CAPPELLARI, Michele
Nacque a Belluno, il 28 genn. 1630, da Giovanni Antonio e da una Livia, in una famiglia già allora d'un certo prestigio - "onesti e civili parenti" dirà il necrologio dedicato al C. dal Giorn.de' letter. d'Italia - che, con Mauro Cappellari della Colomba, darà, nel sec. XIX, un papa, Gregorio XVI, alla Chiesa. Nella città natale il C. iniziò gli studi con esiti brillanti, facilitato com'era da una notevole memoria e da una precoce vena di versificatore; ascritto inoltre tra i chierici, si accontentò di ricevere i primi ordini sacri, evitando di conseguire i maggiori, preferendo rimanere, come s'usava dire, "abate".
Grazie ad un sussidio contemplato da un legato del defunto vescovo Lollino, il C. poté quindi recarsi a Padova, per perfezionare, presso quello Studio, la sua preparazione. Un autorevole patrizio veneziano, Pietro Basadonna, cui erano piaciuti dei suoi versi latini, desiderò conoscerlo; e, apprezzato il suo vivace ingegno e le sue servizievoli disposizioni, lo volle presso di sé. Il C. accettò di buon grado e si trasferì a Venezia; quindi - divenuto il Basadonna rappresentante della Repubblica presso Alessandro VII - lo seguì a Roma, ove ottenne vari benefici semplici, tra i quali, nel giugno del 1661, il decanato nel capitolo della cattedrale bellunese, al quale tuttavia rinunciò perché eccessivamente gravato di decime, e pensioni. Rientrato, alla fine del 1663, col Basadonna a Venezia, è di nuovo - dopo la nomina di questo a cardinale - a Roma nel 1673.
Qui, riflesso di quello accresciuto del protettore, aumenta il credito del C., al punto che gli viene offerto il vescovato di Feltre ch'egli peraltro, speranzoso in ancor più consistenti vantaggi, rifiuta. Ma la scomparsa del Basadonna e di Clemente X che l'aveva in simpatia, l'indifferenza nei suoi riguardi di Innocenzo XI e di Innocenzo XII delusero le sue ambizioni; e troppo breve fu il pontificato del veneto Alessandro VIII, perché il C. potesse approfittarne.
Morto nel 1682 Ottavio Ferrari, il C. venne sollecitato ad occuparne la cattedra padovana; ma egli preferì impiegarsi, come segretario per le lettere latine ai principi e con l'impegno, inoltre, di celebrarla in versi, presso la regina Cristina di Svezia, della cui dimora era da tempo frequentatore figurando, in un catalogo del 24 luglio 1674, nell'elenco "de gli accademici reali" ivi soliti riunirsi. Morta nel 1689 Cristina, rimaneva al C. una pensione annua vincolata alla composizione d'un poema, in suo onore, per la stampa del quale la regina aveva previdente, stanziata una somma a parte. Non c'era comunque più motivo pel C., ormai avanti con gli anni e privo d'ulteriori possibilità di carriera, di prolungare la permanenza a Roma; né bastava a giustificarla la piacevole frequentazione - col nome di Olenio Liceate - delle adunanze arcadiche. Di qui il passaggio, nel 1691, a Venezia dove, a detta del necrologio del Giornale de' letterati..., non c'era "senatore o persona di conto cui non fosse cara la sua persona ed in pregio". E da Venezia il C. si spostava per lunghi soggiorni a Padova e per frequenti puntate a Belluno e a Barbarano ove, dato che, dal 1674, era titolare dell'arcipretura, già s'era fermato, per qualche tempo, nel 1677. Attorno al 1713 preferì infine fissare la sua dimora nella villa che aveva in un suo podere a Col del Vin, ridente località nei pressi di Belluno.
Qui, confortato dalla stima del vescovo Bembo e dall'ammirazione degli eruditi locali, il C. trascorse placidamente gli ultimi anni dedicati alle letture predilette (i classici greci e latini e, tra gli italiani, il Tasso) e allietati dalle affettuose visite di due dotti canonici, Scipione Orzesio e Giovanni Persicini, coi quali amava scambiare scherzosi epigrammi. Morì il 17 febbraio 1717 e venne sepolto nella chiesetta, dedicata a S. Michele, che s'era fatto, a tale scopo, edificare.
