ACCURSI, Michele (Michelangelo)
Nacque a Roma nel 1802 da Cesare, oriundo di Bologna; laureatosi in giurisprudenza, fu "curiale" del Tribunale della Segnatura di giustizia. Già iscritto alla Carboneria, dopo il 1830 si andò accostando alle idee del Mazzini, col quale fu in corrispondenza, usando lo pseudonimo di Michele Futuri. Scoppiati i moti insurrezionali del 1831, accorse da Roma nelle Legazioni, divenendo segretario del generale G. Sercognani, e schierandosi con i patrioti che erano fautori di una azione immediata. Fece così parte della colonna di volontari che, aI comando del Sercognani, si spinse attraverso l'Umbria sulla strada di Roma.
Mentre le truppe sostavano a Terni, vi pubblicò, il 14 marzo 1831, un opuscolo dal titolo Declamazione di un libero romano alle provincie unite d'Italia,con una breve dedica al colonnello Ercolano Erculei, già ufficiale napoleonico, originario di Otricoli.
Fallito il movimento rivoluzionario e discioltasi la colonna Sercognani, l'A., fiducioso nelle amnistie concesse dal pontefice e munito di un lasciapassare rilasciatogli dalle autorità pontificie, si accinse a tornare a Roma; ma, all'atto di entrarvi, insieme con R. Petrocchi e V. Emiliani, fu arrestato a ponte Milvio il 7 apr. 1831. Liberato nell'ottobre, il sequestro di lettere compromettenti lo fece arrestare nel novembre. Imputato di "cospirazione" e "sedizione" davanti alla speciale commissione presieduta da monsignor B. Cappelletti, governatore di Roma e direttore generale di polizia, dopo aver fornito indicazioni sui moti recenti, fece intendere che, se restituito a libertà, avrebbe informato il governo pontificio dei progetti mazziniani. Ebbe così inizio un periodo della vita politica dell'A. su cui ancora non è stato portato un chiarimento definitivo. Gregorio XVI, ai primi di marzo del 1833, lo fece liberare dal carcere, e l'A. si trasferì da Roma a Ginevra, indi a Parigi: non si sa bene, se perché sospetto di mantenere ancora legami con la Giovine Italia, o per meglio assolvere il ruolo di informatore. A Parigi, nel 1836, fondò una rivista letteraria e scientifica, L'Italiano.A quell'anno risalgono i sospetti del Mazzini sull'A.: che caddero, non essendosi potuto provare nulla a suo carico. D'altra parte a Roma la fiducia nell'A. rimase ferma fino al 1836, e accennò a diminuire solo quando il Lambruschini successe al Bernetti, nella carica di segretario di Stato.
Dopo l'avvento di papa Pio IX, nell'aprile 1848 l'A. rientrò a Roma, in virtù delle amnistie, e dal ministro O. Fabbri ebbe l'incarico di direttore della polizia. Ma, chiamato al potere Pellegrino Rossi il 16 sett. 1848, questi, che doveva tener l'A. in sospetto per i suoi rapporti col partito mazziniano, lo allontanò dalla carica, inviandolo in missione all'estero con l'incombenza di studiare il sistema penitenziario degli stati europei.
Fuggito Pio IX a Gaeta, l'A. tornò a Roma, ma non riuscì a farsi eleggere deputato nelle elezioni generali per la Costituente del gennaio 1849. In quelle supplementari del 18 febbraio fu invece eletto con larga preferenza, subito dopo Mazzini e insieme con A. Saliceti, E. Cernuschi e F. Dall'Ongaro. Caduta la Repubblica, emigrò in Svizzera e in Francia, dove, nel 1850, era membro del Comitato dell'Associazione nazionale di Parigi.
A Parigi frequentò, fra gli altri, il Blanqui e pure il prefetto di polizia P. M. Pietri: il legame con quest'ultimo fece nascere voci sfavorevoli all'A., sempre difeso da Mazzini.
L'A. morì a Parigi non si sa bene quando; tuttavia, era vivo ancora nel 1872, perché il 29 maggio scriveva ad Adriano Lemmi una lettera sulla morte di Mazzini (in Museo centrale del Risorgimento, Roma, busta 399).
Bibl.: Non esiste uno studio che abbia ben chiarito l'attività dell'A. Oltre E. Ovidi, in Diz. del Risorgimento naz., II, pp. 6-7, e S. Furlani, in Encicl. Cattolica, I, col. 204 si veda C. Rusconi, Memorie aneddottiche per servire alla storia del rinnovamento italiano, Roma 1883, pp. 136-137, 142 e I. Rinieri, Le cospirazioni mazziniane nel carteggio di un transfuga, in Il Risorgimento ital., XVI (1923), pp. 173-212, 439-498, e XXI (1928), pp. 33-71 (che ha utilizzato docc. dell'Arch. segreto Vaticano, Carte Segrete Polizia, Fondo Neri). Si veda anche Ediz. Naz. degli scritti... di G. Mazzini: Epistolario, passim e in particolare I, pp. 109-110 (ma si tenga presente: L. Pásztor, Osservazioni sull'ediz. naz. degli scritti di Mazzini, in Rass. stor. del Risorgimento, XL (1953), pp. 53-68);L. Pásztor-P. Pirri, L'Archivio dei governi provvisori di Bologna e delle provincie unite del 1831, Città del Vaticano 1956, p. 15;F. Della Peruta, I democratici e la rivoluzione italiana, Milano 1958, p. 175 (dove è citata una lettera dell'agosto 1852 dell'A. e L. Pianciani, conservata nelle Carte Pianciani dell'Arch. di Stato di Roma, con un giudizio dell'A, sui rapporti fra Proudhon e Mazzini).