BARBI, Michele
Nacque a Taviano (frazione di Sambuca Pistoiese) il 19 febbr. 1867, dodicesimo figlio di Francesco, possidente del luogo, e di Caterina Borri. Compì gli studi secondari al liceo Forteguerri di Pistoia, ove Giovanni Procacci Ja avviò ai buoni studi e ne intuì le capacità. Entrato alla Scuola normale superiore di Pisa, si laureò in quella università nel 1889, con Alessandro D'Ancona. Nei ruoli delle scuole medie dal 10 ott. 1889, conseguì in quello stesso anno una borsa di perfezionamento presso l'Istituto di studi superiori in Firenze. Dal 10 febbr. 1893 nei ruoli delle biblioteche, fu sottobibliotecario alla Biblioteca Mediceo Laurenziana e dal 16 genn. 1894 bibliotecario e poi (1895) conservatore dei manoscritti alla Biblioteca Nazionale di Firenze. Nel 1896 professore incaricato di storia della letteratura italiana nell'università di Pisa, fu dal 10 genn. 1901 professore di letteratura italiana nell'università di Messina e dal 10 ott. 1912 comandato, sino al 1922, presso l'Accademia della Crusca in Firenze. Ordinario di letteratura italiana all'Istituto superiore di Magistero in Firenze dal 16 dic. 1923, fu nominato professore emerito di quella università dal 29 ott. 1937, data del suo cofiocamento a riposo. Morì a Firenze il 23 sett. 1941.
Numerose cariche accademiche, onorificenze e vari premi sancirono mano a mano l'importanza che l'opera filologica e critica del B. veniva assumendo nella nuova cultura letteraria italiana. Ricordiamo i riconoscimenti più significativi: segretario (1894) e più tardi vice presidente (1936) della Società Dantesca Italiana; accademico corrispondente (1909) dell'Accademia della Crusca; dal 1923 membro della Giunta esecutiva per i testi italiani; dal 1928 accademico su designazione delle Facoltà di lettere e filosofia; premio reale per la filologia dell'Accademia dei Lincei (1914); premio Salvatore Besso della Casa di Dante in Roma (1921); Socio corrispondente (1921) e poi socio nazionale (1928) dell'Accademia dei Lincei; prenuio Mussolini per le lettere (1935) dell'Accademia d'Italia; senatore del Regno (1939) e medaglia d'oro dei benemeriti dell'educazione nazionale (1941).Avviato da Alessandro D'Ancona agli studi danteschi (la tesi pisana su La fortuna di Dante nel sec. XVI,pubblicata a Pisa nel 1890, rende pur oggi utili servigi), il B. (ancora perfezionando) fu subito chiamato dai suoi maestri fiorentini, Bartoli e Rajna, a collaborare con la Società Dantesca testé fondata. Incaricato di stendere un organico piano di lavoro per la progettata edizione critica di tutte le opere di Dante e di redigere una bibliografia dantesca ragionata pel Bullettino della Società, a Soli 24 anni (nel 1891 e non nel 1896 come fu scritto) ebbe assegnato il compito dell'edizione critica della Vita Nuova e delle Rime,ottenendo di essere per tale lavoro dapprima dispensato dall'insegnamento e poi trasferito nei ruoli delle Biblioteche. Di quell'anno è l'opuscolo Per il testo della Divina Commedia (Roma 1891) in cui, rendendo conto di studi altrui, egli già prendeva una posizione autonoma nell'intricato problema, andando oltre l'insegnamento dei suoi maestri; di quegli anni le ricerche sui manoscritti del poema, che portarono alla meditata scelta di 400 punti discriminanti (il cosiddetto "canone") che avrebbe potuto consentire alla Società, con la collaborazione dei volenterosi, un primo razionale