prende le mosse da un'analisi ad amplissimo raggio del panorama storico, geografico e antropologico nel quale si sviluppò la primitiva predicazione di Maometto, giungendo tuttavia solo all'anno 10 dell'Egira (632 d.C.), data della morte del profeta.
In quanto specialista d'Islam antico e contemporaneo, il G. fu coinvolto, come altri arabisti dell'epoca e in particolare il gruppo formatosi intorno alla rivista Oriente moderno, diretta da C.A. Nallino, nella politica coloniale fascista; a questo periodo risalgono alcuni suoi saggi sulla politica e la cultura dei paesi islamici contemporanei, nei quali, nonostante la loro destinazione, egli si discostò rarissimamente da quella linea di rigore scientifico alla quale fu ispirata tutta la sua produzione (come sottolineava del resto il collega e amico G. Levi Della Vida, che dalla politica antisemita fascista fu costretto a emigrare negli Stati Uniti).
Considerata la sua straordinaria cultura linguistica e filologica, può invece apparire sorprendente che il G. abbia lasciato assai pochi scritti di questo tipo, e che rari siano pure i suoi saggi di letteratura araba, materia che insegnò a lungo. Se si eccettua la sintesi di storia letteraria contenuta nella voce Arabi nell'Enciclopedia Italiana, i maggiori risultati della ricerca del G. in questi campi sono piuttosto da ricercarsi nelle numerose note e recensioni a opere ed edizioni di fonti pubblicate dagli orientalisti suoi contemporanei, genere che il G. non considerò evidentemente minore data la ricchezza e spesso l'originalità delle osservazioni letterarie e filologiche che esse racchiudono.
Non è infine da trascurare, nella valutazione dell'opera scientifica del G., il peso della figura paterna, Ignazio Guidi, che degli studi orientali in Italia fu il patriarca riconosciuto fino alla fine della sua lunghissima vita, tanto più che egli sembrò ripercorrere in parte i sentieri che proprio il padre aveva aperto. È stata spesso sottolineata la vocazione alla sintesi del G., quasi in opposizione alla scelta paterna del saggio monografico destinato agli specialisti: in realtà, il movente del G. fu fin dall'inizio assai diverso, e assolutamente libero da ogni tributo all'erudizione fine a se stessa e alla retorica. Ciò è evidente nella sua comprensione simpatetica della mente eretica e delle sue elaborate costruzioni dottrinali, ma anche nella scrittura nervosa e concettosa dei suoi saggi, che contrasta singolarmente con lo stile accademico imperante all'epoca e ne sottolinea invece la sensibilità "novecentesca".
Fonti e Bibl.: Necrologi: S. Lator, M. G., in L'Osservatore romano, 19 giugno 1946; G. Levi Della Vida, M. G., in Riv. degli studi orientali, XXI (1946), pp. 257-270, con Bibliografia (ora in Id., Aneddoti e svaghi arabi e non arabi, Milano-Napoli 1959, pp. 278-288); Id., M. G., in Al-Andalus, XI (1946), pp. 489 s.; E. Rossi, M. G., in Oriente moderno, XXVI (1946), pp. 50-55; F. Gabrieli, Dal mondo dell'Islam, Milano-Napoli 1954, pp. 264-278; Id., La storiografia arabo-islamica in Italia, Napoli 1975, pp. 77 s. e passim.