BARATTA, Michele
Figlio di Matteo, nacque a Castrovillari nella prima metà del sec. XVI; era prete regolare della diocesi di Mantova, allorché, nel giugno del 1581, venne imprigionato nelle locali carceri vescovili per aver detto che "il figliuolo in divinis era minor del padre quanto alla divinità" e per aver mostrato "haver desiderio della vittoria degli Ugonotti contro i Catholici et che haveva appresso di se alcuni libri scritti a mano sospetti d'heresia".
Nel corso del processo non nascose le sue idee, assai simili a quelle esposte da Celio Secondo Curione nel De Amplitudine Beati Regni Dei, e con vigore disse di credere "che nel giorno del giudizio della generation humana sarà maggior il numero dei salvati che dei dannati".
Avendo però abiurato per salvare la vita, venne condannato, "inter alias penitentias sibi impositas ab officio sancte Inquisitionis", a far "elemosina ad alcuni luoghi pii in quella quantità e modo che da noi ti sarà imposto. Que elemosina fuit reducta ad summam quinquaginta aureorum, quorum viginti quinque fuerunt consignati M. Ill. d. Aurelio Zibramonti, pro parte serenissimi Domini, et habetur Corum receptio in officio predicto".
Morì a Mantova intorno all'anno 1590.
Fonti e Bibl.: Dublino, Trinity College Library, ms. 1226, III, Sentences and abjurations chiefly for the years 1581-82; Arch. di Stato di Mantova, Nota s. d. (ma 1581) contenuta nella busta 3279 dell'Arch. Gonzaga, Serie P. Culto; D. Cantimori, Atteggiamenti della vita culturale italiand nel sec. XVI di fronte alla Riforma, in Riv. stor. ital., LIII (1936), p. 67.