inquadramento e sfoltimento della vastissima tradizione. Nel 1893 il B. venne nominato direttore del Bullettino;egli divenne da allora, in un certo senso, il moderatore della critica dantesca in Italia e all'estero. Gli articoli composti pel Bullettino e, a partire dal 1920, per gli Studi Danteschi il B. raccolse (insieme a un saggio Sullefonti della vita di S. Francesco) in due volumi di Problemi di critica dantesca (i s.,1893-1918, Firenze 1934; 2 s., 1920-1937, ibid. 1941), che restano ancor oggi indispensabili strumenti di lavoro per lo specialista, e in cui il lettore assiste al progressivo passaggio da interessi esterni (di storia e biografia materiale) a un quadro esegetico più vasto, a una storicizzazione globale del pensiero e dell'arte dantesca. In essi il B. lumeggia punti oscuri della biografia del poeta, questioni controverse di storia fiorentina; studia la cronologia delle opere dantesche, ne chiarisce, aiutato da vivissimo senso della lingua, l'interpretazione; tende infine ad una definizione del pensiero filosofico dell'Alighieri, colto entro la cultura e la civiltà medievale, in un'opera, insomma, di ricostruzione totale e filologica che si può compendiare nell'assunto paradigmatico: "Ciò che è fuori della coscienza del poeta a noi non può importare" (Studi Danteschi, XXIII[19381, p. 48). Un terzo volume, dedicato tutto ai Problemi fondamentali per un nuovo commento della Divina Commedia,uscito postumo nel 1955, comprende, assieme a un importante inedito, articoli composti fra il 1937 e il 1941; e segna un certo qual spostamento dell'ermeneutica barbiana (ner'ambito della pur vivacissima polemica col Pietrobono attorno al genuino carattere dell'opera dantesca) verso le posizioni del suo contraddittore, un tempo non condivise e non sempre accettabili. Ad esso è da aggiungere il volume complessivo su Dante. Vita Opere Fortuna (Firenze 1933, più volte ristampato) e l'altra raccolta Con Dante e coi suoi interpreti (Firenze 1941) che offre una nutrita serie di chiose puntuali. Già i titoli prescelti accennano al carattere squisitamente problematico di quella critica; sicché, licenziando nel 1937 il volume XX dei suoi Studi Danteschi,fondati nel 1920 e diretti fino alla morte, il B. poteva scrivere senza iattanza: "Mio bisogno è solo quello di chiarir problemi, via via che si presentano al mio spirito, e chiarirli per me, non per fame mostra agli altri: quando un preciso dovere non voglia diversamente, chiarito che abbia un problema, non ho che il desiderio di passare a un altro, senza perder tempo a render conto di quel che mi pare d'aver accertato, e senza stare a ribattere le opinioni altrui..." (op. cit., pp.135 s.). I frutti del suo lavoro decennale di editore il B. consegnò nella magistrale edizione critica della Vita Nuova (Firenze 1907; 2 ediz. immutata nell'apparato ma ampliata nel commento, ibid. 1932) modello - con quella del De Vulgari Eloquentia curata dal Rajna nel 1896 - alle future generazioni di filologi; e nel volume di Studi sul Canzoniere di Dante (Firenze 1915), preparatorio all'edizione delle Rime,ove nell'esplorare la trasmissione del canzoniere dantesco egli venne insieme disegnando la storia della tradizione dell'antica lirica italiana: sicché ulteriori edizioni di nostri lirici, come quelle del Cavalcanti o di Cino, han trovato, si può ben dire, la strada magistralmente aperta e segnata.
