BARILLARI, Michele
Nato a Reggio di Calabria il 25 ott. 1872 da Bruno e da Mariangela Borruto, si trasferì a Messina ove, dopo aver pubblicato alcuni studi (La satira latina, Messina 1890, e Studi critici, Siena 1895), si laureò in giurisprudenza. Tornato nella città natale, vi esercitò l'avvocatura e collaborò ad alcuni giornali locali, Calabria e Ferruccio, che diresse fra il 1899 e il 1900. Si rivolse quindi alla filosofia del diritto con il saggio Dell'influenza della filosofia del diritto nella interpretazione della legge, Reggio Calabria 1903, conseguendo la libera docenza in questa materia a Napoli nel 1904 (confermata a Parma nel 1905). Nel 1905 gli fu affidato a Napoli il corso pareggiato di filosofia del diritto.
Candidato nel 1905 nelle elezioni amministrative a Reggio di Calabria per la lista democratica e nel 1913 alle politiche nel collegio di Serra San Bruno per il Partito radicale, non fueletto. Nel 1914 uscì ternato nel concorso bandito dall'università di Parma e l'anno successivo fu chiamato dall'università di Cagliari a insegnarvi filosofia del diritto; passò quindi alle università di Messina (1918), Catania (1924), Bari (1925), dove ebbe anche l'incarico di diritto costituzionale, fu preside della facoltà di giurisprudenza nel 1926 e rettore dal 1935 al 1937; da quest'anno ricoprì la cattedra di diritto costituzionale, insegnando per incarico filosofia del diritto. In questo periodo, oltre ad essere presidente della Società calabrese di storia patria, fu sociodi varie accademie e commissario straordinario dell'Istituto superiore di scienze economiche e commerciali.
Collocato a riposo nel 1942, insegnò all'Istituto superiore pareggiato di magistero di Salerno (si vedano le sue Lezioni di storia della filosofia, Salerno 1946). Nelle elezioni per l'Assemblea costituente si candidò per il Partito repubblicano italiano, ma non fu eletto. Nel 1958 ricevette la medaglia d'oro per i benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte.
Ritiratosi a Torre del Greco, il B. vi morì il 23 apr. 1965.
Sulla direttiva della giustificazione della filosofia del diritto, il pensiero del B. affronta varie tematiche: la funzione teorica e pratica della filosofia giuridica, l'idea di Stato, approfondimenti relativi ad alcune figure di pensatori.
La filosofia giuridica, sostiene il B., illumina il legislatore e gli altri operatori giuridici sul rapporto fra leggi e vita, tocca la totalità del fenomeno giuridico, scopre il fine ultimo del diritto e valuta quello vigente (Il compitodella filosofia del diritto nella riforma del diritto privato, in Rivista giuridica e sociale, III [1907], n. 7, p. 6 dell'estratto). Circa il ruolo della conoscenza sociologica, il B. sottolinea l'influenza delle scienze su di essa e sui sistemi filosofici, che rappresentano così il contesto in cui sono prodotti. La filosofia del diritto, quindi, parte dall'osservazione dei fatti, scopre il nesso dei fenomeni, l'uniforme e il costante nel difforme ed accidentale degli stessi (Le nuove esigenze della filosofia del diritto, in Rivista di filosofia e scienze affini, VIII [1906], p. 8 dell'estratto). Il tema del rapporto fra diritto e conoscenza occupa la parte più significativa della sua opera più ampia, Diritto e filosofia (I-II, Napoli 1910-1912). Il fondamento del diritto, più che in una creazione aprioristica della mente ("archetipo assoluto"), risiede in un fatto, soggetto alle leggi della causalità e della relatività, che costituisce il "diritto naturale" ("ideale" o "giustizia potenziale"), "creatore, giudice e vindice" del diritto positivo (ibid., p. 18).
In polemica con il positivismo giuridico, il B. affronta il problema della funzione della filosofia del diritto rilevando che anche giuristi come Vadalà Papale o Santi Romano) pur scettici nei confronti di questa disciplina, finiscono per dimostrarne implicitamente l'imprescindibilità (Considerazioni sulla dottrina dell'ordinamento giuridico, in Scritti giuridici in onore di Santi Romano, I, Padova 1939, p. 67). L'unicità del fondamento, pur mantenendoli distinti, pone etica e diritto l'uno subordinato all'altra (Le nuove esigenze della filosofia del diritto, p. 8). Funzioni pratiche della filosofia del diritto sono: esplicitare le esigenze sociali, collegare principi e fini, collaborare all'evoluzione delle strutture sociali, assecondare la tendenza del diritto verso la socialità e cooperare allo sviluppo di "energie razionali" operanti nella storia (ibid., pp. 10-11). Il diritto si connette all'attività etica in quanto i suoi giudizi di valore sono superiori agli altri fatti della vita dello spirito (Il diritto nella vita dello spirito, in Atti del III congresso nazionale di filosofia del diritto, Milano 1958, pp. 36-42). L'attività giuridica si presenta come manifestazione morale in quanto dipende dalla coscienza, fino a costituire un fattore di riconoscimento della persona come essere razionale: il valore della personalità si fonda sulla libertà della coscienza dai condizionamenti esterni; inoltre, poiché la coscienza nasce solo dopo un alto grado di sviluppo della riflessione, ne deriva che la morale può essere anteriore alla coscienza e quindi avere una sua oggettività. In sintesi, tendendo a liberare la filosofia del diritto dal positivismo, dal sociologismo, dallo storicismo obbiettivistico e generalizzante, per ricondurla ai principi metafisici, e a ricondurre il diritto naturale al diritto ideale, il B. ribadiva che problema cardine della filosofia giuridica era la riformulazione dell'idea di diritto naturale, che deve fondarsi sulle categorie a priori dello spirito per raggiungere l'autonomia delle categorie etica e giuridica.
