TILLI, Michelangelo
– Nacque a Castelfiorentino l’8 agosto 1655 da Desiderio di Giovanni Tilli e da Lucrezia Salvadori.
Suo padre, capitano del Popolo e membro del Consiglio comunale (1657-69), era esponente di una famiglia ben inserita nel tessuto locale, titolare di un altare nella chiesa di S. Francesco. Michelangelo fu il secondo di tre figli maschi: Giovan Lorenzo nacque nel 1650, ricevette una formazione giuridica e fu avviato alla carriera ecclesiastica, divenendo poi vescovo, mentre Agostino, nato nel 1663, fu dottore in legge. Di una sorella mancano, invece, informazioni specifiche.
Dopo una prima formazione a Castelfiorentino, Tilli si trasferì nel 1672 a Pisa, dove frequentò l’Università con l’anatomista Lorenzo Bellini e con Pietro Nati, prefetto dell’orto botanico. Nel 1677 si laureò in medicina, trasferendosi a Firenze e stabilendo solide relazioni con Francesco Redi. Il rapporto con quest’ultimo giocò un ruolo importante nella successiva carriera di Tilli, che nel 1681 venne nominato sovrintendente al servizio sanitario della flotta granducale, viaggiando nel Mediterraneo e visitando le isole Baleari.
Nel gennaio del 1683, Tilli fu incaricato da Cosimo III di una missione a Istanbul, nel quadro di un’attenzione granducale per il Levante che intrecciava ambizioni coloniali e passioni orientalistiche. Per il delicato compito di curare il pascià Mussahib, genero del sultano, Tilli fu preferito al collega Alessandro Pini, che pure vantava pregresse esperienze del mondo arabo e ottomano. A contatto con Pini a Livorno, in effetti (Alessandro Pini, 2004) egli preparò un’esperienza che doveva intrecciare abilità terapeutiche, doti di osservazione e capacità di diplomazia informale, confermando il ruolo privilegiato di mediazione dei medici. In triangolazione epistolare con Redi e Apollonio Bassetti, segretario di Cosimo III, giunse a Istanbul nell’aprile del 1683, insieme al chirurgo Pierfrancesco Pasquali, sotto la protezione del bailo veneziano Giovan Battista Donà. La sua capacità di penetrazione negli ambienti urbani, rafforzata dal diretto accesso del medico a élites sia europee sia ottomane, resero Tilli prezioso tramite di informazioni.
A luglio si trasferì a Belgrado per curare Mussahib, accompagnato da Pasquali e dal dragomanno di Donà, Antonio Benetti (1688, pp. 56 s., 78 s., 83; Biblioteca Laurenziana di Firenze, BLF, ms. Redi 212, cc. 258r-263v, 283r). Come Benetti, Tilli mantenne corrispondenza con il diplomatico veneziano (Benetti, 1688, p. 100), comunicando in parallelo, anche in cifra, con Firenze (BLF, ms. Redi 212, cc. 285r-286v), nel clima di forte tensione alimentato dall’assedio ottomano di Vienna. Al seguito di Mussahib, in autunno, proseguì il suo itinerario verso Filippopoli e Adrianopoli, sulla via di ritorno a Istanbul, dove «sparsasi intanto la fama del sig. Dottor Tilli, venia ricercato da moltissimi, e [...] sempre più andava acquistando libertà, respiro, e rispetto» (Benetti, 1688, pp. 103, 107). Se la notizia di una presenza di Tilli negli eserciti alle porte di Vienna (Lami, 1740, c. 326) non trova conferma diretta, egli seguì comunque da vicino il conflitto turco-imperiale, trovandosi di stanza nei pressi di Buda, nel settembre del 1684 (BLF, ms. Redi 212, cc. 335-336).