Uomo di "piccola statura ... di complessione robusta, di faccia rotonda e fronte aperta ma giusta, guasta in parte dal vaiolo ... di ingegno lucido ed acuto" - tale parve ai contemporanei - era inoltre di natura affabile, amante della compagnia e della buona tavola. Quanto alla sua condizione di "abate", si tratta d'una scelta di comodo, non certo di un impegno. Sintomatica una sua lettera, del 1682, al Persico a proposito d'un componimento, uscito a Roma sei anni prima, contro di lui. Non trova di meglio, per difendere la sua reputazione, che vantare di non aver fatto, in fin dei conti, male a nessuno: "ne è poca consolazione - commentava - non essere, in 52 anni che mi corrono, passato una sola volta sotto la censura di alcun magistrato ecclesiastico o secolare e l'aver scorsi 30 anni continui nelle prime città d'Italia sotto l'occhio dei più cospicui soggetti delle medesime senza demeritarne il compatimento". Ma in realtà non sono le accuse mossegli sul piano morale dall'ignoto denigratore - s'era celato sotto falso nome - a sdegnarlo. Avendo i potenti dalla sua, si sentiva sicuro e poteva indulgere sui propri "costumi", che avrebbe peraltro voluti "più gastigati di quello che mi abbia permesso l'umanità e il mio composto non freddo". Ben più gli bruciava "la miserabil critica" d'un errore, che nega recisamente, in fatto di metrica latina. Reazione spropositata, spiegabile tuttavia se si considera che il C. - definito dalla Galleria di Minerva quale "uno de' più accreditati poeti latini che vivano" - proprio al prestigio di versificatore latino doveva le tappe ascensionali della sua integrazione sociale: dal favore del Basadonna a quello degli ambienti curiali via via sino alla protezione di Cristina di Svezia. Tutto il suo impegno consisteva infatti nell'adattare alle molteplici occasioni una ispirazione congenitamente gregaria, di cui la sicura padronanza del latino era duttile strumento. Né l'aveva conseguita senza fatica: in una lettera, del 19 maggio 1678, all'amico Persico si dilunga sull'applicazione quotidiana alla quale si sottoponeva a Roma - sotto la guida di Simone Porzio (un allievo dell'Allacci) e di suo figlio - "nella poesia latina" non trascurando inoltre la lettura dei classici greci in originale.
A parte qualche sporadica apparizione in italiano - la recita d'una orazione, composta non da lui ma da Andrea Chiavenna, in onore d'un rettore, e l'esaltazione d'un altro rettore identificato, dato "l'abisso luminoso" delle sue "virtù", col sole - l'opera del C. compare tutta in veste latina. Ed è tutta occasionale: canta la "foecunda voluptas" offerta dall'ombroso giardino del Persico nel Iosephi Persici... secessus urbanus... (Patavii s.d., ma 1650, ristampato nel 1670), di cui poi piange l'Arboris excidium... (Patavii 1657); col carme Doctorii tragoedia (pubblicato nell'edizione padovana, del 1657, dell'opera) elogia l'Aristodemo di Carlo de' Dottori, di cui era - come attesterà nel 1681 G. G. Gracimanni - "vero e parziale amico"; l'impressione del "formidatum robur", d'una statua dell'Ammannati eretta nel cortile dell'attuale palazzo Vanezze di Padova gli ispira l'Herculis ... carmen (Patavii 1657), mentre alla suggestione d'altre due statue si devono il Ganymedis raptus ... (Bononiae 1663) e il Ledae cum cycno... simulacrum... (s.n.t.; probabilmente 1663); si rivolge Ad Alexandrum VII…(Romae 1661) e Clementi Nono... (s.n.t.; probabilmente 1667); col carme Martia Druso (Romae 1662) raffigura una donna rattristata perché il marito le preferisce la guerra; in una serie di composizioni, comparse tra il 1665 e il 1688, esorta e plaude alla lotta antiturca, ora ravvisando una coincidenza tra l'apparire d'una cometa e la rincrudita aggressività ottomana, ora eccitando Venezia in Turcorum tyrannum e sollecitandone l'alleanza coll'Impero e la Polonia, esaltando infine il valoroso Francesco Morosini. Non gli sfuggono, ovviamente, le nozze dei grandi: compone così un epitalamio In nuptiis, tanto delle prime che delle seconde, Leopoldi primi…(Venetiis 1666 e 1677) - che lo ricompensa col titolo di cavaliere aurato e barone - e principum Stanislai Lubomirski et Isabellae Portuae (Venetiis 1667). Né è mai a corto di argomenti: rievoca il Naufragium felix. Druso Lausae Britanno carmen (Venetiis 1668); si rivolge Manibus Catherini Cornelii ducis... (Venetias 1670); esprime un Votum (Venetiis 1670) di vita ritirata e, consapevole, nella Suorum carminum... vindicatio... (Venetiis 1671), del proprio valore, vuol essere, secondo la Sibi de se. Paraenesis (Romae 1676), poeta edificante; celebra la dottrina e successivamente piange la morte di Elena Lucrezia Corner Piscopia; accompagna il dono di due gondole al re di Francia con Ad Ludovicum XIV… cymbae venetae (s.n.t.); nelle Antenoris vindiciae (Patavii 1706) celebra il mitico fondatore di Padova, contrapponendo la pacifica origine della città a quella sanguinosa di Roma; condanna la sete di sangue che spinge "ad pugnas... necesque" nel carme "satirico" Inhumani generis feritatem... (s.n.t.); riesuma, coi De inclyta Venetorum urbe epigrammata quinque, l'ormai vecchio e trito paragone tra Roma e Venezia, "regina profundi", di cui egli esalta la vocazione alla pace; rifiuta seccamente, nell'AdRufum... nostros ab aula recessus improbantem meque iterum eodem ludo includere satagentem apologia (Patavii s.d.), l'invito a tornare a Roma.