Sono da ricordare anche gli studi dedicati dal B. alla dottrina dello Stato, in cui egli parte dal concetto di "persona giuridica", per la comprensione del quale rivendica un ruolo primario alla filosofia del diritto. La filosofia ricerca infatti perché e come azioni e istituzioni puramente naturali si sollevino gradualmente alla sfera della giuridicità, tenendo presente che l'uomo è sospinto dalla forza creatrice del proprio spirito a formarsi una realtà giuridica distinta da quella naturale. Tale impostazione del concetto di persona giuridica introduce direttamente all'idea di Stato. Fondamento dello Stato è la volontà, ed è stato merito di Rousseau - riconosce il B. - l'aver posto tale fondamento, anche se in lui la volontà viene vista sotto una dimensione soggettiva e unilaterale. Merito di Hobbes e di Locke è stato, invece, l'aver concepito lo Stato come persona unitaria reale, la cui volontà (come spiegherà poi Hegel) si dispiega gradualmente attraverso la famiglia e la società civile costituita dalle corporazioni e dalle fondazioni fino allo Stato stesso (Sul concetto della persona giuridica. Contributo alla teoria filosofica della persona giuridica, Roma 1910; altri studi sull'argomento: La validità dello Stato, in Studi filosofico-giuridici dedicati a G. Del Vecchio nel XXV anno di insegnamento, Modena 1930, pp. 9-11; La validità dello Stato corporativo, in Archivio di studi corporativi, I [1930], n. 3, pp. 1-12; L'idealismo e lo Stato, Bari 1931; Corporazione e Stato nella filosofia del diritto, in Diritto del lavoro, X [1932], nn. 1-2, pp. 1-16; Stato e religione nel pensiero di F. Fiorentino, in Onoranze a F. Fiorentino nel cinquantenario della sua morte, Napoli 1935, pp. 1-10).
Si segnalano infine gli studi su G. B. Vico (Per l'interpretazione vichiana della storia. I principii eterni dei feudi, in Studi periodici di filosofia del diritto e dello Stato, I [1924], pp. 19-37); su Leibniz (La dottrina dello Stato di G. F. Leibniz, in Atti della R. Accademia di scienze morali e politiche di Napoli, XLIII [1913], n. 2, pp. 3-186); su Kant (Rilettura della "Rechtslehre" kantiana, in Rivista internazionale di filosofia del diritto, XXXVI [1959], pp. 125-150); e su Rosmini (Ilprincipio del diritto di Antonio Rosmini, Torino 1924; Santità del Rosmini, in Il Giornale [Napoli], 11 genn. 1955).
Fonti e Bibl.: B. Croce, Conversazioni critiche, Bari 1924, pp. 240-242; D. A. Cardone, I filosofi calabresi nella storia della filosofia, Palmi 1929, passim; A. Attisani, Studi sulloStato. Note critiche, in Ricerche filosofiche, II (1933), nn. 2-3, pp. 4-5; NovissimoDigesto italiano, II, Torino 1958, p. 275; Appunti biblio-autobiografici, in Brutium, XLIV (1965), n.2, pp. 2-3; R. Orecchia, M. B. (1872-1965). Necrologio, in Rivista internazionale di filosofia del diritto, XLII (1965), pp. 755-757; D. Condorelli, M.B. (Commemorazione), in Atti del I congresso delle società filosofiche del Mezzogiorno d'Italia, Roma 1966, pp. 63-75; R. Orecchia, La filosofia del diritto nelle scuole italiane, 1900-1965, Milano 1967, pp. 16-19; L. Aliquò Lenzi-F. Aliquò Taverriti, Gliscrittori calabresi. Dizionario bibliografico, Reggio Calabria 1972, pp. 102-107; R. Orecchia, Maestri italiani di filosofia del diritto del secolo XX, Roma 1978, pp. 10-12; Enciclopedia filosofica, I, Roma 1979, col. 738 (a cura di E. Di Carlo).