AVVISATI (Avisati), Michele (più spesso padre Michele da Fontanarosa, o padre Fontanarosa)
Nacque a Fontanarosa (Avellino) nel 1608. Entrò giovanissimo nell'Ordine domenicano e compì il noviziato a Napoli, nel convento di S. Domenico Maggiore. Fu uno dei più celebri oratori sacri della sua età ed era ricercatissimo in tutta Italia (anche a Roma, presso il Sacro Collegio), specialmente per predicare la quaresima. Alcune notizie sull'A. compaiono nei Giornali di Napolidal 1660 al 1680 di I. Fuidoro (I, Napoli 1934, pp. 211, 214; II, ibid. 1938, pp. 3, 165), la più importante delle quali si riferisce al quaresimale tenuto nel 1664 nella chiesa di S. Spirito di Palazzo. Nell'Ordine domenicano raggiunse la carica di padre maestro, e il 25 maggio 1670 partecipò in Roma, come definitore del Regno di Sicilia, al capitolo generale, che fu tenuto nel convento di S. Maria sopra Minerva, e all'elezione del padre generale Giovanni Tomaso de Rocaberti. Nel novembre dello stesso anno predicò nella sua chiesa di S. Domenico Maggiore per la beatificazione di Alberto Magno. Morì, forse a Napoli, nel 1689.
Rapidamente attorno all'A. fiorì una ricca leggenda popolare e le tracce della sua reale esistenza, già così tenui, si vennero cancellando del tutto, a tal punto che per lungo tempo il suo nome sarà per antonomasia quello del frate gaudente e mondano. Già il Casti, nella novella XII, intitolata La conversione,lo aveva fatto protagonista di una grassa e lubrica avventura, e il Giovagnoli, in pieno XIX secolo, poteva raccogliere su di lui numerose leggende. Che si tratti poi di leggende, care all'aneddotica popolare e attribuite, anche fuori d'Italia, ad altri celebri predicatori (come il padre André in Francia), lo testimonia la topicità delle loro situazioni.
Dell'imponente opera dell'A. rimangono soltanto trentacinque prediche, con il titolo: Quadragesimale del Padre Maestro Fontanarosa (Napoli, Bibl. Naz., VII. AA.59). Ciascuna predica reca in fronte un motto latino ed inizia di solito con un paragone bizzarro come, per esempio, quello che si stabilisce tra i re Magi, che recano al Bambino oro incenso e mirra, e il predicatore, che reca a Napoli "tributo di cenere" oppure tra una scacchiera e la Chiesa; tra il cane dell'A. e la Carità, tra un ragno e l'empio. Lo stile dell'A. è un campionario di stranezze, di similitudini condotte fino al limite del grottesco, di riflessioni argutissime e insieme goffe e assurde: il tutto non disgiunto, però, da una certa sapienza di costruzione e acutezza d'invenzione. Lo sfoggio di antitesi, di vezzi, di fioriture, l'elaborazione artificiosa dei "concetti predicabili" segnano nella sua prosa, volta più all'effetto che all'edificazione dei fedeli, il trionfo del concettismo. E se il fine dell'A. è la maraviglia, egli sa realizzarlo a tal punto da stupire persino sé stesso, così che non sa tenersi dal prorompere, di volta in volta, in esclamazioni ammirate. Un contemporaneo, F.F. Frugoni, lo definì "Fontana del Pindo Empireo..., Rosa del Gerico sacro" e disse di lui che "non isgorgò zampilli, ma torrenti; non ruscelli, ma fiumi di Vangelica piena, con festivo gorgoglio, con ridondanza affluente" (Del Cane di Diogene. I Quinti Latrati, Venetia 1687, pp. 596 s.). Giudizi tesi evidentemente a sottolineare l'esasperata concentrazione stilistica che s'avverte nell'opera dell'Avvisati.
Fonti e Bibl.: Acta Capitulorum Generalium Ordinis Praedicatorum, VIII, a cura di B. M. Reichert, in Monumenta Ord. Fratrum Praed., Romae 1903, p. 2; J. Quetif-J. Echard, Scriptores Ordinis Praedicatorum, II, Lutetiae Paris. 1721, p. 635; R. Giovagnoli, Leggende romane. Papa Lambertini Benedetto XIV. Padre Fontanarosa Gesuita Domenico Agostiniano, Roma 1887, pp. 91-144; V. Caravelli, Chiacchiere critiche, Firenze 1889, pp. 143-157; B. Croce, Saggi sulla letter. ital. del Seicento, Bari 1911, pp. 181-184; E. Santini, L'eloquenza ital. dal Concilio Tridentino ai nostri giorni, I, Palermo 1923, p. 80; B. Croce, Nuovi saggi sulla letter. ital. del Seicento, Bari 1931, p. 254.