Produzione, questa sopra ricordata, ristampata in buona parte nei due volumi - il primo (Patavii 1697) di 10 libri d'epigrammi, il secondo (Venetiis 1702) di 6 libri di composizioni meno brevi - Poematum, con i quali il C. intende offrire il proprio compiuto profilo di lirico latino. Risulta padrone d'una doviziosa tastiera linguistica, abile rimanipolatore d'un repertorio d'immagini più o meno direttamente desunto dalla letteratura classica; ma la vena è gracile, l'ispirazione di corto respiro. I momenti migliori sono quelli del primo tomo, in cui - rinunciando a celebrare i potenti, ad affreschi di vicende e persone remote e contemporanee, a rivestirsi di un moralismo, sentenzioso - traccia pungenti schizzi dei rivali che doveva avere nel garrulo e rancoroso sottobosco letterario. E quelli ancora nei quali si riflettono - stemperati in una sorta di saggezza oraziana, preoccupata di spruzzarsi, qua e là, di cattolicesimo gli echi di qualche esperienza galante, si tratti d'una prostituta col cognomen di Vipera o d'una signora ora prodiga ora sussiegosa. Una nota affettiva ingentilisce i versi per una "Phillis" fissata nei suoi contraddittori aspetti; un trasalimento di sensualità connota la raffigurazione di due sorelle, "plenior ista sinus, laevior illa genas".Le ambizioni epiche del C. - "de la... grande Cristina, il zelo su canta al mondo e la virtù guerriera" lo incitava il Frigimelica - sono affidate al poema encomiastico in 12 canti (tanti quanti gli anni dedicati alla sua stesura) Christinas sive Christina lustrata (Venetiis 1700); il C. lo dedica a Innocenzo XII e, morto questo, lo presenta a Clemente XI, blandito con l'aggiunta dun carme, dal quale è ricompensato con una pensione annua di 100scudi, come informa il rappresentante veneto a Roma, Nicola Erizzo nel suo dispaccio del 23 luglio del 1701.
In quest'opera l'autore rievoca, fantasiosamente ed enfaticamente, la figura di Cristina dall'assunzione al trono all'affiorare dei primi dubbi, sul luteranesimo via via sino all'abdicazione, alla conversione e all'accoglienza trionfale a Roma, quando "...radiisque refulsit Olympus / aureus, et niveo Christinam circuit igne. / Ingeminant terrae plausus; sed triste remugit / Orcus, et excussis sonuerunt antra catenis".
Il poema venne accolto con un certo favore nel mondo dei dotti: la diffusa segnalazione degli Acta eruditorum di Lipsia ne loda l'introduzione di santi accanto alle divinità pagane, la mescolanza d'elementi propri della "fabula" con altri di pertinenza "historicae... veritatis" e soprattutto l'adozione del latino laddove "plerique... vernacula lingua scripserunt". Ma ciò non basta a riscattarlo dalla sostanziale freddezza che ne rende stucchevole la lettura; "più famoso che laudabile", ricorda l'Alpago Novello, lo definì il Giordani. E in effetti resta una prova di paziente esercizio, di diligenza compositiva mai ravvivata - sia pure per pochi versi - da una vibrazione d'autentica poesia.
Altre opere: versi latini del C., per lo più epigrammi, o, comunque, brevi composizioni, in Applausi… alla laurea ... dell'illustrissima... Elena Lucrezia Corner Piscopia..., Roma 1679, p. 104; in Compositioni degli accademici Ricovrati per la morte della signora... Cornaro Piscopia..., Padova 1684, p. 34; Applausi… al valore del serenissimo Francesco Morosini... recitati da ... accademici Disuniti ... nel palazzo della Republica in Roma li 14 giugno 1688..., Roma 1688, pp. 71 s.; G. Prati, Il geniodivertito..., Venezia 1690, pp. 27, 351; Anniversario celebrato... nella morte delli...sposi.. Giovanni Morosini e ... Elisabetta Maria Trevisani, Venezia 1702, p. 177; Componimenti poetici in occasione della partenza dell'illustrissimo ... Ascanio Giustinian podestà di Padova..., Padova 1703, pp. 72 s.; Ghirlanda di poesie ... al merito della N. D. Elena Basadonna ... nell'occasione di vestir l'abito religioso..., Venezia 1710, pp. 26 s.; precede La Cetra mascherata. Poesie del conte Frascarco (= Francesco Crotta), Padova 1697, un epigramma latino del C., cui è indirizzata la lirica alle pp. 118-124;tre lettere del C. a G. Persico, in Lettere inedite di autori di chiara fama..., a cura di G. Della Lucia, Udine 1838, pp. 25-43.
