BAFFI, Michele
Nacque a Napoli da Pasquale e da Teresa Caldora il 3 dic. 1796. Il 17 nov. 1813 entrò nell'Archivio di Stato di Napoli come alunno, studiandovi la paleografia e il greco sotto la guida di Angelo Antonio Scotti e seguendo le lezioni di diplomatica tenute all'università da Alessio Aurelio Pelliccia, che più tardi celebrò come suo unico e vero maestro.
Entrato nel 1823 nell'organico dell'archivio, sostenne due anni dopo il concorso alla cattedra di diplomatica presso l'università, senza riuscire. Ritentata la prova nel 1832, ottenne la cattedra, risultando primo su sei concorrenti, e iniziò subito i corsi, senza lasciare l'impiego presso l'archivio. La sua prima opera, Introduzione alla diplomatica riguardante le provincie che ora costituiscono il Regno delle Due Sicilie, Napoli 1836, fu composta con l'intento di fornire ai "giovani studiosi" che seguivano le sue lezioni un succinto manuale di diplomatica: del tutto priva di originalità, essa costituisce lo scritto meno felice del B., assai migliore archivista che diplomatista. L'ordinamento e la classificazione dei documenti d'archivio fu infatti il problema cui egli dedicò le sue energie migliori e l'opera sua maggiore: Al repertorio degli antichi atti governativi introduzione, I, Napoli 1852; II, ibid. 1855. In essa il B., che vedeva, un po' ristrettamente, nella diplomatica "la scienza propria degli archivi" (p. VIII), enunciò (per la prima volta nell'Italia meridionale) l'esigenza di un ordinamento archivistico basato non su astratte distinzioni formali, ma sulla storia delle istituzioni e degli enti da cui gli atti erano emanati: basato cioè su quello che oggi viene definito in archivistica "metodo storico". Non gli riuscì peraltro di condurre innanzi quel Repertorio degli atti governativi da Carlo III al 1805, di cui quest'Introduzione doveva essere soltanto la premessa; e ciò anche perché nell'ottobre del 1860, essendo stato abolito l'insegnamento della diplomatica all'università, dovette lasciare la cattedra, mentre poté conservare l'impiego presso l'Archivio, ove rimase sino al 1870, anno in cui andò in pensione. L'abolizione della cattedra di diplomatica lo amareggiò tanto che, nel 1861, prendendo occasione dalla ripresa dei corsi della stessa materia presso l'archivio, stese alcune Memorie intorno alla diplomatica ed agli archivi, s. l. né d., nelle quali, dopo aver esaltato la tradizione erudita napoletana e ricordato le opere da lui promosse nell'archivio, rivendicò l'importanza della diplomatica, senza la quale "invano si tenta penetrare nella filosofia della storia" (p. 9) e respinse la distinzione fra due diverse discipline erudite, "l'una ispirata, per così dire, da rude astrazione, l'altra dai diplomi, la prima che meritasse stare allogata nelle Università, la seconda negli Archivi" (p. 9), e cioè fra diplomatica e archivistica.
Altri suoi lavori inediti, oggi dispersi, sono citati dal Barone (Notizie..., p. 10); ad essi va aggiunta la Degli archivi napolitani relazione, pubblicata col nome di F. Trinchera nel 1872, ma in realtà opera del B. (Barone, Notizie..., p. 9).
Mori a Napoli nel 1876.
Bibl.: N. Barone, Breve memoria intorno ai Professori di diplomatica e di paleografia nell'Università degli Studii e nel Grande Archivio di Napoli, Valle di Pompei 1888, pp. 10 s.; Id., Notizie intorno alla vita ed alle opere di M. B., in Atti d. Accad. Pontaniana, XLIX (1919), pp. 1-13; E. Casanova, Archivistica, Siena 1928, pp. 407, 470.