La sua tenace volontà di concretezza, unita ad una rara capacità organizzativa, egli esplicò, lasciata nel 1906 nelle mani del suo più che sodale E. G. Parodi la direzione del Bullettino,quale direttore e coordinatore dei lavori per l'edizione nazionale delle opere di Dante; e solo a quella tenacia e allo spirito di sacrificio dei suoi collaboratori è dovuto il volume complessivo, approntato fra difficoltà d'ogni genere durante la prima guerra mondiale e uscito nel 1921, che offriva per la prima volta, sotto gli auspici della Società Dantesca Italiana, un testo veramente "critico" di tutte le opere dell'Alighieri (ristampato in 2 ediz., Firenze 1960). Capacità organizzativa, unita a una vasta preparazione remota, che portò il B. alla direzione di altre importanti imprese scientifiche; del 1927 è il piano per l'edizione nazionale delle opere di Ugo Foscolo; di quell'anno e dei successivi sono gli studi sul testo dei nostri maggiori, dal Boccaccio al Sacchetti al Guicciardini al Foscolo al Manzoni, poi raccolti e ripubblicati nel volume La nuova filologia e l'edizione dei nostri scrittori da Dante al Manzoni (Firenze 1938); del 1934 è il piano per una nuova edizione commentata dell'Alighieri, in 12 VOIUMI, che affiancasse e quasi completasse l'attesa edizione critica maggiore della Società Dantesca. Tale allargamento - talora ripresa - di ricerche e temi era dovuto in gran parte all'incarico di direttore della Giunta esecutiva pei testi italiani dell'Accademia della Crusca; il B., a suo dire, non conosceva modo migliore per dirigere l'opera altrui che vedere preliminarmente con occhi propri ("Ogni ufficio porta i suoi doveri, e studiare direttamente i problemi è il solo modo cll'io conosca per poter dirigere e invigilare l'opera altrui": da una relazione inedita del 1935); e da queste sue indagini personali, avviate del resto fin dal lontano 1915 (cfr. Fra testi e chiose,in Rassegna bibliografica della lett. italiana, XXII[1915], pp. 216-42), e di cui un saggio aveva dato nell'articolo Come si pubblicano i nostri classici,in Pègaso, III (1931), pp. 603-608, uscirono spesso rinnovate ab imis prospettive critiche e problemi d'edizione: basti pensare al capovolgimento di giudizio sul codice Mannelli; alla messe di felicissime correzioni testuali; alla valutazione delle varianti d'autore, pel testo del Decameron;alla vigorosa e magistrale eliminatio,pel testo del Trecentonovelle;al riordinamento delle serie dei Ricordi guicciardiniani; alla tecnica stratigrafica di ricostruzione (foglio per foglio di stampa) della volontà ultima del Manzoni, a proposito dei testo dei Promessi Sposi:sviluppo, dopo quarant'anni, di una felice intuizione critica avuta nel 1891. Continuo arricchimento insomma, sul terreno dell'esperienza e poi sul piano metodologico, di quell'arte difficile ch'è pubblicare gli antichi testi; e che permetteva al B., nel suo temperato e affinato lachmannismo, di opporsi con forza (cfr. La nuova filologia, pp. XVI-XXIV)allo scetticismo aprioristico in quegli anni caldeggiato dal Bédier, o alle nuove tecniche proposte per l'ecdotica da Dom H. Quentin. Nel far questo egli ritornava idealmente al precetto appreso in età giovanile alla scuola del Rajna, e più volte rammentato, non esservi una ricetta valida a priori, una tecnica unitaria d'edizione, sibbene - poiché ogni testo ha il suo problema - tanti problemi quanti sono i testi studiati.
Ma un altro argomento lo vide conoscitore e raccoglitore principe, attraendo fin dagli anni giovanili la sua attenzione di studioso post-romantico e positivista, per poi diventare anch'esso materia di "nuova filologia": cioè lo studio della poesia popolare, cui il B. si diede fin dal 1887, iniziando la monumentale raccolta di canti popolari in 10 volurai, legata poi cinquant'anni dopo per testamento, con i suoi libri e le sue carte, alla Scuola normale pisana, ove quegli interessi, dietro l'appassionato stimolo del D'Ancona, eran dapprima sbocciati. Anche in questo campo, accanto all'organico lavoro di recensione, le intuizioni e precisazioni di metodo: come la partizione fondamentale della penisola italiana in due zone, quella settentrionale della canzone epico lirica, quella meridionale dello strambotto; la affermazione della necessità di ricercare quante più redazioni possibili di ogni canto, per studiame, attraverso le trasformazioni di sulla bocca dei parlanti, la diffusione, e risalire insieme comparativamente alla fonte prima; il problema della contaminazione dei canti popolari e delle loro melodie. Studi che volle raccogliere, sul finir della vita, in un aureo libretto (Poesia popolare italiana. Studi e proposte,Firenze 1939), che resta tutt'oggi, pur dopo che l'opera del B. è stata proseguita da studiosi autorevoli da lui stesso designati, quali V. Santoli e P. Toschi, uno dei migliori avviamenti alla materia.