Fonti e Bibl.: Vicenza, Biblioteca capitolare (presso il Seminario vescovile), ms. T. I. 3: G. A. Cappellari Vivaro, Emporio universale..., III, n. 383; G. M. Milcetti, Le bellissime difettose,i capricci poetici…, Venetia 1667, p. 70; G. Frigimelica Roberti, Epigrammi italiani..., Padova 1697, p. 19; Acta eruditorum..., Lipsiae 1701, pp. 88-95; La Galleria di Minerva, IV (1704), pp. 273-280, 360; Le vite dogli arcadi illustri..., a c. di G. M. Crescimbeni, Roma 1708-27, I, p. 210; II, p. 122; IV, p. 114; V. M. Coronelli, Biblioteca universale..., VII, Venezia 1709, coll. 1207 s.; la voce M.C., in Giornale de' letterati di Italia, XXVIII(1717), pp. 381-384; E. Acacesiate, M.C., in Notizie istoriche degli arcadi morti, III, Roma 1721, pp. 152 ss.; N. C. Papadopoli, Historia Gymnasii Patavini..., Venetiis 1726, pp. 143 s.; G. Cinelli Calvoli, Biblioteca volante..., II, Venezia 1735, pp. 61 s.; I. R. Savonarola, Memorie del p. Gabriello Gualdo, in Misc. di varie operette, VIII, Venetia 1744, p. 435; J. Arckenholtz, Mémoires pour... l'histoire de Christino de Suède, II, Amsterdam-Leipzig 1751, pp. 139, 142 s.; G. A. Moschini, Della lett. ven. del sec. XVIII…, IV, Venezia 1806, p. 86; annotazioni di G. Della Lucia a La scienza. Canto... di un bellunese... (l'operetta è di monsignor C. Alpago), Bellun0 1837, pp. 23-31; L. I. Grotto dell'Ero, Della Università di Padova. Cenni ed iscrizioni, Padova 1841, p. 46; F. Miari, Dizionario ... bellunese, Belluno sd. (ma 1843), pp. 17 s.; Id. Catalogo degl'illustri bellunesi..., in Cronache bellunesi, Belluno 1865, pp. 196 s.; M. Pagani, Catalogo... delle opere dei principali scrittori bellunesi..., Belluno 1844, pp. 35-37;J. Bernardi, C.M., in Biogr. degli italiani illustri..., a c. di E. De Tipaldo, X, Venezia 1845, pp. 216-220;E. A. Cicogna, Saggio di bibl. ven., Venezia 1847, nn. 1872, 1955, 2903, 3431, 5130, 5131;P. Sforza Pallavicino, Lettere edite e inedite, a c. di O. Gigli Romano, Roma 1848, p. 38;G. Soranzo, Bibliografia veneta..., Venezia 1885, n. 6232; A. Buzzati, Bibl. bellunese, Venezia 1890, passim; I. Carini, L'Arcadia..., Roma 1891, pp. 388, 445 s.; N.Busetto, Carlo de' Dottori..., Città di Castello 1902, p. 224; L. Alpago-Novello, Giunte alla bibl. ... di ... Buzzati, Venezia 1937, ad Ind.; F. Nicolini, L'Europa durante la guerra di successione di Spagna, II, Napoli 1938, p. 373;A. Montesi Festa, Cristina di Svezia, Milano 1938, p. 236;p. 236; P.D.V. (A. Bertagnin), Un grande latinista..., in Il Gazzettino (ed. di Belluno), 14 ott. 1946;A. Alpago-Novello, Ville e case dominicali della Val Belluna, Feltre 1961, p. 63 n. 38;G. Fabbiani, Prime giunte al saggio di bibl. cadorina..., Feltre 1962, n. 8554;G. Biasuz, Due abati bellunesi,G. Persico e M.C., in Arch. stor. di Belluno Feltre e Cadore, XXXIV (1963), pp. 95-100; G. Natali, Il Settecento, I, Milano 1964, p. 473;G. Mazzatinti, Inventari dei mss. delle Biblioteche d'Italia, II, pp. 129 n. 28, 130 n. 38; LXXXI, p. 111, n. 349; Repert. bibl. d. opere d'interesse ispanistico... delle biblioteche venez., Venezia 1970, p. 107 n. 530.