Rientrato a Pisa nel 1685, Tilli prese dimora, insieme al fratello Agostino, in un palazzo del Lungarno. In ottobre venne nominato professore di botanica e prefetto dell’orto botanico, avviandone un’imponente campagna di rilancio, a partire da una serrata dinamica di scambi con i giardini granducali. Nel 1687, l’incarico di curare il pascià Maemet a Tunisi consentì a Tilli di acquisire nuove piante esotiche, nonché di visitare Cartagine. Riservò grande attenzione anche alle locali campagne di erborizzazione, affidate al naturalista Pier Antonio Micheli, nel ruolo di aiuto prefetto. Nel 1699, sedici cassette di semi rari giunsero all’orto al rientro di Placido Francesco Ramponi (Catalogus..., 1991, pp. 8, 87), incaricato di allestire il sepolcro marmoreo con le ossa del gesuita Francesco Saverio nella chiesa del Bon Gesù a Goa.
Documentati sono gli scambi di Tilli con il medico Hermann Boerhaave a Leida e con il prefetto dell’orto botanico di Amsterdam Caspar Commelin (Schmiedel, 2016, pp. 176-184), snodi di un’ampia rete di relazioni naturalistiche che attende di essere messa a fuoco. Per rispondere alle esigenze climatiche degli exotica, Tilli fu tra i primi in Italia a sperimentare le «stufe a fuoco», favorendo l’acclimatazione di ananas e canna da zucchero, di papiri nilotici, di aloe e del caffè, piante che nell’orto pisano apparivano allora «in polpa, e vigore maggiore di quelle, che sono in Amsterdam» (Neviani, 1940, p. 85).
La dipendenza istituzionale dell’orto botanico dall’Università e i continui intrecci di pratiche favorirono la differenziazione degli interessi di Tilli, che studiò anche le proprietà dei fluidi organici degli animali e dell’uomo a varie temperature e compì osservazioni barometriche. Nel 1696 condusse esperimenti con la macchina pneumatica di fabbricazione olandese, donata all’Ateneo pisano da Anna Maria Luisa, figlia di Cosimo III e moglie dell’elettore palatino Giovanni Guglielmo. Nel 1708 le osservazioni pluviometriche di Tilli suscitarono l’interesse del filosofo William Derhan a Londra, che ne favorì la nomina alla Royal Society, dove dovrebbero essere originariamente confluiti, lungo itinerari che restano da indagare, tre volumi di acquarelli naturalistici commissionati da Tilli, alcuni firmati da Giandomenico Rinaldi, altri attribuibili a Tommaso Chellini, rispettivamente datati 1712, 1714, 1730. Senza esserne modelli diretti, queste tavole rivelano forti interdipendenze con il Catalogus plantarum horti pisani, pubblicato da Tilli a Firenze nel 1723.
L’elegante in folio, dotato di 53 tavole incise dal fiorentino Cosimo Mogalli, appare esito di un progetto complesso e stratificato. Indirizzato a chirurghi e farmacisti, il catalogo si distingue per razionalità di impaginazione ed equilibrio di rapporti fra parola e immagine. Una pianta dell’orto ne conferma l’organizzazione secondo il sistema tassonomico di Joseph Pitton de Tournefort (Arrigoni, 1988, p. 186). Piuttosto che proporsi come contributo alla classificazione botanica, tuttavia, il Catalogus si presenta come una celebrazione del giardino di Pisa e del potere mediceo. Esso è introdotto da un’allegoria dei quattro continenti che omaggiano la città di Pisa, con corona, ermellino e scettro, mentre riceve doni naturalistici del ranuncolo dall’Europa, dell’aloe fiorita dall’Africa, dell’ananas dall’America e di una composita dall’Asia (Cipriani, 2005, p. 140).
Sul frontespizio, Tilli compare come socio onorario della Società botanica fiorentina fondata da Micheli, a conferma di una continuità di rapporti, ribadita dall’impegno di Micheli nel «correggere e redigere la stampa» dell’opera (The botany of Empire..., 2016, p. 104). Nel paratesto, distici di Anton Maria Salvini celebrano l’esperienza di Tilli sulle ‘spiagge di Libia e Africa’, mentre due lettere, dell’ingegnere Luigi Ferdinando Marsigli e del prefetto dell’orto di Padova Giulio Pontedera, appaiono ulteriore evidenza dell’ampiezza della sua rete epistolare.