Agli studi manzoniani e a Dante dedicò gli ultimi anni della sua vita operosa. Il Centro di studi manzoniani e la rivista Annali Manzoniani lo ebbero quale fondatore e prezioso collaboratore: oltre la morte, se gli ultimi suoi scritti son stati pubblicati, in collaborazione con F. Ghisalberti, nel 196 1. Nell'ultimo giorno della sua vita, a darle l'ultimo sigillo d'un argomento fra i più cari, volle correggere le bozze d'un articolo dantesco, l'inedito stampato nel postumo volume di Problemi.
Parco nella vita e nel tratto, ma generoso con amici e scolari, schivo d'onori e consensi come alieno da polemiche (anche se restano memorabili le sue schermaglie, tese tutte all'accertamento del vero, col Croce e col Pietrobono), se era stato amico di grandi come Carducci e Pascoli, volle e seppe, da vecchio, circondarsi di amici fedeli e di giovani, che ne proseguissero e completassero l'opera nei molteplici settori della sua attività: U. Cosmo per gli studi francescani, F. Maggini e V. Pernicone per quelli danteschi, A. Chiari pel Decameron e per il Sacchetti, P. Carli pel Foscolo, F. Ghisalberti pel Manzoni: e nei lavori e nei risultati di questi studiosi, che più direttamente si riannodarono al suo magistero, appare chiaro anche oggi l'influsso fecondo della sua personahtà, della sua diuturna operosità, del suo fruttuoso insegnamento; sì che il B., accanto a V. Rossi e (per la romanistica) a V. Crescini, resta una delle figure più rappresentative della generazione formata alla scuola dei grandi maestri del metodo storico, che seppe aprire vie nuove agli. studi filologici, e indicare alle future generazioni la strada da percorrere: nella serena consapevolezza - per citare parole del B. che sono il compendio d'una prassi e d'una vita - che "a tela ordita Dio manda il filo" (La nuova filologia, p. XLI).
Opere: L'esistenza d'una bibliografia aggiornata al 1941 (v. più sotto) ci dispensa da ulteriori indicazioni bibliografiche. Alle opere ricordate nel testo aggiungiamo però, in ordine cronologico, quanto è uscito postumo: I "Promessi Sposi" e la critica,in Annali Manzoniani, III (1942), pp.31-231; Il Manzoni nel carteggio Trivulzio-Betti, ibid., pp.313-321; A. Manzoni, I Promessi Sposi e Storia della Colonna infame,a cura di M. B. e F. Ghisalberti, Firenze 1942; Il "già sì fiero Alessandro" e la crisi del 1817, in Annali Manzoniani, IV (1943), pp. 5-12; Proposta di correzioni a tre recenti commenti dei "Promessi Sposi"'ibid., pp. 127-174; Ancora per il carteggio manzoniano, ibid., pp.185-203; Manzoni e Arese, ibid.,pp. 249-250; Aggiunta alla Nota sui Sermoni, ibid.,pp. 205 s.; A. Manzoni, Opere varie,a cura di M. B. e F. Ghisalberti, Milano-Firenze 1943; Criteri per un nuovo commento dei "Promessi Sposi",in Annali Manzoniani, V (1949), pp. 21-40; "E comple?", ibid.,p. 397; A. Manzoni, Scritti non compiuti, poesie giovanili e sparse...,a cura di M. B. e F. Ghisalberti, Milano 1950; Problemi fondamentali per un nuovo commento della Divina Commedia,Firenze 1955; D. Alighieri, Rime della "Vita Nuova" e della giovinezza,a cura di M. B. e F. Maggini, Firenze 1956; D. Alighieri, Le opere di Dante,testo critico della Società Dantesca Italiana, a cura di M. Barbi.- 2 ediz., Firenze 1960; Note postume sui "Promessi Sposi", in Rendic. dell'Ist. lombardo di scienze e lettere,Classe di lettere, XCV (1961), pp. 401-418.
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