Nel 1726, a Tilli venne dedicata l’edizione dei Consilia di Redi e più tardi Micheli gli intitolò un esemplare botanico da lui individuato e descritto, la Tillea, a conferma del ruolo di primo piano da lui assunto nello scenario naturalistico toscano.
Morì il 13 marzo 1740 e fu sepolto nella chiesa di S. Francesco a Castelfiorentino, commemorato da una lapide di Leopoldo Andrea Guadagni.
Se l’assenza di uno stringente approccio tassonomico limitò l’apprezzamento del Catalogus, l’importante contributo di Tilli al rilancio dell’orto pisano venne riconosciuto da Carlo Linneo e da Albrecht von Haller (Tongiorgi Tomasi - Garbari - Tosi, 1991, p. 70). La storia dell’istituzione rimase, del resto, a lungo legata al suo nome. Dopo averlo assistito nella cura del giardino per un decennio, infatti, suo nipote Angelo Attilio, nato a Pisa nel 1710, ne raccolse l’eredità materiale e professionale. Oltre ad acquisire «molti libri in foglio [...], una ricchissima libreria d’Istoria Naturale, e di medicina, e una non piccola raccolta di Scheletri di Piante» forse provenienti, in realtà, dall’orto (Arrigoni, 1988, p. 184), Angelo Attilio ottenne la cattedra di botanica nel 1731 e, nel 1740, la direzione stessa del giardino pisano. Durante la sua gestione, scambi di piante con Padova, Torino, Bologna, Oxford e Leida, oltre che con Giovanni Targioni Tozzetti e Lorenzo Ginori a Firenze, continuarono ad alimentarne la fama nell’acclimatazione delle piante esotiche. Importanti furono gli interventi di Angelo Attilio nell’annesso Museo naturalistico, con l’acquisto nel 1746 della collezione malacologica di Niccolò Gualtieri. Angelo Attilio morì nel 1781. Suo figlio Gian Lorenzo fu assistente dell’orto botanico nel 1778 e reggente fra il 1781 e il 1782. Compì osservazioni sull’andamento climatico urbano e sullo sviluppo di piante e animali locali. Nonostante la decisione di Francesco Stefano di Lorena di affidare l’orto a Giorgio Santi, continuò a lavorarvi come suo collaboratore.
Fonti e Bibl.: Lettere di Tilli a Redi si conservano nella Biblioteca Laurenziana di Firenze (ms. Redi 212) e nella Bibliothèque nationale de France di Parigi (Mélanges II, Correspondance, 1661-1704 Ital. 2034), pubblicate in Nomi Pesciolini, 1911, pp. 4-21. Ulteriore corrispondenza si può rintracciare nella Biblioteca nazionale centrale di Firenze (BNCF, ms. Gal. 285) e nell’epistolario di Anton Francesco Gori (Biblioteca Marucelliana, 15.296), nonché nei mss. Micheli dell’Istituto di botanica dell’Università di Firenze. I tre volumi di Specimen plantarum quae in horto medico Sapientiae pisanae di Tilli si trovano presso il Natural history Museum di Londra (Banksian mss., Drawings Cupb’d 17 shelf B&C). Fra i suoi manoscritti si veda anche Strumento per la misurazione delle piogge pevera o contenitore di piombo (1735) in G. Targioni Tozzetti, Selve, ms. BNCF, Fondo Targioni 189, vol. XIV, cc. 391-393. Le Osservazioni botanico- meteorologiche fatte in Pisa di Gian Lorenzo Tilli si conservano in Archivio di Stato di Firenze, Reggenza, ms. 1051, ins. 9, cc. 198-199 (parzialmente ristampate in Arrigoni, 1988, p. 198 s.). A lui si attribuiscono anche l’Index plantarum iuxte vires medicinales (Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms. Palagi 5) e il Theatrum systematis lymneiani in horto caesareo florentino, applicazione della sistematica linneiana a piante coltivate presso quell’orto botanico.
A. Benetti, Viaggi a Costantinopoli di Giovan Battista Donado senator veneto spedito bailo alla porta ottomana l’anno 1680, III, Venezia 1688, passim; F. Redi, Consulti medici, Firenze 1726, dedica; P.A. Micheli, Nova plantarum genera, Firenze 1729, pp. 28-33; G Lami, Commemorazione, in Novelle letterarie, 20 maggio 1740, n. 21, col. 325-330; C. Linneo, Philosophia botanica, Stockholm 1751, pp. 2-17; A. Fabroni, Vitarum italorum doctrina excellentium qui saeculo 18. floruerunt, V, Roma 1775, pp. 355-380; G. Calvi, Commentarium inserviturum historiae pisani vireti botanici academici, Pisa 1777, pp. 157-172; A. Fabroni, Historia Academiae pisanae, III, Pisa 1791, pp. 236-239; G. Targioni Tozzetti, Notizia della vita e delle opere di Pier Antonio Micheli, Firenze 1858, p. 118, 248-250; V. Niccoli, M.A. T., in Miscellanea storica della Valdelsa, I (1893), pp. 12-24; P. Baccarini, Notizie intorno ad alcuni documenti della Società botanica fiorentina del 1716-1783 ed alle sue vicende, in Annali di botanica, I (1904), pp. 225-254; U. Nomi Pesciolini, Per la biografia di uno scienziato e viaggiatore valdelsano. M. T., in Miscellanea storica della Valdelsa, XIX (1911), n. 53-54, pp. 1-21; A. Neviani, Una lettera del conte L.F. M. al professor M. T., in Rivista di storia di scienze mediche e naturali, XXXI (1940), pp. 83-87; E.W. Cochrane, Tradition and enlightenment in the Tuscan academies, 1690-1800, Roma 1961, pp. 130-132; M. Boas Hall, La scienza italiana vista dalla Royal Society, in Scienza e letteratura nella cultura italiana del Settecento, Bologna 1984, pp. 52-60; T. Arrigoni, Uno scienziato nella Toscana del Settecento: Giovanni Targioni Tozzetti, Firenze 1987, pp. 8, 17, 21, 108; Id., Per una storia delle istituzioni scientifiche nella Toscana del Settecento, in Atti e memorie dell’Accademia toscana di scienze e lettere La Colombaria, LIII (1988), pp. 184-190, 213-218; L. Tongiorgi Tomasi - F. Garbari - A. Tosi, Giardino dei semplici: l’orto botanico di Pisa dal XVI al XX secolo, Pisa 1991, pp. 65-67, 69 s.; Catalogus plantarum horti pisani auctore M.A. T., Pisa 1991 (facs. dell’edizione Florentiae 1723), pp. 189, 192-199; T. Arrigoni, Lo studio della botanica nella Toscana del Settecento, in Museologia scientifica, IX (1992), pp. 386, 388, 394; Storia dell’Università di Pisa, I-II, Ospedaletto 1993, passim; L. Tongiorgi Tomasi, Naturalistic illustrations and collections in Tuscany in the eighteenth century, in Science and the visual image in the Enlightenment, a cura di W.R. Shea, New York 2000, pp. 121-124; Alessandro Pini viaggiatore in Egitto (1681-1683), a cura di R. Pintaudi, Il Cairo 2004, passim; S. Bartalucci, La chiesa di San Francesco e le sue vicende artistiche, in La chiesa di S. Francesco a Castelfiorentino, a cura di M.D. Viola, Firenze 2005, pp. 29-112 (in partic. pp. 54, 63, 68 s.); G. Cipriani, Il trionfo della ragione: salute e malattia nella Toscana dell’età moderna, Firenze 2005, pp. 129-150;R. Ragionieri - S. Ristori, M. T., in La memoria di pietra, Castelfiorentino 2013, pp. 25-28; I Schmiedel, Pompa e intelletto: formen der ordnung und inszenierung botanischen wissens im späten Großherzogtum der Medici, Berlin-Boston 2016, passim; The botany of Empire in the long eighteenth century, a cura di Y. Batsaki - S. Burke Cahalan - A. Tchikine, Washington 2016, pp. 19, 104.